Sezioni Unite civili: obbligatorio inviare il modello 5 anche se non si è iscritti alla Cassa forense (Cass. n. 20219/2012)

Redazione 23/11/12
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Svolgimento del processo

Il C.N.F. con decisione del 21 aprile 2011 ha respinto il ricorso dell’avv. C.B. avverso la sanzione disciplinare di sospensione a tempo indeterminato dall’esercizio professionale deliberata dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Pescara il 13 maggio 2010 premettendo:
1) con nota del 15 dicembre 2009 la Cassa di Previdenza Forense aveva segnalato al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Pescara l’omesso invio da parte del suddetto avvocato del modello 5 relativo agli anni 2003 e 2004 attestante il reddito professionale netto ed il volume di affari degli anni 2002 e 2003 e che l’omissione non era stata sanata neppure dopo la diffida intimatagli;
2) conseguentemente la Cassa aveva chiesto all’Ordine di sospenderlo a tempo indeterminato dall’esercizio professionale ai sensi dell’art. 17 legge del 1980 n. 576, come modificato dalla legge del 1992 n. 141, che, perdurando oltre il 60° giorno dalla diffida l’omissione della comunicazione obbligatoria, prescrive la sospensione dell’iscritto dall’esercizio professionale;
3) l’avv. C. aveva ammesso di non aver provveduto neppure dopo la lettera di convocazione del 9 aprile 2010 ritenendo di non esser obbligato all’invio richiesto in quanto non iscritto alla Cassa, ma all’INPS;
4) ritenute inidonee tali giustificazioni il Consiglio il 13 maggio 2010 lo aveva sospeso a tempo indeterminato.
Pertanto il C.N.F. ha ritenuto:
A) l’azione disciplinare non si era prescritta poiché il termine decorreva dalla data di cessazione della condotta illecita, tuttora persistente, e la diffida ad adempiere, pur mancando agli atti del procedimento disciplinare, anteriore alla precitata nota del dicembre 2009 poiché in essa espressamente richiamata, era stata ricevuta dall’intimato in quanto inviata con lettera raccomandata a.r. che egli non aveva mai contestato;
B) l’obbligo dell’avvocato di inviare alla Cassa il modello 5 prescinde dall’esser iscritto all’ente e dalla produzione di reddito professionale poiché per legge è a carico degli iscritti all’albo degli avvocati con esclusivo riferimento allo status professionale, indipendentemente dalla percezione dei proventi o dall’iscrizione in altre istituzioni di previdenza;
C) l’estratto-conto dei versamenti all’INPS per gli anni 1999, 2000, 2001, 2002 e 2004 – e quindi per l’anno 2003 nessun versamento era stato effettuato – relativi ad un’attività parasubordinata dell’avv. C., era irrilevante non avendo questi neppure provato di esser iscritto ad un altro albo professionale, né di aver esercitato l’opzione per l’iscrizione in altra Cassa Previdenziale alla data di iscrizione all’Albo Forense.
Avverso questa decisione ricorre l’avv. C.B.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

1.- L’avv. C.B. con il primo motivo deduce: “Violazione dell’art. 17 legge 576 del 1980, comma quinto, come modificato dall’art. 9 della legge 141 del 1992” per aver il Consiglio iniziato il procedimento disciplinare pur in mancanza di diffida, non essendo prova sufficiente dell’invio il richiamo di essa nella nota del dicembre 2009 inoltrata dalla Cassa al Consiglio, ovvero la mancata contestazione dell’avv. C. di averla ricevuta, trattandosi di un vizio di legittimità dell’azione rilevabile in ogni stato e grado del processo. Quindi, in mancanza del decorso del termine di giorni 60 dalla diffida, egli non aveva potuto neppure verificare se l’azione disciplinare era iniziata entro il termine di prescrizione di cui all’art. 51 R.D.L. 1578 del 1933.
Il motivo è infondato.
Le disposizioni normative di riferimento sono le seguenti.
1.- La legge 3 agosto 1949 n. 536 concernente tra l’altro “le sanzioni disciplinari per il mancato pagamento dei contributi previsti dal decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382” all’art. 2 sancisce: “I contributi previsti dal decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, a favore dei consigli degli ordini e dei collegi, anche se trattisi di contributi arretrati, debbono essere versati nel termine stabilito dai consigli medesimi” (primo comma). “Coloro che non adempiono al versamento possono essere sospesi dall’esercizio professionale, osservate le forme del procedimento disciplinare” (secondo comma). “La sospensione così inflitta non è soggetta a limiti di tempo ed è revocata con provvedimento del Presidente del consiglio professionale, quando l’iscritto dimostri di aver pagate le somme dovute.”(terzo comma).
L’art. 17 della legge 20 settembre 1980 n. 576, al primo comma dispone: “Tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e dei procuratori nonché i praticanti procuratori iscritti alla Cassa devono comunicare alla Cassa con lettera raccomandata, da inviare entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, l’ammontare del reddito professionale di cui all’art. 10 dichiarato ai fini IRPEF per l’anno precedente nonché il volume complessivo d’affari di cui all’art. 11 dichiarato ai fini dell’IVA per il medesimo anno. La comunicazione deve essere fatta anche se le dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative e deve contenere le indicazioni del codice fiscale e della partita IVA, nonché quelle relative allo stato di famiglia”. Il quarto comma del medesimo articolo 17, come sostituito dall’art. 9.1 della legge 11 febbraio 1992 n. 141, prosegue:”Chi non ottempera all’obbligo di comunicazione di cui ai precedenti commi o effettua una comunicazione non conforme al vero, è tenuto a versare alla Cassa, per questo solo fatto, una penalità pari a metà del contributo soggettivo minimo previsto per l’anno solare in cui la comunicazione doveva essere inviata. Tale penalità si riduce di metà se la comunicazione o la rettifica è fatta entro 90 giorni dalla scadenza del termine”.
Il quinto comma dello stesso art. 17, come sostituito dall’art. 9.2 della stessa legge del 1992 n. 141, prosegue: “L’omissione della comunicazione, il ritardo oltre i 90 giorni o la non conformità al vero non seguita da rettifica entro 90 giorni dalla scadenza del termine, vengono segnalati dalla Cassa al competente Consiglio dell’Ordine per la valutazione del comportamento dell’iscritto sul piano disciplinare. In ogni caso la perdurante omissione o la mancata rettifica della comunicazione, trascorsi 60 giorni da una diffida notificata a cura della Cassa per mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, vanno segnalate al Consiglio dell’Ordine ai fini della sospensione dell’iscritto dall’esercizio professionale a tempo indeterminato, da deliberarsi con le forme del procedimento disciplinare e con applicazione del terzo comma dell’art. 2 della legge 3 agosto 1949 n. 536; la sospensione è revocata quando l’interessato dimostra di aver provveduto all’invio della comunicazione dovuta”.
Il “Regolamento per l’applicazione della Legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 17 e 18 come modificati dalla L. 11 febbraio 1992, n. 141, artt. 9 e 10”, emanato con Decreto del 22 maggio 1997, all’art. 16.1 ribadisce: “Dopo la rilevazione delle omissioni nell’invio delle prescritte comunicazioni” [reddituali] “la Cassa spedisce a ciascun inadempiente con raccomandata con avviso di ricevimento una diffida a far pervenire le comunicazioni omesse in un termine non superiore a sessanta giorni; trascorso il termine suddetto la Cassa dà notizia dell’inadempienza ai Consigli degli Ordini competenti, invitandoli a provvedere a quanto prescritto dal comma quinto dell’art. 17 della legge”.
Dal complesso della suesposta normativa si evince pertanto che la diffida è un atto di impulso dell’ente previdenziale per consentire all’intimato di sanare l’illecito inviando la prescritta comunicazione o di provare l’insussistenza dei requisiti costitutivi dell’obbligo richiesti dalla norma.
Entrambi gli scopi sono stati raggiunti poiché all’udienza del 13 maggio 2010 l’avv. C. ha dichiarato di aver ricevuto la delibera di incolpazione del 9 aprile 2010, ma di non aver provveduto all’invio delle comunicazioni richieste perché non obbligato, a tal fine producendo le summenzionate ricevute dei versamenti INPS. Conseguentemente è superfluo controllare la logicità del ragionamento del C.N.F. sull’idoneità della prova presuntiva della ricezione della diffida da parte dell’avvocato C.
