Situazione di non conformità urbanistico-edilizia e accatastamento (Cons. Stato n. 666/2013)

Redazione 04/02/13
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FATTO

La sig.ra S. S. è proprietaria di porzione ( unità immobiliare n.4 ) di un villino quadrifamiliare, realizzato, in virtù di licenza edilizia n.27 del 13/3/1974, su un terreno ( lotto 2, zona C/3 ) sito in Comune di Ladispoli, località Marina di San Nicola, confinante con via Saturno ( facente parte della rete viaria principale ) e con via del ***** ( facente parte della rete viaria secondaria ) nonché con un sentiero pedonale aperto al pubblico transito , denominato “Passaggio ********”.

La predetta presentava al Comune nel 1975 un progetto di costruzione di locale interrato , quindi una variante in corso d’opera per costruzione scantinato che veniva approvato con licenza edilizia n.49 del 17/7/1975, cui seguiva , infine, l’autorizzazione n.11 dell’1/2/1977 di approvazione in sanatoria di un progetto di variante relativo al piano seminterrato.

Dopo varie vicende, nel 1996 l’appartamento int.n.3 del villino quadrifamiliare veniva acquistato dalla sig. ra ***************** la quale rilevava la difformità dello stato dei luoghi rispetto agli atti autorizzativi a suo tempo rilasciati alla S. e produceva al riguardo una serie di esposti e diffide al Comune, denunciando in particolare, l’inesistenza del passo carrabile e del numero civico della sua proprietà in ragione , in sostanza di un arretramento dell’unico accesso carrabile ed esistente su via del Leone all’interno della proprietà S. S., per cui l’unico ingresso era rappresentato da un cancelletto non carrabile che sui afaccia su un passaggio pedonale aperto senza autorizzazione.

Intercorreva fra la ******** e la S. giudizio civile in ordine al ripristino dello stato dei luoghi presso il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza favorevole alla prima che veniva poi riformata dalla Corte di Appello.

Intanto interveniva il Comune di Ladispoli con l’emissione di provvedimenti dal contenuto urbanistico -edilizio .

Così con ordinanza n.6 del 18/1/2010 l’Amministrazione, individuava l’inesistenza di un numero civico e di un passo carrabile con riferimento alla proprietà della controinteressata sig.ra ******** e ordinava “ l’immediato ripristino dello stato dei luoghi” allo scopo di liberare “il passaggio attualmente abusivamente chiuso per una larghezza di mt 2,50 della corte comune di accesso , in modo da consentire l’accesso all’interno 3 da via del Leone come previsto dal progetto originario approvato in conformità alle prescrizioni del PdL del Consorzio Marina di San Nicola , entro e non oltre 15 giorni dalla notifica dell’ordinanza”.

Dopodichè, il Comune con ordinanza n.28 del 13 aprile 2010 intimava alla sig.ra ******** la chiusura dell’accesso pedonale e del cancelletto abusivo su via Saturno.

La sig.ra S. ha impugnato innanzi al Tar del Lazio con ricorso introduttivo e con successivi motivi aggiunti rispettivamente la prima e la seconda delle suindicate ordinanze e l’adito tribunale amministrativo con sentenza n.2345/2011 ha respinto entrambi i gravami .

L’interessata ha impugnato tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto con l’appello all’esame, a sostegno del quale sono state dedotti a carico delle gravate ordinanze svariati vizi di legittimità

In particolare parte appellante nel riproporre i motivi d’impugnazione di primo grado ha formulato i seguenti profili di illegittimità:

1) Violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art.7 della legge n.240 del 1990 :Violazione del principio del giusto procedimento. Carenza istruttoria : eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto, illogicità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa: illegittimità in via derivata;

2) Violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art.7 della legge n.241/90: violazione del principio del giusto procedimento. Carenza istruttoria. Eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto, illogicità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa. Illegittimità in via derivata, sotto altro profilo;

3) Violazione, falsa ed erronea interpretazione e applicazione dell’art.31 del DPR n.380/2001: eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto . illegittimità in via derivata. Errata statuizione del TA sui vizi denunciati;

4) Erronea interpretazione da parte del primo giudice della disciplina urbanistica recata dall’art.4 delle norme tecniche di lottizzazione;

5) Illegittimità dei provvedimenti gravati, emessi in base ad una erronea percezione dello stato dei luoghi.

