Sopraelevare un immobile integra una nuova costruzione (Cass. n. 21000/2013)

Redazione 13/09/13
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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 17-5-1988 M.G. , proprietario di un immobile sito in (omissis), conveniva dinanzi al Tribunale di Brescia B.M. , per sentirlo condannare alla demolizione del confinante edificio, ovvero, in via subordinata, del solo sopralzo, in quanto a suo dire oggetto di nuova costruzione realizzata in violazione della distanza di m. 10 dal confine, prevista dallo strumento urbanistico di (omissis), integrativo della disciplina di cui all’art. 873 c.c..
Nel costituirsi, il convenuto contestava la fondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto.
Con sentenza in data 27-2-2003 il Tribunale rigettava la domanda, rilevando che il perimetro dell’edificio non era stato modificato, e che le opere realizzate dal convenuto dovevano essere qualificate alla stregua di una semplice ristrutturazione, senza alterazione del preesistente confine. Quanto alla sopraetevazione, il giudice rilevava che essa, oltre che consentita dal P.R.G., era legittima anche alla luce dell’art. 885 c.c., essendo stato semplicemente innalzato il muro in aderenza a quello comune già sopraelevato in precedenza dall’attore.
L’impugnazione proposta avverso la predetta decisione dall’attore veniva rigettata dalla Corte di Appello di Brescia con n sentenza in data 31-8-2006. La Corte territoriale, nel precisare che dalla consulenza tecnica d’ufficio risultava che l’intervento effettuato dal convenuto era consistito nella demolizione e successiva ricostruzione del preesistente fabbricato, attuata nel rispetto dell’originario perimetro e della originaria volumetria, faceva presente che, in mancanza di norme regolamentari del Comune di Bedizzole che estendessero alle ricostruzioni i limiti delle distanze legali previsti per le nuove costruzioni, l’unico limite esistente per la ricostruzione nel centro storico era rappresentato dal principio generale contenuto nell’art. 9 c. 1 del d.m. del 1968, cioè quello del rispetto delle distanze preesistenti. Quanto al sopralzo di m. 1,40 delle falde laterali del tetto, il giudice di appello osservava che tale intervento era stato attuato in ossequio al principio di riallineamento orizzontale con i corpi edilizi contigui, consentito, anche per mezzo di sopraelevazione interna ed esterna, dal nuovo P.R.G. introdotto nel Comune di Bedizzole nel 1985, applicabile nella fattispecie quale normativa più favorevole.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso M.G. , sulla base di due motivi.
B.M. ha resistito con controricorso.
Il controricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 cpc.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Nel rilevare che l’edificio preesistente del convenuto è stato demolito e poi ricostruito, deduce che dalla consulenza tecnica d’ufficio si evince che i muri perimetrali verso est ed ovest sono stati innalzati di m. 1,40, e la copertura è stata modificata. Sostiene, pertanto, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, nella specie si è in presenza di una “nuova costruzione”, e non di una mera “ricostruzione”, che presuppone l’esatto ripristino delle componenti essenziali dell’edificio, senza alcuna variazione delle superfici occupate in relazione all’originaria sagoma di ingombro. Precisa che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, l’eventuale compensazione tra il volume aggiunto e quello eliminato non vale da sola ad escludere la sussunzione dell’intervento contestato nella fattispecie della “nuova costruzione”. Rileva che la mancata estensione alle ricostruzioni delle distanze prescritte per le nuove costruzioni comporta, quale conseguenza, che deve considerarsi nuova costruzione – come tale soggetta alle relative prescrizioni in tema di distanze – la sola parte eccedente i limiti della originaria costruzione; sicché, in relazione alla parte sopralzata, non può negarsi l’applicabilità delle prescrizioni dello strumento urbanistico sulle distanze previste per le nuove costruzioni.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 (sub A.3-ristrutturazione edilizia) delle norme di attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Bedizzole approvato il 26-3-1985. Deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che, in relazione alla porzione modificata (per altezza e sagoma), l’intervento edilizio (sopralzo) fosse rispettoso del principio di riallineamento orizzontale con i corpi contigui, affermato dal P.R.G. del 1985. Osserva che dal tenore letterale dell’art. 14 emerge chiaramente che tale norma presuppone, ai fini della sua applicazione, la permanenza di parti originarie e il conseguente ricorso ad un intervento di carattere conservativo e di valorizzazione. La predetta disposizione regolamentare, pertanto, non può trovare applicazione nel caso di specie, in cui, come accertato dal C.T.U., si è assistito alla “demolizione e successivo rifacimento del fabbricato”.