1.1. Circa il dies a quo della prescrizione dell’azione il termine inizia a decorrere dalla data in cui cessa la condotta illecita permanente e cioè dalla data in cui l’avvocato invia le comunicazioni dell’ammontare dei redditi professionali prodotti e risultanti dalle dichiarazioni ai fini dell’IRPEF e dei volumi di affari ai fini dell’IVA poiché la ratio finale dell’obbligo imposto dall’art. 17 legge 20 settembre 1980 n. 576 è di consentire alla Cassa di riscuotere i contributi obbligatori (artt. 10 e 11 della precitata legge del 1980 n. 576) e in relazione ai quali – nonché agli accessori e alle sanzioni dovuti o da pagare ai sensi della presente legge – la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell’obbligato, della dichiarazione di cui agli articoli 17 e 23 (art. 19, secondo comma, della legge del 1980 n.576). Conseguentemente coloro che sono obbligati a renderla possono provvedervi sempre (art. 14.1 del Decreto del 22 maggio 1997 precitato, Cass. 6259 del 2011); la Cassa ha il diritto di ottenere in ogni momento, in via di accertamento sostitutivo del predetto obbligo contributivo e di controllo “dai competenti uffici delle imposte dirette e dell’IVA le informazioni relative alle dichiarazioni e gli accertamenti definitivi concernenti tutti gli avvocati e procuratori nonché i pensionati” (art. 17, comma ottavo, legge del 1980 n. 576), e può giovarsi in ogni tempo “ai fini della riscossione della conoscenza degli imponibili legittimamente acquisita” (art. 18, comma settimo, della stessa legge).
2.- Con il secondo motivo il ricorrente deduce: “Violazione dell’art. 17 legge 576/80 comma primo, in relazione all’art. 56, 3° comma del RDL n. 1578/33” e lamenta che erroneamente il Consiglio ha ritenuto sussistere il suo obbligo di inviare con il modello 5 la comunicazione prescritta dall’art. 17 precitato pur non essendo egli iscritto alla Cassa, ma soltanto all’albo professionale, mentre la Corte di legittimità aveva affermato la necessità del concorrente requisito riferibile sia agli avvocati, prescindendo dalla loro nazionalità, sia ai praticanti procuratori. E poiché nella specie egli era iscritto alla Gestione separata dell’INPS, nessun obbligo aveva di inviare la comunicazione richiestagli.
Il motivo è infondato.
Le norme applicabili sono le seguenti.
2.1- L’art. 17 della legge del 1980 n. 576 contiene la disciplina delle “comunicazioni obbligatorie”.
Al primo comma dispone: “Tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e dei procuratori nonché i praticanti procuratori iscritti alla Cassa devono comunicare alla Cassa entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi l’ammontare del reddito professionale… La comunicazione deve essere fatta anche se le dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative e deve contenere le indicazioni del codice fiscale e della partita IVA, nonché quelle relative allo stato di famiglia.” La prescrizione – che è identica a quella rivolta agli stessi professionisti nella disposizione transitoria dell’art. 23, primo e secondo comma, per la fase di prima applicazione della legge (per gli anni 1975 e successivi: “In sede di prima applicazione della presente legge tutti gli iscritti all’albo degli avvocati e dei procuratori devono comunicare alla Cassa…”. “La comunicazione deve essere fatta anche se le dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative”) – secondo l’interpretazione letterale e logica del testo della rubrica “comunicazioni obbligatorie” e del contenuto delle norme surrichiamate, e teleologica – consentire alla Cassa l’iscrizione d’ufficio dell’avvocato che abbia omesso di presentare la domanda, obbligatoria nella ricorrenza dei presupposti, e preordinata alla riscossione dei contributi, obbliga gli avvocati [e i procuratori per il tempo antecedente alla soppressione della categoria per effetto dalla legge 24 febbraio 1997 n. 27] all’invio della comunicazione se iscritti all’albo poiché l’iscrizione è atto di accertamento costitutivo dello status di professionista e di abilitazione all’esercizio dell’attività, il cui potenziale espletamento costituisce la ratio all’obbligo del Consiglio dell’Ordine e del Consiglio Nazionale Forense di trasmettere alla Cassa i nominativi degli iscritti rispettivamente all’albo ordinario e speciale (settimo comma dell’art. 17 più volte richiamato).
