Sequestro preventivo: per essere legittimo deve avere il riscontro concreto del presupposto fattuale (Cass. pen. n. 42531/2012)

Redazione 05/11/12
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Ritenuto in fatto

1. Con decreto emesso dal G.i.p. presso il Tribunale di Pistoia in data 2 luglio 2012 veniva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, ex art. 322-ter c.p., di un immobile sito in (omissis) nella disponibilità di F.M., indagato, quale responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di (omissis), per i reati di cui agli artt. 416, 319, 321 e 353 c.p., commessi in occasione di appalti per l’aggiudicazione di gare indette dai Comuni di Pistoia, Piteglio, Pescia, nonché dalla Provincia di Pistoia e dal Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio. Il predetto sequestro veniva disposto fino all’ammontare della somma di Euro 8.640,00.
2. Con ordinanza del 17 luglio 2012 il Tribunale di Pistoia ha rigettato l’istanza di riesame dall’indagato proposta avverso il predetto decreto di sequestro preventivo, osservando in particolare: a) che il provvedimento impugnato ha adottato un criterio prudenziale in ordine alla misura del prezzo del reato, fissandola al 2% del valore degli appalti, e, in valori assoluti per il F., nella su indicata misura di Euro 8.640,00, ritenendo, sulla base di presupposti fattuali riferiti ad altro pubblico funzionario coinvolto nell’indagine, che quella percentuale ricorresse e fosse applicata anche negli altri casi; b) che, in ordine alla censura riferita al valore esorbitante del bene rispetto alla quantificazione del prezzo del reato, il G.i.p. ha fondato il suo provvedimento su un criterio di congruenza, accogliendo la richiesta di sequestro fino all’ammontare della somma di denaro sopra indicata, avuto riguardo al fatto che dagli atti di indagine, ed in particolare dagli accertamenti immobiliari, risulta che il bene sottoposto a sequestro è l’unico che possa mantenere nel tempo un apprezzabile valore di mercato, in assenza di altri beni immobili destinati ad uso abitativo.
3. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di F.M., deducendo i seguenti motivi di doglianza:
3.1. violazione di legge in relazione all’art. 321 c.p.p., essendo stato omesso in sede di riesame il riscontro in concreto del presupposto fattuale legittimante l’adozione del provvedimento cautelare, per l’assenza di riferimenti individualizzanti le condotte delittuose ipotizzate a carico dell’indagato, sebbene lo stesso Giudice a quo avesse rilevato, nel suo provvedimento, la mancata individuazione di passaggi di denaro o di altra utilità a favore del F.;
3.2. violazione di legge in relazione all’art. 322-ter c.p., avendo il Tribunale del riesame fornito un’errata interpretazione della nozione di prezzo del reato, nel caso di specie individuato applicando al ricorrente una percentuale calcolata sulla base del riferimento ad una percentuale – diversa ed ulteriore – asseritamente incassata da altro coindagato: in tal modo, dunque, sarebbe stato soddisfatto solo in via presuntiva l’onere, gravante sul Tribunale del riesame, di accertare il prezzo del reato concretamente riconducibile al ricorrente, atteso che nessun rapporto diretto, di natura personale od economica, sarebbe emerso tra i coindagati in questione, le cui presunte condotte illecite si sarebbero svolte, peraltro, in contesti territorialmente distinti.

 

Considerato in diritto

4. Il ricorso è fondato e va accolto.
5. In ordine al primo motivo di doglianza deve rilevarsi come la più recente evoluzione della giurisprudenza di legittimità – che questo Collegio ritiene di dover condividere – sia orientata a ritenere che nella verifica dei presupposti per l’emanazione del sequestro preventivo il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma, valutando il presupposto del fumus commissi delicti, deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti (Sez. 3, n. 27715 del 20/05/2010, dep. 16/07/2010, Rv. 248134; Sez. 3, n. 26197 del 05/05/2010, dep. 09/07/2010, Rv. 247694; Sez. 5, n. 18078 del 26/01/2010, dep. 12/05/2010, Rv. 247134; Sez. 5, n. 37695 del 15/07/2008, Rv. 241632).
5.1. Nel caso di specie, appare del tutto insufficiente la descrizione dei connotati tipici della condotta corruttiva contestata all’indagato, limitandosi l’impugnato provvedimento ad indicare, peraltro solo genericamente, il contesto associativo nel quale si sarebbero inseriti i “continui rapporti” intrattenuti con altro coindagato, definito quale promotore ed organizzatore dell’ipotizzato sodalizio.
La circostanza che restano preclusi, per il giudice del riesame delle cautele reali, sia l’accertamento sul merito dell’azione penale che il previo sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa – non essendo richiesto il presupposto della gravità indiziaria – non può certamente esimere il tribunale dall’indicazione, sia pure sommaria, delle ragioni di fondo che rendono allo stato sostenibili l’impostazione accusatoria ed il conseguente intervento cautelare.
Diversamente, infatti, il controllo giurisdizionale della base fattuale assumerebbe, in relazione al singolo caso concreto, una funzione di tipo meramente cartolare e formale.
6. Per quel che attiene al secondo motivo di ricorso, è noto che il prezzo del reato va individuato nel compenso dato o promesso ad una determinata persona come corrispettivo dell’esecuzione dell’illecito (Sez. Un., n. 38691 del 25/06/2009, dep. 06/10/2009, Rv. 244189; Sez. Un., n. 1811 del 15/12/1992, dep. 24/02/1993, Rv. 192493; v., inoltre, Sez. Un., 17 ottobre 1996, n. 9149, Chabni Samir). Nel caso di specie, tuttavia, non risulta indicato con chiarezza nell’impugnato provvedimento il criterio posto alla base dell’accertamento della misura della quota di prezzo o profitto specificamente, ed in concreto, attribuibile all’indagato, essendo stato adottato un criterio di tipo solo “prudenziale”, con generico riferimento ad una misura del prezzo del reato individuata per la posizione di altri coindagati, senza esplicitare le ragioni oggettive che ne consentirebbero l’applicabilità anche in relazione ad altri casi o situazioni.
7. Conclusivamente s’impone, dunque, l’annullamento con rinvio dell’impugnato provvedimento, affinché il nuovo giudice, nel rispetto dei suindicati principi di diritto, proceda ad un nuovo esame del caso, ponendo rimedio ai rilevati vizi di erronea applicazione della legge penale.

 

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Pistoia.

Redazione