Segreto d’ufficio e diritto di difesa (Cass. pen. n. 19212/2013)

Redazione 03/05/13
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Considerato in fatto

1. Il gup del Tribunale di Cassino con sentenza del 4 ottobre 2012 dichiarava non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nei confronti di S.R. e N.O., imputati del reato di rivelazione segreta di ufficio e di abuso di ufficio in danno di T.E. . Secondo l’accusa S.R., dipendente dell’Agenzia delle Entrate, comunicava al coniuge N. di aver svolto nella propria qualità una verifica fiscale nei confronti del T., informazione che il N. utilizzava in una causa civile intentata nei suoi confronti dal predetto T. per dimostrare che la domanda era infondata e giustificata dalla volontà di rappresaglia per le modalità della predetta verifica.
2. Osservava il giudicante che:
– quanto al reato di rivelazione di segreti di ufficio, la notizia fu utilizzata quando la verifica fiscale era da tempo conclusa ed il conseguente accertamento fatto oggetto di ricorso alla Commissione Tributaria, trattandosi perciò di notizia già pubblicizzata e non più destinata al segreto. Non ricorreva quindi alcun nocumento provocato dalla pretesa violazione del dovere di riservatezza.
– In ogni caso, la condotta era da ritenersi scriminata ai sensi dell’art. 51 cod. pen. attesa la prevalenza del diritto di difesa rispetto alle esigenze di segretezza e di corretto andamento della Pubblica Amministrazione.
– Quanto al reato di abuso di ufficio, innanzitutto andava escluso il concorso formale attesa la unicità della condotta che non può dar luogo a due violazioni. In ogni caso, non vi era violazione di specifiche disposizioni né ricorreva, se del caso, il dolo intenzionale necessariamente previsto in riferimento all’evento del reato di abuso di ufficio. Né, attesa la finalità di sostenere la propria posizione nel processo civile, ricorreva alcun profilo di ingiustizia.
3. T.E. , quale persona offesa costituitasi parte civile, propone ricorso avverso tale sentenza a mezzo del proprio difensore rilevando, con primo motivo, la violazione di legge in riferimento agli artt. 323 cod. pen., 15 d.p.r. 3/1957, 22 e seguenti legge 241/90, 326 e 51 cod. pen.. Ritiene che vi sia stata la specifica violazione degli obblighi propri del dipendente della Agenzia delle Entrate cui è preclusa ogni divulgazione di informazioni sulla posizione tributaria di un soggetto e che, comunque, non sono state rispettate le regole in tema di accesso agli atti amministrativi. Né, in assenza del carattere di pubblicità del procedimento tributario, potevano ritenersi gli atti ormai pubblicizzati a seguito di proposizione del suo ricorso innanzi alla Commissione Tributaria. Rileva l’inapplicabilità della scriminante di cui all’articolo 51 cod. pen. attesa la preminenza dell’interesse pubblico alla segretezza e, comunque, essendo previsto per le persone interessate la possibilità di ottenere le informazioni attraverso la procedura dell’accesso amministrativo.
4. Quanto al reato di abuso di ufficio, osserva che, secondo la attuale formulazione normativa, tale reato è completamente autonomo e può concorrere con il diverso reato di rivelazione del segreto di ufficio.

Ritenuto in diritto

Il ricorso è infondato.
5. Ai fini della decisione va precisato quale sia lo specifico contenuto della presunta notizia coperte da segreto di ufficio:
6. nel capo di imputazione viene così definita “S.R. nella qualità aveva svolto una verifica fiscale nei confronti dell’avv. T.E. e che la stessa verifica non era stata accolta dagli accertatori”.
7. Nel corpo della sentenza si legge il contenuto specifico dell’atto difensivo di N.: “… sig.ra S.R. ed il **********, nell’adempimento delle loro funzioni hanno svolto una procedura di verifica fiscale nei confronti dell’avvocato T.. Il dottor G.P., all’ultimo incontro con l’avvocato T. presso l’Agenzia delle Entrate, ha richiesto alla sig. S. di presenziare nella sua stanza. L’avvocato T. alla comunicazione che l’ufficio non accoglieva le sue dimostrazioni fiscali e avrebbe proceduto all’accertamento, ha urlato che “li avrebbe denunciati tutti e fatta loro pagare”.
