Processo tributario: responsabilità aggravata per lite temeraria in caso di azione in giudizio con malafede o colpa grave

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Con la sentenza della Corte di Cassazione Civile, Sez. V, n. 6686 pubblicata il 6 aprile 2016 la Suprema Corte ha affrontato il concetto di responsabilità per lite temeraria nel processo tributario.

A tal proposito, si ricorda che ai sensi dell’art. 15 comma 2-bis del D.Lgs. 546/1992 (come modificato dal D. Lgs. 24 settembre 2015 n. 156), in materia di spese di giudizio “Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 96, commi primo e terzo, del codice di procedura civile” sulla responsabilità aggravata, secondo cui “Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza. (…)In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.

Ebbene, nel caso di specie il Comune impositore ricorreva in Cassazione per impugnare la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che aveva respinto l’appello del medesimo Comune avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con cui il Giudice di prime cure aveva annullato alcuni avvisi di accertamento in materia di ICI notificati ad una coppia di contribuenti per annualità precedenti.

Secondo il Giudice d’appello, infatti, gli immobili dei contribuenti si trovavano prevalentemente nel territorio di un Comune limitrofo e a detto Ente locale l’imposta era stata regolarmente pagata per tutti gli anni di riferimento.

Nel ricorso il Comune assumeva come motivi di impugnazione l’erroneità della decisione della CTR in riferimento alla disciplina del presupposto impositivo dell’imposta e l’inadeguatezza del percorso logico-giuridico della sentenza.

La coppia di contribuenti resisteva con controricorso, domandando inoltre ex art. 96 c.p.c. il risarcimento del danno per lite temeraria da liquidarsi in via equitativa, assumendo che i “i fatti evidenziati e l’accanimento processuale ingiustificato del Comune ricorrente rendono palese la pretestuosità dell’azione intrapresa”.

La Suprema Corte, pur rigettando il ricorso del Comune, riteneva infondata tale domanda, “ciò tanto ove si dia seguito all’indirizzo giurisprudenziale che reputa una simile domanda proponibile anche nel giudizio di cassazione direttamente in base al paradigma della norma citata (cfr. Cass. civ. sez. lav. 2007, n. 24645), quanto ove si ritenga di risolvere la stessa in base al disposto del’art. 385 ultimo comma c.p.c. (aggiunto dal D. Lgs. n. 40/2006 ed ancora applicabile, ratione temporis, al giudizio in esame, nonostante la successiva abrogazione di cui alla L. n. 69/2009, ex art. 49). Detta norma, infatti, secondo l’interpretazione più corretta, appartiene al medesimo campo della responsabilità processuale aggravata di cui al citato art. 96 c.p.c.

Nel rigettare la domanda dei controricorrenti di risarcimento danni da responsabilità processuale aggravata, invero, la sentenza afferma il principio secondo cui “Non è dato, infatti, apprezzare, infatti, alcuna colpa grave alla base della proposizione del ricorso per cassazione, potendo ravvisarsi il carattere temerario della lite, presupposto della condanna al risarcimento dei danni, unicamente nella consapevolezza dell’infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, ovvero nel difetto della normale diligenza per l’acquisizione di detta consapevolezza; ciò che non è dato certamente riscontrare nella fattispecie in esame, in cui il rigetto del ricorso per cassazione consegue unicamente all’inammissibilità dei motivi di ricorso per ragioni di rito in relazione al disposto del succitato art. 366 bis c.p.c.”.

In conclusione, come già riconosciuto dalla giurisprudenza, la responsabilità aggravata per lite temeraria può ravvisarsi soltanto, oltre che nell’ipotesi di dolo, in caso di negligenza nel procedimento di acquisizione della consapevolezza dell’infondatezza della domanda e delle tesi sostenute.

Sentenza collegata

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Dott. Assenza Carmelo

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