2) Il primo motivo è fondato.
Deve premettersi che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nell’ambito delle opere edilizie, si ha semplice ristrutturazione ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano (e, all’esito degli stessi, rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura. È ravvisabile, al contrario, una ricostruzione allorché dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse, operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione, da considerare tale, ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui, come previste dagli strumenti urbanistici locali, nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario” (Cass. Sez. Un. 19-10-2011 n. 21578; Cass. 11-2-2009 n. 3391; Cass. 27-4-2006 n. 9637).
Nella fattispecie in esame, la Corte di Appello, nel dare atto che i lavori posti in essere dal convenuto “sono consistiti nella demolizione e successivo rifacimento” del fabbricato preesistente, e che “sono stati demoliti completamente, oltre tutte le strutture interne, i muri perimetrali in lato Est ed Ovest”, ha rilevato che l’edificio è stato ricostruito senza realizzare aumenti volumetrici e di ingombro, nel sostanziale rispetto delle originarie dimensioni. Essa ha fatto presente, infatti, che “i due muri perimetrali demoliti sono poi stati ricostruiti conservando l’originario perimetro”, e che non vi è stato nemmeno un apprezzabile aumento della volumetria dell’edificio, giacché il sopralzo del livello laterale del tetto “è stato compensato dall’eliminazione del grosso corpo di fabbrica prima emergente da esso”, come evidenziato dalle foto in atti.
Alla stregua di simili emergenze, la Corte territoriale ha qualificato l’intervento edilizio realizzato dal B. come una mera “ricostruzione”, in relazione alla quale le norme regolamentari del Comune di Bedizzole non prevedono l’estensione dei limiti sulle distanze legali previsti per le “nuove costruzioni”.
Rileva il Collegio che l’affermazione secondo cui nella specie si verte nell’ambito di una mera ricostruzione si pone in contrasto con il dato obiettivo emergente dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio – di cui il ricorrente, in omaggio al principio di autosufficienza del ricorso, ha trascritto i passi salienti, e di cui si da atto a pag. 9 della sentenza impugnata-, secondo cui la quota dei muri perimetrali verso est ed ovest è stata innalzata di m. 1,40.
Tale circostanza evidenzia l’avvenuta realizzazione di una sopraelevazione, che non consente di ricondurre le opere eseguite nel paradigma normativo della semplice “ricostruzione”. L’intervento praticato, infatti, non si è tradotto nel fedele ripristino delle strutture precedenti, ma ha comportato una variazione in altezza della originaria sagoma di ingombro dell’edificio, con conseguente aumento della volumetria e delle superfici occupate.
Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del gravame, d’altro canto, agli effetti considerati non può procedersi ad eventuali compensazioni tra i volumi aggiunti con la sopraelevazione e quelli eliminati (rappresentati, secondo quanto si legge a pag. 7 della sentenza impugnata, in un grosso corpo di fabbrica precedentemente emergente dal livello laterale del tetto), in quanto la semplice constatazione della variazione, in altezza, della originaria sagoma del fabbricato, è sufficiente a rendere l’intervento edilizio di cui trattasi non inquadrabile nella nozione di ricostruzione, come delineata dalla giurisprudenza.
Per le ragioni esposte la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Brescia, la quale procederà a nuovo esame, alla luce dei principi di diritto innanzi indicati.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente grado di giudizio.
Il secondo motivo di ricorso resta assorbito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente grado di giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Brescia.

Redazione