8. Si richiamano, quindi, in sintesi i principi in materia di reato di violazione del segreto di ufficio ex art. 326 cod. pen. per quanto rilevante ai fini della presente decisione:
– 8.1 Innanzitutto, in tanto è concorrente l’extraneus nel reato commesso dal pubblico ufficiale in quanto, in un qualsiasi modo, abbia indotto il pubblico ufficiale a rivelargli la notizia; l’extraneus non può, invece, ritenersi concorrente laddove abbia semplicemente ricevuto passivamente la notizia perché il p.u. gliela abbia spontaneamente riferita (Sez. 1, n. 5842 del 17/01/2011 – dep. 16/02/2011, ********, Rv. 249357); resta salvo il caso in cui il privato abbia poi consapevolmente svolto un’ulteriore attività diretta alla propagazione della notizia (Sez. 6, n. 42109 del 14/10/2009 – dep. 02/11/2009, *******, Rv. 245021).
– 8.2 Laddove il riferire una notizia pur coperta da segreto non possa scindersi dalla ordinaria comunicazione di un “vissuto” personale, in linea generale (potendovi essere casi di “segreti” con particolare e più rigida disciplina) non può ritenersi integrato il reato purché, ovviamente, quanto riferito non vada oltre la comunicazione di ciò che ha caratterizzato la vicenda personale. Una tale situazione ben può ricorrere, si pensi ad esempio all’agente di polizia che comunica al coniuge di aver riportato lesioni nel corso di una operazione di polizia giudiziaria coperta da segreto, purché, ovviamente, non riveli inutilmente il contenuto specifico della attività svolta.
– 8.3 La notizia coperta dal segreto è il “contenuto” della stessa; vi rientrano i dati esteriori solo quando possano, per la particolare disciplina o per il caso concreto, avere le caratteristiche del segreto di per sé. Questa affermazione può essere efficacemente chiarita facendo riferimento alla concreta casistica giudiziaria; si è quindi ritenuto che non risponda di violazione di segreto l’ufficiale giudiziario che, nel notificare un atto all’imputato in busta chiusa a mani di un terzo addetto alla ricezione degli atti, spieghi a quest’ultimo che si tratta di una modalità di notifica prevista per gli imputati, così riferendo che il destinatario è sottoposto ad “un” procedimento penale (Sez. 5, Sentenza n. 36922 del 11/07/2008 Ud. (dep. 26/09/2008) Rv. 241596) senza alcun riferimento al suo specifico contenuto. Così come non si è ritenuto che integri tale reato la mera generica comunicazione dell’esecuzione dell’arresto del soggetto indagato (Sez. 6, Sentenza n. 1853 del 16/05/1995). (dep. 20/07/1995) Rv. 202217). Insomma, in una notizia “complessa” va individuata quale sia la conoscenza sottratta alla divulgazione e se sia segreta la “notizia della notizia”.
– 8.4 A tale tema si ricollega la questione relativa all’integrare violazione del segreto anche il caso della diffusione della informazione che non sia in sé segreta ma che sia stata data, direttamente od indirettamente, dal p.u. autorizzato a fornirla in favore del soggetto avente diritto a riceverla ma senza il rispetto delle modalità formali. È il caso della violazione del “diritto di accesso” agli atti amministrativi.
– 8.5 Come già ha osservato questa Corte, la legge 241.1990 ha sancito il principio della accessibilità degli atti che non siano ritenuti esplicitamente segreti. E le regole di accesso agli atti previste da tale legge non sono affatto finalizzate alla regolamentazione della “segretezza” bensì alla mera regolamentazione dei diritto di accesso che, per ovvi motivi organizzativi della P.A., non può essere indiscriminato ponendosi il requisito dell’”interesse” ad ottenere visione e copia degli atti. (Sez. 6, n. 39706 del 30/09/2009 – dep. 12/10/2009, P.G. in proc. ********* e altri, Rv. 244259). Ne consegue che, laddove si discuta di una notizia che possa essere conosciuta dal privato interessato secondo l’ordinario “diritto di accesso”, anche laddove il pubblico ufficiale comunichi al privato la notizia in violazione delle regole di esercizio del diritto, non ricorre una violazione del segreto di ufficio.