Pertanto l’obbligo delle comunicazioni di cui al primo comma del medesimo art. 17 prescinde dalla produzione di reddito professionale, ovvero dall’esistenza di situazioni di incompatibilità con l’esercizio dell’attività forense previste dall’ordinamento professionale fintantoché persiste l’iscrizione all’albo, ed essendo predisposto al controllo da parte della Cassa dell’osservanza dell’obbligo di iscrizione ad essa, nella concorrenza dell’ulteriore requisito dell’esercizio continuativo dell’attività – provato dal livello di reddito attestato dalle prescritte dichiarazioni – [infra 2.2, art. 22 legge del 1980 n. 576], e salvo i casi di esonero dallo svolgimento di essa per l’esercizio di cariche pubbliche [art. 22, quarto comma, legge del 1980 n. 576] o altri casi particolari – e perciò costituisce infrazione più grave l’inosservanza di detto obbligo che è sanzionata disciplinarmente, a differenza dell’infrazione all’obbligo di iscrizione alla Cassa, sanzionato solo con pene pecuniarie.
Del resto una diversa interpretazione del primo comma dell’art. 17 della legge del 1980 n. 576 nel senso di ritenere obbligati alle comunicazioni reddituali gli avvocati che sono iscritti non soltanto all’albo, ma anche alla Cassa, condurrebbe all’illogica conseguenza che l’avvocato iscritto alla Cassa che omette l’invio della comunicazione obbligatoria, commette infrazione disciplinare a norma dell’art. 17, quinto comma, stessa legge, mentre l’avvocato che non ottempera all’obbligo di domandare l’iscrizione alla Cassa al verificarsi delle condizioni normativamente disposte – art. 22, infra 2.2 – sarebbe esonerato dall’osservanza dell’obbligo delle comunicazioni obbligatorie.
Invece i praticanti abilitati al patrocinio sono destinatari dell’obbligo dell’invio delle comunicazioni se iscritti alla Cassa, come si evince dalla formulazione aggiuntiva dell’art. 17, primo comma, della legge del 1980 n. 576 “nonché i praticanti procuratori iscritti alla Cassa”, ed è perciò l’esercizio della relativa facoltà prevista dall’art. 22, sesto comma, della legge del 1980 n. 576, come sostituito dall’art. 11.2 della legge 141 del 1992, che giustifica la soggezione al controllo reddituale dovendo anche costoro provare di esercitare effettivamente l’attività professionale per l’iscrizione a fini previdenziali.
Pertanto, in linea con la suesposta esegesi delle norme, il succitato Decreto 22 maggio 1997 dispone (art. 1.1): “La comunicazione prescritta dall’art. 17 della legge del 1980 n. 576, come modificata dall’art. 9 della legge del 1992 n. 141, deve esser inviata da tutti gli avvocati [procuratori] che risultino iscritti, anche per frazione di anno, negli albi professionali nell’anno anteriore a quello di dichiarazione. 1.2. La stessa comunicazione deve essere inviata dai praticanti procuratori abilitati che risultino iscritti alla Cassa nell’anno anteriore a quello della dichiarazione. 1.3. – Non sono ammesse deroghe all’obbligo dell’invio delle comunicazioni per i soggetti indicati nei commi precedenti; così ad esempio non hanno rilievo alcuno: la mancanza di una partita IVA, l’inesistenza di reddito o di volume di affari, l’iscrizione al solo albo speciale dei cassazionisti, la non conoscenza dell’obbligo per carenze informative”.
2.2. – Come innanzi anticipato [2.1] l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria (art. 22, primo comma, della legge 576 del 1980), per tutti gli avvocati che “esercitano la libera professione con carattere di continuità” – secondo i criteri fissati dal comitato dei delegati (a seguito della modifica apportata al secondo comma del precitato art. 22 dall’art. 11.1 della legge 141 del 1992), da determinare “tenendo presente l’entità e comunque il carattere prevalente del lavoro professionale ed ogni altro utile elemento” (art. 2 legge del 22 luglio 1975 n. 319) – e l’obbligo sussiste anche per coloro che sono iscritti ad altre gestioni previdenziali in quanto parti di un rapporto di pubblico impiego avente ad oggetto la prestazione di un’attività diversa dall’esercizio della professione forense (Cass. 2485 del 1990, 5660 del 1993), se conservano il diritto all’iscrizione all’albo [come i professori di ruolo di discipline giuridiche delle Università del Regno e degli Istituti Superiori ad esse parificati, dopo tre anni di insegnamento (art. 30, lett. D) R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578)] – salvo che abbiano esercitato l’opzione, se prevista, per l’altra cassa previdenziale e lo dimostrino (art. 1.4 D.M. 22 maggio 1997), o che siano avvocati e procuratori iscritti negli elenchi speciali di cui all’art. 3 precitato R.D.L. 1933 n. 1578 poiché esercenti la professione nell’ambito di un rapporto di impiego (quinto comma dell’art. 22 legge del 1980 n. 576).
In caso di infrazione all’obbligo di iscrizione alla Cassa a fini previdenziali la Giunta provvede d’ ufficio, con decorrenza dall’anno in cui è stato raggiunto il minimo prefissato di reddito o il minimo di volume di affari, di natura professionale, e con l’obbligo del pagamento dei contributi arretrati – proporzionali ai reddito (art. 10, primo comma, della legge del 1980 n. 576) o integrativi per adempiere al dovere di solidarietà di gruppo (art. 11, primo comma, della stessa legge del 1980 n. 576) – con gli interessi, della sanzione di cui al quarto e al quinto comma dell’art. 18, e di una penalità pari alla metà dei contributi arretrati (artt. 22, secondo comma, precitato e 31 D.M. 22 maggio 1997), e ferma la possibilità dell’avvocato di provare l’insussistenza del requisito legale della continuità nell’esercizio dell’attività libero – professionale mediante le prescritte comunicazioni.
Dunque la comunicazione prescritta dal primo comma dell’art. 17 più volte citato deve esser inviata dagli iscritti all’albo professionale indipendentemente dall’esistenza e dell’adempimento dell’obbligo di iscrizione a titolo pieno – e cioè anche previdenziale poiché a fini assistenziali avviene d’ufficio per tutti gli iscritti agli albi (art. 31.2, D.M. 22 maggio 1997) – perché “deve essere fatta anche se le dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative” (ultima parte dell’art. 17 e secondo comma dell’art. 23 per la fase transitoria; Cass. 18 luglio 2005 n. 15109), e pur se l’avvocato è pensionato essendo obbligato comunque al versamento del contributo soggettivo minimo di solidarietà – lire 600.000 – se resta iscritto all’albo degli avvocati o all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori… (art. 10, terzo comma, della legge del 1980 n. 576, nella formulazione sostituita dall’art. 5 della legge 11 febbraio 1992 n. 141 e art. 11, quarto comma, sostituito dall’art. 6 della predetta legge), poiché la conservazione dell’iscrizione all’albo manifesta la volontà di mantenere il potenziale esercizio della professione (Corte Costituzionale, ordinanza del 4 luglio 1988 n. 813 di rigetto dell’eccezione di incostituzionalità di analogo obbligo di comunicazione reddituale imposto dagli artt. 10, sesto comma, e 17 della legge 20 ottobre 1982, n. 773 a tutti i geometri iscritti all’albo professionale).
2.2 – Infine la comunicazione reddituale sul modulo predisposto dal Consiglio di amministrazione della Cassa (sesto comma dell’art. 17 legge del 1980 n. 576, art. 3 del D.M. 22 maggio 1997) consente all’avvocato di autoliquidare i contributi e alla Cassa di conoscere il reddito per il calcolo della pensione e di procedere alla “revisione degli iscritti con riferimento alla continuità dell’esercizio professionale nel quinquennio, rendendo inefficaci agli effetti dell’anzianità di iscrizione i periodi per i quali,entro il medesimo termine, detta continuità non risulti dimostrata” con rimborso, se richiesto, dei contributi relativi agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci (penultimo ed ultimo comma dell’art. 22 legge del 1980 n. 576).
Per tutte queste considerazioni deve pertanto concludersi che l’omessa comunicazione delle dichiarazioni di cui all’art. 17 della legge 20 settembre 1980 n. 576, obbligatorie per tutti gli avvocati iscritti agli albi nonché per i praticanti iscritti alla Cassa avvocati, costituisce illecito disciplinare anche se non sussiste, per carenza del requisito della continuità dell’esercizio professionale, l’obbligo di domandare l’iscrizione a titolo pieno alla Cassa ed il conseguente obbligo di versamento del contributo soggettivo.
Quindi il ricorso va respinto.
Non si deve provvedere sulle spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma il 13 marzo 2012.

Redazione