Spettacolo pirotecnico e responsabilità dei “fuochisti” per la mancata sicurezza (Cass. n. 2991/2013)

Redazione 07/02/13
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Nella causa indicata in premessa, è stata depositata la seguente relazione:

“1 – La sentenza impugnata (App. Catanzaro, depositata il 9 giugno 2010, ha confermato, sul punto, quella di primo grado, ritenendo fondata la domanda risarcitoria del G., reputando sussistente la condotta lesiva contestata all’odierno ricorrente, che, sprovvisto del previsto patentino, eseguiva materialmente l’accensione delle micce dei fuochi di uno spettacolo pirotecnico e in tale occasione si verificava accidentalmente un’esplosione del tubo di lancio, per cui una scheggia attingeva il piccolo G.P. recidendogli la carotide e comportandone la morte.

2 – Ricorre per cassazione il C. con due motivi; G. F. e M.C., genitori di P., resistono con controricorso, gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

3. – Il ricorrente deduce i seguenti motivi:

3.1. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza; illogicità ed incongruità della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5; violazione di legge: la Corte territoriale avrebbe omesso completamente di considerare il comportamento del bambino/vittima del sinistro nella causazione dell’evento – così non applicando d’ufficio l’art. 1227 c.c., e non tenendo conto della culpa in vigilando dei genitori nè dell’insufficiente attività di controllo delle forze dell’ordine, nè dei difetti di costruzione del petardo – e non avrebbe correttamente valutato quello del ricorrente, specialmente perchè lo avrebbe ritenuto solidalmente responsabile con gli altri danneggianti;

3.2. inadeguata determinazione delle spese processuali con violazione dell’art. 97 c.p.c., censurando la statuizione sulle spese di lite, in ordine all’an, al quantum, nonchè al carico in via solidale con gli altri danneggianti.

4. – Le censure in cui è articolato il primo motivo, da trattarsi congiuntamente essendo tutte rivolte a contestare la ritenuta sussistenza della prova dell’illecito da parte del C. o a limitarne la responsabilità – implicano accertamenti di fatto e valutazioni di merito.

4.1. quanto alla valutazione di elementi probatori (contestata nella prima censura), il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza e quindi su di un giudizio di fatto dei giudici di merito non può spingersi fino alla rielaborazione dello stesso alla ricerca di una soluzione alternativa rispetto a quella ragionevolmente raggiunta, da sovrapporre, quasi a formare un terzo grado di giudizio di merito, a quella operata nei due gradi precedenti, magari perchè ritenuta la migliore possibile, dovendosi viceversa tale controllo muovere esclusivamente (attraverso il filtro delle censure proposte dalla parte ricorrente) nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c.. Tale controllo riguarda infatti unicamente (attraverso il filtro delle censure mosse con il ricorso) il profilo della coerenza logico- formale e della correttezza giuridica delle argomentazioni svolte, in base all’individuazione, che compete esclusivamente al giudice di merito, delle fonti del proprio convincimento, raggiunto attraverso la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, scegliendo tra di esse quelle ritenute idonee a sostenerlo all’interno di un quadro valutativo complessivo privo di errori, di contraddizioni e di evidenti fratture sul piano logico, nel suo interno tessuto ricostruttivo della vicenda (cfr., per tutte, Cass. S.U. 11 giugno 1998 n. 5802 e, più recentemente, Cass., nn. 27162/09, 26825/09, 15604/07 e 21153/10, in motivazione).

4.2. La sentenza impugnata, invece, ha congruamente spiegato le ragioni della propria decisione, esaminando anche gli elementi la cui considerazione il ricorrente assume che sia stata inadeguatamente valutata ed escludendo la prova ad opera della parte ricorrente dell’insussistenza del profilo di responsabilità ascrittogli.

4.2.A. – La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei consolidati principi espressi da questa Corte, secondo cui “in forza del principio dell’unità della giurisdizione, il giudice civile può utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale conclusosi con sentenza di non doversi procedere per intervenuta amnistia o per altra causa estintiva del reato e può, a tal fine, porre anche ad esclusiva base del suo convincimento gli elementi di fatto acquisiti in sede penale, ricavandoli dalla sentenza o dagli atti di quel processo, con apprezzamento non sindacabile in sede di legittimità se sorretto da congrua e logica motivazione” (Cass. n. 5009/2009).

4.2.B. Nella specie, da tali atti e, in particolare dalle imputazioni elevate e ritenute sussistenti e dalle indagini di p.g. emergeva l’infondatezza delle censure proposte in appello dal C. sulla ricostruzione della dinamica del sinistro, sulla qualificazione del fatto, sulla verifica del concorso di colpa del bambino e dei genitori per omessa custodia, nonchè della PA per non aver predisposto le misure di sicurezza idonee ad evitare incidenti (v. da pag. 17 della sentenza impugnata). Vertendosi in tema di esercizio d’attività pericolosa (accensione di fuochi pirotecnici) incombeva sull’autore dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno e la Corte territoriale aggiungeva che gli appellanti nulla avevano dimostrato, essendosi limitati ad allegare il concorso di colpa della piccola vittima, per essersi avvicinato all’area dei fuochi nonostante il divieto postogli dalle forze dell’ordine presenti.

4.2.******** quanto a quest’ultimo punto, la Corte territoriale – previa puntuale ricostruzione e congrua valutazione dei fatti (pag. da 17 a 20 della sentenza impugnata) – ha rilevato che sarebbe stato onere degli appellanti provare rigorosamente la completezza dei comportamenti atti a tutelare la sicurezza della messa in opera dello spettacolo non appena ricevuta l’assicurazione dalle forze dell’ordine; il comportamento del bambino sfuggito nella confusione ai controlli andava imputato alla mancata coordinazione tra i vari soggetti tenuti al corretto svolgimento dello spettacolo, primi fra tutti gli appellanti che, che già versando in situazione di totale illegalità, avevano anticipato i tempi di lancio dei fuochi perchè soggiogati dalla folla rumoreggiante. Nè la sentenza di primo grado era censurabile per non aver disposto la chiamata in causa del Comune, preposto al servizio d’ordine, non essendo stata mai formulata domanda in tal senso dalle parti.

4.2.D. Ciò dimostra che, come è necessario, il procedimento di formazione del libero convincimento del giudice è stato esplicitato nella motivazione della sentenza, attraverso l’indicazione degli elementi di prova e delle circostanze sui quali esso si fonda ed il loro vaglio critico, non essendo invece sufficiente il generico richiamo alla pronuncia penale, che si sarebbe tradotto nell’elusione del dovere di autonoma valutazione delle complessive risultanze probatorie e di conseguenza nel vizio di omessa motivazione (Cass. n. 10055/2010; 22200/2010).

4.3. Senza contare che sono inammissibili – per difetto del requisito della riferibilità alla sentenza impugnata – tutte le parti del motivo dirette verso statuizioni della sentenza di primo grado, nonchè tutte le censure che non tengono conto o semplicemente prescindono dalle sopra riportate ragioni della decisione (si pensi che il ricorrente non riferisce per nulla che la ratio assorbente e decisiva è consistita nel mancato assolvimento degli oneri probatori incombenti sull’esercente attività pericolosa.

Resta assorbito ogni altro profilo di censura.

5. Assolutamente generiche ed indimostrate si rivelano le censure di cui al secondo motivo: la stessa parte ricorrente ammette, peraltro, che una diversa disciplina delle spese può dipendere solo dall’accoglimento anche solo parziale delle censure proposte in questa sede e per quanto innanzi osservato – manifestamente infondate. De tutto irrilevanti le considerazioni sull’insufficienza reddituale del resistente, così come sull’infondatezza della condanna in via solidale con altri danneggianti.

6. Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c., ed il rigetto dello stesso”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite.

Non sono state presentate memorie, nè conclusioni scritte. Ritenuto che:

a seguito della discussione sul ricorso in Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato;

le spese seguono la soccombenza in favore della parte costituita (il G. e la M.); nulla nei confronti delle parti intimate che non anno svolto attività difensiva.

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in favore della parte costituita, complessivamente, in Euro 4.700,00, di cui Euro 4.500,00 per onorario, oltre accessori di legge.

Redazione