– 8.6 Ultima questione di interesse per la decisione riguarda il rapporto tra violazione del segreto e diritto di difesa. Questa Corte ha già affermato che reato di rivelazione di segreti di ufficio è applicabile la causa di giustificazione dell’esercizio di un diritto, allorché la rivelazione sia fatta per difendersi in giudizio, essendo il diritto di difesa prevalente rispetto alle esigenze di segretezza e buon funzionamento della Pubblica Amministrazione. (Sez. 3, n. 35296 del 20/04/2011 – dep. 29/09/2011, ********* e altri, Rv. 250853)”. Ciò significa che il soggetto che abbia conoscenza di dati destinati a rimanere segreti può, in linea di massima, farne uso ai fini della difesa in giudizio, nello stretto rispetto del rapporto di necessità tra notizia e concreto esercizio del diritto di difesa e, ovviamente, salvo i casi in cui lo specifico segreto sia disciplinato per legge in modo tale da dover risultare, nel dato caso, prevalente l’interesse alla segretezza anche rispetto al diritto di difesa.
9. Poste queste premesse, risulta come la motivazione del giudice per l’udienza preliminare sia assolutamente coerente con i principi esposti.
10. Innanzitutto, pur se nel capo di imputazione si riporta la condotta astrattamente costituente reato non al momento della rivelazione del segreto dalla S. al N. ma al momento in cui fu resa pubblica la comparsa di risposta, non si prospetta neanche una specifica attività del N. di induzione del pubblico ufficiale a rivelargli la notizia. Come correttamente ritiene il giudicante, non potendosi altrimenti dimostrare la circostanza, non può che ritenersi che l’unica versione dei fatti che si può ritenere dimostrata è quella data dagli imputati, secondo la quale la donna rappresentò al marito quanto accadutole e così rese noto che vi era stata una verifica fiscale a carico del T. .
11. Poi, correttamente, si ritiene irrilevante la comunicazione della data notizia alle date condizioni. La signora S. aveva ben ragione di comunicare al marito il particolare evento accaduto durante l’espletamento della sua attività lavorativa, ovvero di aver subito un’aggressione verbale con minaccia di ritorsioni da parte di un contribuente scontento per il mancato accoglimento delle proprie osservazioni rispetto ad una verifica fiscale. A quanto risulta dal provvedimento impugnato, ma anche dal contenuto del ricorso, la donna non avrebbe riferito nulla di più del fatto storico della generica attività di ufficio svolta nei confronti di un contribuente e della sua asserita reazione che, certamente, non è il segreto da tutelare.
12. In realtà, quel che appare mancare è la stessa notizia illegittimamente comunicata. Non si può riconoscere valore di segreto di ufficio alla sola informazione dell’essere stata svolta una comune attività di verifica per un contribuente, senza alcun riferimento al suo contenuto; infatti si tratta di attività assolutamente ordinaria svolta a campione e/o per categorie di contribuenti, e che viene normalmente disposta, per ovvia tutela del contribuente, in base a criteri automatici e casuali. Nel ricorso si cita in modo suggestivo la sentenza di questa Corte Cass. IV, 7/8/02 n. 32200 per affermare che vi sia il segreto assoluto sulla posizione tributaria salvo per quanto contenuto nella dichiarazione dei redditi; ma in realtà tale sentenza fa riferimento alla illecita diffusione di dati “contenutistici” dell’anagrafe tributaria e di certo non afferma che sia reato la mera divulgazione della notizia della presenza del nominativo di taluno nell’anagrafe tributaria.
13. La notizia data dal pubblico ufficiale al coniuge è quella di una aggressione verbale a causa e nell’esercizio delle sue funzioni. Nessun “contenuto” della verifica fiscale risulta comunicato.
14. Che, poi, si tratti sostanzialmente di notizia non destinata al segreto lo afferma la medesima persona offesa laddove lamenta il mancato rispetto delle norme in tema di accesso agli atti amministrativi. Correttamente, quindi, anche a ritenere che anche il solo dato rilevante comunicato dalla sig.ra S. possa essere portato a conoscenza previo il rispetto delle regole in tema di diritto di accesso, non si tratterebbe comunque, per le ragioni dette, di un atto coperto da segreto nel senso tutelato dall’articolo 326 cod. pen..
15. Infine, comunque, come in conclusione ha ritenuto anche il giudice di merito, l’utilizzazione della notizia è stata chiaramente limitata nell’ambito di quanto necessario all’esercizio del diritto di difesa con la necessaria prevalenza di quest’ultimo rispetto alla eventuale tutela della segretezza del mero dato storico della sottoposizione a verifica.
16. Ritenuta corretta la valutazione del giudice dell’udienza preliminare in ordine al reato di cui all’articolo 326 cod. pen., va confermata anche la valutazione di insussistenza del reato di abuso di ufficio in quanto la condotta in violazione di legge, come risulta dal tenore letterale della contestazione, si identifica con la pretesa abusiva comunicazione del dato segreto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione