Spettano all’avvocato le spese per il recupero del credito vantato nei confronti dell’assistito non andato a buon fine (Cass. n. 15394/2012)

Redazione 13/09/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c.:

“1. – L’avv. D.F.P., difensore d’ufficio di ***** nel processo penale svoltosi a carico di quest’ultimo innanzi al Tribunale di Milano, domandava al giudice innanzi al quale aveva svolto il proprio ufficio la liquidazione delle spese e delle competenze a lui spettanti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116, dopo aver invano notificato al patrocinato, irreperibile e di residenza, domicilio e dimora sconosciuti, apposito decreto ingiuntivo di pagamento. Il giudice, escluse le spese e le competenze concernenti il tentativo di recupero, riduceva il dovuto al solo onorario difensivo (Euro 300,00) e alle spese generali e agli accessori di legge, secondo il protocollo in uso presso il Tribunale di Milano per la liquidazione del compenso spettante ai difensori delle persone ammesse al patrocinio a carico dello Stato.

1.1. – L’opposizione ex art. 170, D.P.R. cit. proposta dall’avv. D. F. era respinta dal Tribunale, il quale riteneva che nella ridetta fonte di cognizione non vi era alcuna norma esplicita che prevedesse la liquidazione delle spese sostenute dall’avvocato per recuperare coattivamente le sue spettanze, ed osservava che, in concreto, già a priori il procedimento esecutivo instaurato dall’avvocato opponente nei confronti del suo assistito appariva vano, atteso che questi soggiornava irregolarmente in Italia ed era senza fissa dimora. Rilevava, infine, che per il resto il decreto di liquidazione non era stato impugnato.

2. – Per la cassazione di quest’ultimo provvedimento ricorre l’avv. D.F.P., formulando due motivi.

2.1. – Il ricorso è stato notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano e a M.Z.. Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.

3. – Due i motivi d’impugnazione.

3.1. – Il primo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82, 116 e 117, nonchè della L. n. 794 del 1942, art. 29, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto il giudice dell’opposizione ha disatteso i precedenti, pure richiamati in quella sede, di Cass. penale nn. 28117/07 e 27473/09, che hanno riconosciuto al difensore d’ufficio, che abbia inutilmente esperito la procedura esecutiva volta alla riscossione dell’onorario, il diritto di percepire il rimborso dei compensi ad essa relativi.

3.2. – Il secondo deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittorìa motivazione dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui afferma che il condannato era senza fissa dimora e che l’opposizione non coinvolgeva la complessiva omessa liquidazione delle spese operata dal primo giudice. Sostiene parte ricorrente che M.Z. non era senza fissa dimora, avendo dichiarato di risiedere in (OMISSIS), onde la necessità di tentare la riscossione presso di lui; e che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, l’opposizione riguardava anche l’applicazione – contestata – del protocollo in uso presso il Tribunale di Milano per la liquidazione dei compensi ai difensori delle persone ammesse al patrocinio a spese dello Stato, motivo rispetto al quale il provvedimento impugnato tace del tutto.

4. – Il primo motivo è fondato.

Questa Corte ha avuto occasione di affermare che il difensore d’ufficio che abbia inutilmente esperito la procedura esecutiva volta alla riscossione dell’onorario, ha diritto al rimborso dei compensi ad essa relativi in sede di liquidazione degli stessi da parte del giudice, ai sensi del combinato disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 82 e 116. Ciò in quanto l’esperimento della procedura monitoria costituisce un passaggio obbligato per chiedere la liquidazione del compenso ai sensi delle precitate norme, sicchè i relativi costi, comprensivi di spese, diritti e onorari, non possono restare a carico del professionista, ma devono rientrare fra quelli rimborsabili dall’erario (Cass. n. 24104/11, che richiama espressamente Cass. penale nn. 27473/09 e 1630/08).

5. – L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame della prima censura del secondo mezzo.

5.1. – La seconda censura del secondo motivo è, invece, inammissibile sia per genericità, non chiarendo in cosa consista la critica specifica su cui il provvedimento impugnato abbia mancato di pronunciarsi, sia per difetto di autosufficienza, giacchè non riportando il contenuto del motivo di opposizione inerente al quantum della liquidazione effettuata dal primo giudice, non consente di apprezzare la fondatezza della doglianza.

6. – Per le considerazioni svolte si propone la decisione del ricorso con ordinanza, nei sensi di cui sopra, in base all’art. 375 c.p.c., n. 5″.

La Corte condivide la relazione, non contrastata nè dalla parte ricorrente, che non ha presentato memoria, nè dal Procuratore generale, che nulla ha osservato. Ricorre ad evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, per la definizione camerale del processo.

Conseguentemente il provvedimento impugnato va cassato in relazione al solo motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbita la prima censura del secondo motivo e respinta la seconda censura del secondo motivo, cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto con rinvio al Tribunale di Milano, in altra composizione, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

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