Somministrazione di farmaci e assistenza medica ed infermieristica continuativa a pazienti non autosufficienti: si configura un istituto di cura non una casa per anziani (Cass. pen. n. 37422/2013)

Redazione 12/09/13
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Ritenuto in fatto

1. Con provvedimento del 12 marzo 2013 il G.i.p. del Tribunale di Agrigento, convalidato il provvedimento di urgenza emesso dalla polizia giudiziaria, disponeva il sequestro preventivo di un immobile adibito a casa di cura e riposo per anziani privo delle necessarie autorizzazioni regionali, nonché di oltre trecento scatole di medicinali, alcuni anche scaduti, utilizzati per la cura dei degenti, ipotizzando a carico di M.R.C., responsabile della struttura assistenziale non autorizzata, il reato di cui all’art. 348 c.p..
2. Sulla richiesta di riesame presentata nell’interesse della C., il Tribunale di Agrigento ha revocato il decreto di sequestro preventivo, ordinando la restituzione all’avente diritto dei beni oggetto del provvedimento cautelare reale.
I giudici del riesame hanno escluso la sussistenza del fumus commissi delicti in ordine al reato di esercizio abusivo di una professione, rilevando che l’attività svolta dalla C. dovesse essere qualificata come imprenditoriale e non professionale; hanno inoltre escluso l’ipotizzabilità del diverso reato previsto dall’art. 193 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (t.u. delle leggi sanitarie), in quanto nella casa di riposo che l’indagata gestiva non venivano amministrate cure mediche da parte di soggetti non abilitati, ma solo attività di mera assistenza, in quanto le terapie erano stabilite dai medici di famiglia che continuavano a seguire i pazienti ospitati in quella struttura; è stata, infine, esclusa anche la violazione dell’art. 572 c.p., originariamente alla base della richiesta di sequestro, ma non presa in considerazione dal G.i.p. nel provvedimento impugnato.
3. Contro il provvedimento di revoca emesso dal Tribunale ha presentato ricorso per cassazione il pubblico ministero.
Con il primo motivo deduce l’erronea applicazione dell’art. 348 c.p., rilevando che il Tribunale ha escluso che l’attività organizzata di assistenza e cura alle persone anziane non autosufficienti costituisca attività assistenziale infermieristica per cui occorrono le necessarie abilitazioni professionali, omettendo di considerare che l’art. 27 legge reg. n. 22 del 1986 richiede, ai fini dell’iscrizione di simili strutture all’albo comunale, la presenza di figure professionali sociali e sanitarie (un infermiere professionale, un animatore, un assistente sociale o un psicologo o un educatore professionale). Sotto un distinto profilo, parte ricorrente evidenzia come l’ordinanza abbia riconosciuto che l’imprenditore che gestisce una casa di assistenza possa concorrere nel reato di cui all’art. 348 c.p. nel caso in cui adibisca a svolgere attività medica o paramedica personale non abilitato, ma nello stesso tempo omette di considerare che nella struttura gestita dall’indagata non vi erano soggetti dotati delle competenze richieste, essendo gli anziani ospitati affidati alle cure dei soli familiari.
Con un secondo motivo deduce la violazione dell’alt. 193 r.d. n. 1265 del 1934 e l’assenza di motivazione, per avere escluso la sussistenza del fumus delicti nonostante gli elementi emergenti dagli atti, dai quali risulterebbe evidente che nella casa di assistenza gestita dall’indagata, assieme ai figli, venivano erogate prestazioni assistenziali di tipo infermieristico, come la somministrazione di farmaci e l’erogazione di ossigeno, peraltro da parte di persone prive delle necessarie qualifiche professionali.
Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente lamenta l’assenza di motivazione in ordine alla valutazione della sussistenza del fumus commissi delicti con riferimento all’art. 572 c.p., posto a base della richiesta di sequestro preventivo, ma che il Tribunale non ha preso in considerazione ritenendo, erroneamente, che fosse stato escluso dal G.i.p..

Considerato in diritto

4. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
4.1. Preliminarmente si osserva che l’ordinanza impugnata ha escluso che nella casa di cura operassero persone prive di abilitazione per svolgere attività infermieristica, ritenendo che le terapie venissero erogate, di volta in volta, dai medici di famiglia: si tratta di affermazioni attinenti al merito che in sede di legittimità non possono essere messe in discussione e che saranno oggetto di accertamento nel corso del processo.
4.2. Tuttavia, sulla base di quanto affermato dalla stessa ordinanza deve riconoscersi che nella casa dì cura si svolgessero comunque attività mediche e infermieristiche, sicché non appare giustificata la revoca del sequestro, quantomeno sotto il profilo del fumus delicti in relazione al reato previsto dall’art. 193 cit.. Infatti, è lo stesso Tribunale che riconosce che nella casa di riposo per anziani venivano praticate terapie mediche e la circostanza che a praticarle fossero medici di famiglia è elemento irrilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 193 cit., che deve ritenersi integrato per il solo fatto che in una struttura, anche di tipo assistenziale, siano comunque erogate prestazioni tipicamente sanitarie in assenza delle necessarie autorizzazioni. La gestione di una struttura dotata di una stabile organizzazione di mezzi e persone per lo svolgimento di attività tipicamente sanitaria, quale la somministrazione di farmaci e l’assistenza medica ed infermieristica continuativa a pazienti non autosufficienti la colloca, inequivocabilmente, tra gli istituti sanitari disciplinati dal R.D. n. 1265 del 1934, art. 193 e la mancanza della prescritta autorizzazione configura il reato contemplato dalla suddetta disposizione (cfr. Sez. Ili, 29 novembre 2011, n. 883, *******).
5. In conclusione, il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvio al Tribunale di Agrigento per un nuovo esame che tenga conto di quanto sopra evidenziato.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Agrigento per nuovo esame.

Redazione