Sinistro stradale causato da una mucca: condannato il proprietario (Cass. n. 3311/2013)

Redazione 12/02/13
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

1. R.F. citava a giudizio C.A., davanti al Tribunale di Foggia, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguenti ad un sinistro stradale causato da una mucca di proprietà del convenuto, la quale, invadendo inopinatamente la strada, aveva determinato lo sbandamento dell’auto condotta dal R., che aveva sfondato il guard-rail finendo in una scarpata, con gravi danni alla vettura ed alla persona del conducente.

Il Tribunale riconosceva la fondatezza della domanda e condannava il C. al risarcimento dei danni nella misura di L. 16.895.900, oltre al carico delle spese, ma tale sentenza veniva riformata dalla Corte d’appello di Bari, con pronuncia in data 26 aprile 2000, la quale rigettava la domanda del R. condannandolo al pagamento delle spese del doppio grado.

La sentenza di secondo grado veniva cassata da questa Corte con sentenza 13 febbraio 2004, n. 2800, con rinvio della causa alla medesima Corte d’appello.

2. Riassunto il giudizio, la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 13 aprile 2006, rigettava l’appello proposto dal C. contro la sentenza del Tribunale di Foggia, che confermava, condannando l’appellante al pagamento delle spese del primo e del secondo giudizio di appello, nonchè del giudizio di cassazione.

Osservava la Corte territoriale che il compito demandato al giudice di rinvio dalla sentenza della Corte di cassazione consisteva nella verifica dell’esistenza del nesso di causalità tra la presenza della mucca sulla strada e lo sbandamento della vettura del R..

Ricostruendo la dinamica dell’incidente, la Corte di merito rilevava che l’attore aveva perso il controllo della propria auto “immediatamente dopo che quella che lo precedeva sulla stessa strada, condotta dalla signora ******, era entrata in collisione con un bovino inopinatamente affacciatosi sulla carreggiata da un varco sulla destra rispetto alla sua direzione di marcia”. La dinamica più plausibile, quindi, era nel senso che l’animale era stato colpito per primo dalla vettura che precedeva, ribaltandosi poi sull’auto del R. che seguiva a breve distanza; questi, pur avendo tentato di evitare l’impatto, non era riuscito nell’intento, finendo nella scarpata. A sostegno di simile versione la Corte barese – oltre a richiamare le deposizioni dei Carabinieri che erano intervenuti sul posto – evidenziava che la traccia di frenata lasciata dalla vettura del R. era indice di velocità moderata, che il tetto della macchina presentava un’ampia deformazione compatibile con un “imbarcamento” della mucca, e che la fiancata anteriore destra recava tracce di “sostanza rossa, ragionevolmente sangue lasciato dall’animale morente”.

Osservava, infine, la Corte di merito che, anche volendo ammettere che l’auto del R. non avesse affatto toccato l’animale, finendo nella scarpata a causa della sola manovra eversiva compiuta dal conducente, “le conclusioni, in termini di responsabilità, non sarebbero diverse, atteso che la presenza improvvisa dell’animale sulla strada sempre e comunque si porrebbe come antecedente logico- temporale necessario del sinistro”; infatti la “serrata successione temporale dei fatti” era stata tale da non consentire al R. un diverso comportamento, e ciò “a prescindere dalla sua velocità”.

3. Avverso la citata sentenza emessa dal giudice di rinvio propone ricorso il C., con atto affidato a due motivi.

Il R. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Rileva il ricorrente che la sentenza impugnata – la quale evidenzierebbe “una assoluta pigrizia nella rilettura di tutti gli atti processuali” – presenta numerosi punti critici nella ricostruzione dei fatti. In particolare, il ricorso pone in evidenza:

1) che la traccia di frenata non sarebbe indice di velocità moderata e che la posizione finale della carcassa della mucca, sul lato destro della carreggiata, non sarebbe compatibile con la versione fornita dalla Corte d’appello; 2) che il R. non poteva procedere a velocità moderata, perchè in tal caso non avrebbe perso il controllo della propria auto, così come era accaduto alla vettura che precedeva, la quale, pur urtando l’animale, era rimasta sulla strada; 3) che il presunto imbarcamento della mucca sul tetto della vettura del R. sarebbe ipotesi incredibile, tanto più che il conducente aveva avuto il tempo di evitare l’animale; 4) che le tracce di sangue presenti sulla fiancata dell’auto potevano appartenere anche al R. medesimo.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2052 cod. civ. in relazione all’accertamento del nesso di causalità.

Il C. contesta, in particolare, la motivazione della Corte d’appello nella parte in cui afferma – come si è visto – che le conclusioni in tema di responsabilità non cambierebbero nell’ipotesi in cui si accertasse che la vettura del R. non aveva toccato l’animale. Il giudice di merito, al contrario, avrebbe dovuto analizzare la condotta del R. per verificare se essa potesse, da sola, integrare gli estremi del caso fortuito; ciò sarebbe stato quanto mai necessario tenendo presente che la vettura che precedeva quella condotta dal R. si era scontrata con la mucca riportando la sola rottura del parabrezza, ma rimanendo sulla sede stradale.

3. I due motivi possono essere trattati congiuntamente, essendo entrambi privi di fondamento.

Rileva il Collegio, preliminarmente, che il presente ricorso si colloca, ratione temporis, nel periodo di vigenza dell’art. 366 bis cod. proc. civ., il quale imponeva che ciascun motivo di ricorso fosse concluso dalla formulazione di un quesito di diritto e che, in relazione alla censura di vizio di motivazione, venisse fornita chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale si assumeva che la motivazione fosse mancante, insufficiente o contraddittoria.

Il primo motivo di ricorso, contenente una censura di vizio di motivazione, pur lamentando una serie di errori di valutazione delle prove che il giudice di merito avrebbe compiuto, non contiene un adeguato momento di sintesi, in ossequio alla ratio che sottende la disposizione indicata, secondo cui la Corte di legittimità deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (sentenza 18 novembre 2011, n. 24255).

In altre parole, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione deve contenere un momento di sintesi omologo al quesito di diritto, costituente una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., S.U., 18 giugno 2008, n. 16528, seguita, fra le altre, di recente, dalle sentenze 4 dicembre 2012, n. 21663, e 18 dicembre 2012, n. 23363).

Il primo motivo, oltre a non contenere tale momento di sintesi, si risolve nella riproposizione di una serie di questioni di fatto già sottoposte al giudice di merito e, pertanto, nell’improprio tentativo di ottenere da questa Corte una nuova e favorevole valutazione delle prove; il tutto senza tenere presente che la Corte d’appello di Bari ha proceduto ad un nuova ed argomentata valutazione dell’intero complesso probatorio, sulla base della precedente sentenza di annullamento emessa da questa Corte di legittimità.

4. Anche il secondo motivo di ricorso, d’altra parte, pur contenendo la formulazione di due quesiti di diritto, tende ugualmente a sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito; a ben vedere, infatti, i quesiti sono finalizzati a dimostrare che l’incidente in questione si sarebbe verificato per un caso fortuito, tale da far venire meno, ai sensi dell’art. 2052 cod. civ., la responsabilità del ricorrente, proprietario della mucca che aveva invaso la sede stradale. Per raggiungere tale obiettivo, però, i quesiti sono formulati dando per pacifici una serie di elementi di fatto che sono stati oggetto di diversa valutazione da parte del giudice di merito, compiuta in modo del tutto congruo, sicchè anche questo motivo di ricorso deve essere respinto.

5. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Redazione