Sicurezza sul lavoro: violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (Cass. pen. n. 33310/2012)

Redazione 27/08/12
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Svolgimento del processo

-1- Ricorre per cassazione il Procuratore ******** presso la Corte d’Appello di Trieste avverso la sentenza della stessa corte, del 21 settembre 2011, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Pordenone, del 4 febbraio 2010, ha assolto D.B.G. – quale legale rappresentante della “**************************** s.r.l.” – dal reato di lesioni colpose commesse, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio del dipendente M.R..

Il lavoratore, durante i lavori di ristrutturazione di un fabbricato, è rimasto vittima di un infortunio mentre si trovava su un ponteggio ancorato ad un “timpano” (elemento triangolare sul quale poggiavano le due falde di copertura) che, in tesi d’accusa, non si era provveduto a puntellare e che era crollato travolgendolo; nella caduta il M. ha riportato una frattura alla gamba sinistra.

Nel motivare le ragioni della propria decisione, la corte territoriale, premesso che il profilo di colpa addebitato dal primo giudice all’imputato riguardava il mancato puntellamento del timpano, ha rilevato che dagli atti tale omissione non era emersa con la necessaria certezza, di guisa che, al dubbio sull’unica circostanza di fatto sulla quale il primo giudice aveva fondato l’affermazione di responsabilità dell’imputato, non poteva che conseguire una decisione assolutoria.

-2- Avverso detta sentenza ricorre, dunque, il Procuratore Generale, che deduce, con unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata.

Sostiene il ricorrente che la corte territoriale avrebbe concentrato la propria attenzione su un solo aspetto dell’accusa, cioè su quello relativo alla messa in opera di interventi di sostegno del muro sul quale si stava lavorando, ed avrebbe ignorato gli altri profili di colpa, individuati nell’assenza di condizioni di sicurezza del cantiere che il datore di lavoro aveva il dovere di assicurare. Di guisa che, oggetto della questione non era quello di accertare se al puntellamento del muro si era provveduto, bensì come lo stesso era stato eseguito, visto che il manufatto era crollato.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

In realtà, nel capo d’imputazione sono state rilevate nella condotta dell’imputato, in quanto datore di lavoro dell’operaio infortunato, profili di colpa specifica, oltre che generica, individuati, i primi, oltre che nel mancato consolidamento delle strutture interessate ai lavori, anche nel non avere adeguatamente pianificato gli interventi di demolizione dell’immobile al fine di prevenire il rischio di incidenti. In tesi d’accusa, quindi, la responsabilità dell’infortunio doveva essere attribuita al D.B., non solo per non avere lo stesso proceduto al consolidamento provvisorio delle strutture che avrebbero dovuto essere conservate, ma anche per non avere predisposto un piano organizzativo dei lavori che garantisse la loro esecuzione in piena sicurezza.

Orbene, il giudice del gravame ha considerato, in termini peraltro incompleti, solo il primo aspetto dell’accusa, trascurando gli ulteriori profili di colpa rilevati. In particolare, egli ha esaminato il tema della esecuzione delle opere di puntellamento del manufatto crollato addosso al M., ed ha ritenuto che non vi fossero prove della loro omissione, ma ha del tutto ignorato l’aspetto riguardante l’organizzazione del lavoro e l’efficacia degli interventi, ove anche eseguiti, di consolidamento delle strutture delle quali era stata prevista la conservazione e sulle quali era comunque necessario operare.

Non è stato chiarito, quindi, dallo stesso giudice, se l’intervento sul manufatto crollato fosse stato preceduto da un’adeguata pianificazione del lavoro e delle modalità di esecuzione degli stessi; approfondimento che non può non ritenersi indispensabile, specie ove si consideri che, secondo la ricostruzione della dinamica dell’infortunio richiamata nella sentenza impugnata, l’incidente si è verificato mentre il M. “stava praticando alla base del timpano….una incisione orizzontale per incastrarvi una trave armata a rinforzo della struttura”; e che il cedimento del manufatto era stato causato dalle “forti vibrazioni provocate dall’attrezzo impiegato per praticare il foro”.

Occorreva, dunque, che la corte territoriale si soffermasse, non solo sull’adeguatezza ed efficacia delle provvisorie opere di sostegno del muro, pur ove eseguite, sul quale si stava operando, comunque crollato con le note conseguenze, ma anche sulla pianificazione degli interventi e sulle modalità della loro esecuzione, se è vero che sono bastate le vibrazioni, prodotte dall’attrezzo utilizzato dal M. per praticare il foro alla base del timpano, per determinare il crollo.

Tali aspetti della vicenda sono stati del tutto ignorati dalla Corte territoriale, che avrebbe dovuto affrontarli, pur se elusi dal primo giudice, di guisa che fondate sono le censure motivazionali proposte dal PG ricorrente.

La sentenza impugnata deve essere, dunque, annullata, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Trieste.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste.

Redazione