Senza la prova di simulazione la vendita tra coniugi è valida (Cass. n. 3973/2013)

Redazione 18/02/13
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Svolgimento del processo

Con citazione del 2/4/1993 B.O.E. conveniva in giudizio D.C.M.P. e chiedeva dichiararsi la nullità, per simulazione assoluta, del contratto cori il quale essa gli aveva venduto un appartamento e, in subordine, la declaratoria di nullità della donazione per mancanza dei prescritti requisiti di forma; al riguardo assumeva che la vendita era stata simulata per sottrarre il bene all’eventuale azione dei creditori della propria famiglia di origine e che il D.C., con il quale era coniugata, aveva sottoscritto una dichiarazione con la quale si impegnava alla retrocessione, ma successivamente si era rifiutato di adempiere.

Il convenuto, costituendosi, negava che il contratto fosse simulato e chiedeva il rigetto della domanda.

Il Tribunale di Pisa dapprima ammetteva le prove per testi, escuteva un teste e disponeva l’assunzione per rogatoria degli altri testi, ma successivamente, con sentenza le riteneva inammissibili in quanto contrastanti con il divieto di prova testimoniale ex art. 2722 c.c., e rigettava la domanda per mancanza di prova della simulazione.

L’attrice proponeva appello che era rigettato dalla Corte di Appello di Firenze con sentenza del 20/10/2005.

La Corte di Appello ha rilevato:

– che il divieto di prova testimoniale della simulazione di cui all’art. 1417 c.c., trova deroga solo nei casi considerati dall’art. 2724 c.c., (principio di prova per iscritto proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda, impossibilità morale o materiale di procurarsi la prova, perdita incolpevole del documento), ma l’attrice, aveva affermato che l’acquirente aveva rilasciato una controdichiarazione scritta senza tuttavia mai produrla e senza giustificare la mancata produzione adducendo di averla smarrita;

– che l’unica dichiarazione prodotta era la dichiarazione della suocera, prodotta in appello, ma inidonea a superare il divieto di prova testimoniale in quanto non proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda di simulazione e, quanto al suo contenuto, inidonea a costituire prova della simulazione ostandovi il divieto dell’art. 1417 c.c..

In ordine alla subordinata domanda diretta alla declaratoria di nullità della vendita in quanto dissimulante una donazione priva dei requisiti di forma, la Corte di Appello osservava che, mancando la prova della simulazione, doveva ritenersi che il contratto fosse una vendita e non una donazione.

B.O.E. propone ricorso affidato a sei motivi e deposita memoria.

Resiste con controricorso C.P.M..

Motivi della decisione

Occorre premettere che la ricorrente ha formulato quesiti di diritto a conclusione di ciascun motivo di ricorso, ma il ricorso non è disciplinato dall’art. 366 bis c.p.c. (ora abrogato) in quanto la norma si applica solo alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato sia stato depositato dopo l’entrata in. vigore della L. n. 40 del 2006 (2/3/2006), mentre la sentenza impugnata è stata depositata il 20/10/2005.

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1417 c.c., in relazione all’art. 112 c.p.c., e il vizio di omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione e sostiene che il convenuto si era opposto solo genericamente, in primo grado, all’ammissione delle prove e, dopo alcuni rinvii per l’indicazione dei testi o la formulazione della richiesta prove del convenuto, all’udienza di ammissione delle prove il convenuto non aveva opposto alcuna eccezione e il G.I. aveva ammesso le prove dedotte dalle parti; tale comportamento processuale doveva essere inteso come rinuncia da parte del convenuto ad avvalersi delle limitazioni probatorie di cui all’art. 1417 c.c.; pertanto l’inammissibilità della prova non poteva essere rilevata di ufficio dal giudice, ma doveva essere eccepita dalla parte con la conseguenza che l’ordinanza ammissiva delle prove orali già raccolte non poteva essere revocata.

1.1 Il mancato rilievo della rinuncia del convenuto ad avvalersi delle limitazioni probatorie di cui all’art. 1417 c.c., non risulta oggetto di motivo di appello, nè risulta trattato in quel grado di giudizio nel quale il giudice di appello si era limitato a rilevare che il giudice di primo grado aveva ritenuto inammissibile le prove già assunte e quelle di cui era chiesta l’assunzione.

Pertanto il motivo non è ammissibile in quanto introduce per la prima volta in questo giudizio di cassazione una questione nuova.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ex artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1417 c.c., in relazione agli artt. 208, 281 ter e 345 c.p.c., e il vizio di omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione e censura la sentenza di appello sia per la mancata ammissione della prova orale che in appello era stata richiesta ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, (relativa ad un documento a suo dire costituente principio di prova scritta), sia per la mancata revoca dell’ordinanza con la quale il Giudice di prime cure l’aveva dichiarata decaduta dalle prove già ammesse (perchè non era stata coltivata la prova delegata), sia per la mancata ammissione di nuove prove in appello.