Si è costituito il Comune di Ladispoli che ha contestato la fondatezza dei motivi dell’appello, chiedendone la reiezione.

La controinteressata ************************ pure costituita in giudizio ha, in via preliminare, eccepito la nullità ed improcedibilità dell’azione, deducendo nel merito la incensurabilità della sentenza del TAR di cui ha chiesto la conferma.

All’odierna udienza pubblica la causa viene trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Si può prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità del gravame dedotte in limine litis da una delle parti resistenti, rivelandosi il proposto gravame nel merito infondato.

Ai fini di un’agevole comprensione della vicenda all’esame e in particolare di una esatta definizione del relativo thema decidendum, occorre effettuare una doverosa, fondamentale precisazione: la controversia de qua, pure contrassegnata da elementi di fatto alquanto “movimentati”, viene qui in rilievo esclusivamente per i suoi profili amministrativistici, nel senso che la Sezione è chiamata a pronunciarsi unicamente sulla legittimità o meno di provvedimenti emessi dall’Amministrazione comunale di Ladispoli nell’esercizio della funzione di vigilanza urbanistico-edilizia del territorio, rimanendo impregiudicati gli aspetti civilistici e cioè i rapporti tra i privati e i loro relativi diritti dominicali e/o reali di godimento sui beni per cui è causa.

Ciò doverosamente precisato, con i primi due mezzi d’impugnazione parte appellante denuncia la violazione del principio della partecipazione procedimentale per la omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di cui agli artt.7 e ss. della legge n.241/90.

I dedotti profili di illegittimità sono insussistenti.

Il Collegio non può qui non ribadire quanto più volte precisato da questo Consiglio di Stato ( cfr. Sez.II n.3702/06 del 19 marzo 2008 ) e cioè che nei procedimenti preordinati all’emanazione di ordinanze di demolizione di opere edili abusive non trova applicazione l’obbligo di comunicare l’avvio dell’iter procedimentale in ragione della natura vincolata del potere repressivo esercitato che rende di per sé inconfigurabile quale che sia apporto partecipativo, come peraltro previsto dall’ipotesi legislativa recata dall’art.21 octies della stessa legge n.241/90, come introdotto dall’art.14 della legge 11 febbraio 2005 n. 15.

Va altresì disatteso il terzo motivo di gravame volto a far valere altro vizio procedimentale, costituito dalla dedotta violazione dell’art.31 del DPR n.380/01, costituito dal fatto che l’ordinanza di ripristino assunta nei confronti della sig. ra S. ha assegnato il termine di 15 giorni per il ripristino dei luoghi.

Invero, parte appellante non ha interesse a far valere una tale doglianza, dal momento che, come rilevato dall’Amministrazione in data 11 marzo 2010, è stata data esecuzione alla ordinanza n.6 del 18 gennaio 2010 e cioè entro il termine dei novanta giorni previsto dall’invocato art.31, senza che quindi possa inverarsi l’effetto acquisitivo pure contemplato dal predetto art.31 comma 3 del Testo unico sull’edilizia.

Le rimanenti censure come esposte alle lettere sub 4) e sub 5) attengono agli aspetti sostanziali e pregnanti del contenzioso.

Parte appellante con detti profili di illegittimità deduce la erroneità dei presupposti posti a base degli atti ripristinatori emessi dal Comune di Ladispoli che sarebbero stati adottati sulla scorta di una non esatta rappresentazione dello stato dei luoghi, non rinvenendosi, in particolare, ad avviso della medesima, difformità dalla situazione dei luoghi come risultante dai lavori assentiti nel 1974 e 1975 e dall’accatastamento avvenuto nel 1975.

L’assunto difensivo è destituito di giuridico fondamento.

In concreto nella specie viene in rilievo una situazione di illegittimità costituita dall’avvenuta creazione di uno stato dei luoghi modificativo di quello contemplato dal progetto approvato con le originarie licenze edilizie rilasciate all’appellante le quali consentivano l’accesso ad ognuna delle unità immobiliari del villino quadrifamiliare insistente sul lotto in questione con un vialetto comune su via del Leone e tanto nel rispetto delle prescrizioni recate dal Piano di lottizzazione del Consorzio San Nicola .

In particolare, l’art.4 delle NTA di detto Pd L disciplinante l’edificazione del lotto in questione prevede che i singoli lotti potranno avere accesso soltanto dalle vie secondarie nell’interno dei nuclei di lottizzazione e cioè da via del Leone che è appunto inserita nella rete viaria secondaria, ma tale prescrizione risulta non rispettata dal momento che si è in pratica impedito alla sig.ra ***************** di accedere all’interno 3 neanche con un passaggio pedonale, consentendo alla medesima l’accesso solo attraverso un cancello abusivo su un sentiero pedonale che si diparte da via Saturno

Ciò ha comportato una difformità dell’originario stato dei luoghi addebitabile, come evince dagli accertamenti istruttori condotti dall’Amministrazione, alle modifiche non autorizzate apportate dall’appellante

Invero, la Polizia Municipale nel sopralluogo del 6 ottobre 2010 ha avuto modo di accertare che i parcheggi autorizzati con concessione edilizia n.27/ 1974 non erano più esistenti e che l’accesso carrabile preesistente su via del ***** era stato arretrato di circa 8 metri all’interno della proprietà di S. S. .

Questa “anomala” ( e non regolare ) situazione dello stato dei luoghi era sta pure rilevata dal Consorzio Marina di San Nicola allorchè con apposite missive ha messo in evidenza la “interclusione” esistente per la sig.ra ******** rappresentata dall’esistenza dell’unico ingresso costituito da un cancelletto non carrabile su un passaggio pedonale consortile, c.d. Passaggio ********”

Le condizioni di uno stato dei luoghi modificato rispetto a quello originario quanto alla loro esistenza e consistenza sono state verificate dai competenti uffici comunali, inverandosi nei rilievi mossi a carico dell’appellante i presupposti di fatto e di diritto per un intervento del Comune volto a ripristinare una situazione dei luoghi alterata rispetto a quello in origine autorizzata, con il conseguente doveroso operato dell’Amministrazione volto a porre fine ad una accertata situazione di non conformità urbanistico-edilizia: di qui la legittimità del potere repressivo- ripristinatorio esercitato dal Comune con i provvedimenti de quibus con cui si è doverosamente e correttamente intimato il ripristino in favore della sig.ra ******** dell’accesso da via del Leone con contestuale chiusura dell’accesso dal sentiero pedonale da via Saturno.

Assume parte appellante che la conformità dello stato dei luoghi ( con speculare illegittimità dei provvedimenti comunali) sarebbe rilevabile dagli esiti del contenzioso civilistico e dall’ accatastamento effettuato nel 1975, ma l’argomentazione difensiva non appare condivisibile, in quanto:

a) le statuizioni recate dal decisum in sede civile servono a definire l’assetto dei rapporti tra i privati e i loro diritti secondo le regole dello jus privatorum senza che ciò possa incidere sulla validità delle determinazioni amministrative emanate per assicurare l’osservanza della disciplina urbanistica ;

b) l’accatastamento costituisce adempimento di tipo fiscale – tributario che fa stato ad altri fini, non atteggiandosi a strumento idoneo ad evidenziare una situazione di conformità edilizia .

In forza delle suesposte considerazioni, l’appello si appalesa infondato e va perciò respinto.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 6.000,00 oltre IVA e CPA , di cui 3.000,00 a favore della controinteressata sig.ra ***************** e altri 3.000,00 a favore del Comune di Ladispoli

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2012

Redazione