Sì al risarcimento in favore dei parenti della vittima straniera del sinistro stradale (Cass. n. 19788/2013)

Redazione 28/08/13
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Svolgimento del processo

.1 – Con sentenza in data 28 febbraio 2005 il Tribunale di Roma condannò M.A. e la HDI Assicurazioni S.p.A. a pagare in solido, a titolo di risarcimento danni conseguenti al decesso a seguito di sinistro stradale di R.O., le somme di Euro 167.649,10 a favore di R.I., madre della vittima, e di Euro 42.016,07 a favore di ciascuno dei fratelli, Ra.Ig., R. N. e R.F..

.2 – Con sentenza in data 26 giugno 2006 – 20 febbraio 2007 la Corte d’Appello di Roma confermò la sentenza impugnata rigettando il gravame della HDI. La Corte territoriale osservò per quanto interessa: il Tribunale aveva correttamente escluso il principio di reciprocità ex art. 16 preleggi, vertendosi in tema di risarcimento danni morali; appariva discriminatoria la censura relativa all’eccessività della somma liquidata in relazione alla diversa realtà socio – economica della nazione di appartenenza degli attori.

.3 – Avverso la suddetta sentenza la HDI Assicurazioni ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Gli intimati non hanno espletato attività difensiva.

Motivi della decisione

.1 – L’unico motivo adduce omessa o insufficiente motivazione in ordine al rigetto dell’appello, con riferimento sia all’eccezione di erroneità del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno morale a favore della qualità di cittadini stranieri, ai sensi dell’art. 16 preleggi, sia all’eccessività della liquidazione del suddetto danno in favore dello straniero.

.2 – La censura, peraltro proposta sotto l’esclusivo profilo della omessa o insufficiente motivazione e non anche sotto quello della violazione di norme di diritto, è manifestamente infondata.

Il vizio denunciato è configurabile soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese e alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poichè, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione; in ogni caso, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. n. 2272 del 2007).

La Corte territoriale è pervenuta alle statuizioni stigmatizzate sulla base di considerazioni sostanzialmente espresse nei seguenti termini: a) non opera il principio di reciprocità in quanto allo straniero, per il solo fatto di essere presente nel territorio dello Stato, sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalla legislazione internazionale, tra cui sono annoverati l’intangibilità degli affetti e della solidarietà nell’ambito della famiglia, nonchè l’interesse all’integrità morale ove pregiudicata da ingiusta sofferenza; b) è palesemente discriminatorio considerare che il danno morale, che prescinde dalla capacità produttiva di reddito da parte della vittima, non sia ragguagliato alla intensità delle sofferenze patite per la perdita di un congiunto, valutabile nell’ampia sfera della persona umana, ma sia ricollegabile alla nazione di appartenenza e ai differenziati usi e costumi delle varie società.

Dalla sintesi sopra riferita si evince incontrovertibilmente la perfetta comprensibilità delle rationes decidendi della sentenza impugnata; ne deriva l’inammissibilità di una censura che mira ad attaccarne esclusivamente il contenuto decisorio.

Per completezza è opportuno ribadire che questa stessa sezione ha già avuto occasione di affermare (Cass. Sez. 3, n. 8212 del 2013)che l’art. 16 preleggi, nella parte in cui subordina alla condizione di reciprocità l’esercizio dei diritti civili da parte dello straniero, pur essendo tuttora vigente deve essere interpretato in modo costituzionalmente orientato, alla stregua del principio enunciato dall’art. 2 Cost., che assicura tutela integrale ai diritti inviolabili della persona. Ne consegue che allo straniero è sempre consentito, a prescindere da qualsiasi condizione di reciprocità, domandare al giudice italiano il risarcimento del danno, patrimoniale e non, derivato dalla lesione di diritti inviolabili della persona (quali il diritto alla salute e ai rapporti parentali o familiari), ogniqualvolta il risarcimento dei danni – a prescindere dalla verificazione in Italia del loro fatto generatore – sia destinato ad essere disciplinato dalla legge nazionale italiana, in ragione dell’operatività dei criteri di collegamento che la rendono applicabile.

Quanto alla quantificazione di tale danno, ancorarla a considerazioni diverse dalla sofferenza patita dalla persona in quanto tale e collegate a etnia, razza, sesso, nazionalità, diversità di costumi è manifestamente discriminatorio e in antiresi con i principi della Costituzione italiana.

E’ abnorme ipotizzare che la diversità delle realtà socio – economiche possa spiegare effetti sulla intensità delle sofferenze patite dall’essere umano.

Il quesito finale, prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile al ricorso ratione temporis, si basa sulla condizione di reciprocità ex art. 16 preleggi e, quindi, risulta eccentrico rispetto al vizio denunciato in rubrica.

.3 – Pertanto il ricorso è inammissibile. Non luogo alla pronuncia in ordine alle spese considerato che gli intimati non ne hanno sopportate non avendo svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2013.

Redazione