2.1 La Corte di Appello ha ritenuto, con motivazione non censurabile, che le prove orali non potevano essere ammesse per il divieto dell’art. 1417 c.c., e pertanto viene meno la stessa rilevanza sia della censura che attiene alla mancata revoca dell’ordinanza con la quale il Giudice di prime cure aveva dichiarato parte attrice decaduta dalle prove già ammesse (perchè la prova delegata non era stata coltivata), sia della censura che attiene alla mancata ammissione di nuove prove in appello; il motivo, in questa parte, è quindi inammissibile.

Il documento costituito dalla “dichiarazione di verità” della signora ***************** è stato valutato dalla Corte di Appello che, tuttavia, con adeguata e incensurabile motivazione lo ha ritenuto irrilevante perchè il documento non poteva costituire principio di prova per iscritto in quanto non proveniva dalla parte nei cui confronti era proposta la domanda di simulazione, ma da un terzo.

La testimonianza avente ad oggetto il contenuto del documento correttamente è stata esclusa dal giudice di appello ai sensi dell’art. 2724 c.c., n. 1, non ricorrendo le ipotesi ivi contemplate:

– perchè il documento costituente principio di prova scritta, in presenza del quale è ammissibile la prova per testi, deve provenire dalla persona contro la quale è diretta la domanda e non da un terzo come nella fattispecie;

– perchè non è stato neppure allegato (nei giudizi di merito) uno smarrimento incolpevole;

– perchè, secondo le allegazioni della stessa appellante, il documento costituente controdichiarazione era stato formato e pertanto la stessa non versava nell’impossibilità morale o materiale di procurarselo.

Il motivo, in questa parte, è, quindi, infondato.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1417 c.c., in relazione all’art. 2724 c.c., n. 3, e il vizio di omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione e sostiene che la prova dedotta era finalizzata a dimostrare che la controdichiarazione era stata effettivamente redatta e conservata nella casa coniugale, così che se ne doveva desumere lo smarrimento incolpevole.

3.1 Il giudice di appello ha ritenuto che non era stato neppure allegato uno smarrimento incolpevole e questa motivazione non è stata censurata; pertanto diventa inammissibile la censura secondo la quale la dichiarazione della quale si chiedeva la conferma testimoniale poteva provare lo smarrimento incolpevole, attenendo, quest’ultima circostanza, ad un fatto non dedotto nel giudizio di appello.

4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1414 comma 2 c.c. in relazione all’art. 782 c.c., e il vizio di omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione e sostiene che il D.C. aveva dichiarato di avere versato il prezzo non alla moglie, ma ai suoi familiari; in mancanza della prova del pagamento di un prezzo, doveva ritenersi che il contratto dissimulasse una donazione, nulla per difetto di forma.

4.1 Il motivo è infondato.

La sentenza di appello ha affermato che la mancanza di prova della simulazione assoluta o relativa della compravendita escludeva la possibilità di apprezzare l’esistenza dell’eventuale nullità dr un contratto dissimulato e la pronuncia non merita alcuna censura nè con riferimento alla motivazione, nè con riferimento alle norme di legge richiamate nel motivo perchè, in assenza della prova della simulazione, assoluta o relativa, non è neppure ipotizzabile l’esistenza di un contratto dissimulato; inoltre, per la configurabilità della donazione (asseritamente nulla per difetto di atto pubblico) occorrerebbe lo spirito di liberalità che non viene neppure dedotto dalla ricorrente, nè sarebbe sufficiente la mera circostanza del mancato pagamento del prezzo.

5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione art. 1414 c.c., comma 2, in relazione agli artt. 782 e 802 c.c., e il vizio di omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione e sostiene che aveva diritto, per ingratitudine del marito, ad ottenere la retrocessione del bene donato.

5.1 Il motivo resta assorbito dal rigetto della domanda di simulazione.

6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e il vizio di omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione e lamenta la condanna alle spese subita per entrambi i gradi del giudizio, malgrado il marito l’avesse depauperata del bene con l’inganno.

6.1 Il motivo è manifestamente infondato: la domanda dell’attrice è stata rigettata e di conseguenza l’attrice è soccombente e il giudici del merito hanno correttamente applicato l’art. 91 c.p.c.;

l’inganno del marito e l’ingiusto depauperamento costituisce una labiale affermazione che non ha trovato riscontro nel processo.

7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Tenuto conto delle particolarità delle questioni sottoposte all’esame di questa Corte e della qualità delle parti (ex coniugi), si ravvisano giusti motivi che, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla riforma di cui alla L. n. 69 del 2009) giustificano l’integrale compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di questo giudizio di cassazione.

Redazione