Scrittura privata – Efficacia nei confronti dei terzi – Timbratura eseguita da pubblico ufficiale – Certezza della data della scrittura – Prova contraria (Cass. n. 8438/2012)

Redazione 28/05/12
Scarica PDF Stampa
Massima
In tema di efficacia della scrittura privata nei confronti dei terzi, se la scrittura privata non autenticata forma un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro, la data risultante da quest’ultimo deve ritenersi data certa della scrittura, perchè la timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad un’attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita. Grava sulla parte che contesti la certezza della data di provare la redazione del contenuto della scrittura in un momento diverso; a tal fine basta la prova contraria non occorrendo far ricorso alla querela di falso. (a cura del **************)

 

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- La Banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia S.p.a. ha proposto opposizione dinanzi al Tribunale di Rovigo avverso lo stato passivo del fallimento della s.r.l. CELLFIN lamentando l’esclusione del proprio credito fondato su una fideiussione in data 30/01/2007 e 28/09/2007, con cui la fallita aveva inteso farsi garante a favore della società opponente per il buon fine di un’operazione di locazione finanziaria immobiliare conclusa tra l’opponente stessa, in qualità di concedente, ed altra società, la s.r.l. Cartografica Europa, in qualità di utilizzatrice che si sarebbe resa inadempiente a far data dal mese di dicembre 2008; credito quantificato in Euro 1.078.920,11, di cui Euro 775.183,86 in linea capitale per canoni insoluti, Euro 7.554,57 per interessi ed Euro 296.181,68 per commissioni ex art. 18 del contratto (essendo il contratto già risolto alla data del fallimento) e spese.

Il giudice delegato aveva escluso il credito in quanto il contratto di fideiussione, ancorchè redatto su foglio validato temporalmente mediante l’apposizione di timbro postale, era privo di data certa dal momento che, da un lato, il timbro era posto all’inizio della prima facciata e, in secondo luogo, la sottoscrizione, del tutto avulsa dal timbro postale, avrebbe potuto essere stata apposta successivamente alla sentenza dichiarativa di fallimento e, inoltre, l’atto era esorbitante dall’oggetto sociale della fallita sicchè, in quanto ultra vires, era improduttivo di effetti perchè nullo.

Il tribunale, con decreto del 21.12.2010, ha rigettato l’opposizione ritenendo che la fideiussione fosse inopponibile alla curatela perchè priva di data certa.

Contro il decreto del tribunale la banca opponente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati con memoria depositata nei termini di cui all’art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso la curatela intimata.

2.- Con i motivi di ricorso la banca ricorrente denuncia:

1) “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., artt. 324 e 329 c.p.c., per avere il Tribunale di Rovigo disatteso il giudicato formatosi sul capo autonomo del provvedimento del Giudice Delegato 18.03.2010, in virtù del quale è stata ritenuta opponibile la fideiussione alla procedura fallimentare;

2) “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2704 c.c., e palese vizio di motivazione per avere il Tribunale di Rovigo considerato la fideiussione 30.01.2007 28.09.2007 non opponibile alla procedura perchè non munita di data certa”. 3.1.- Il primo motivo è infondato non solo perchè dal provvedimento impugnato risulta che il giudice delegato ha escluso il credito anche perchè fondato su documento privo di data certa anteriore al fallimento (circostanza, però, negata dalla ricorrente) ma soprattutto perchè con il provvedimento di rigetto di una domanda non si forma alcun giudicato sugli elementi costitutivi del diritto non presi in considerazione nel provvedimento. La figura del giudicato implicito la si può utilizzare solo quando una norma prevede che una questione, la cui decisione in uno o altro senso da luogo a sentenza, deve essere decisa prima di un’altra. E sempre che il giudice non dichiari, nel decidere, di prescinderne, affidando la propria pronunzia sulla domanda ad altra questione liquida.

Ora, in sede di formazione dello stato passivo è stato pronunziato provvedimento che ha rigettato la domanda nel merito per difetto di uno tra più fatti costitutivi. Quando il diritto postula l’esistenza di più fatti costitutivi, per rigettare la domanda al giudice basta accertare che uno di essi manca.

La decisione così resa dice che, mancando quel fatto costitutivo, il diritto non c’è; non dice che, se non fosse mancato quel fatto, il diritto ci sarebbe stato, perchè l’altro fatto c’era. Nè la decisione resa implica logicamente quella non resa (per un’applicazione di tali principi cfr. Cass. n. 22899/2011).

Allora, siccome la mancanza del fatto costitutivo, nei suoi profili di diritto, rientra nei poteri di accertamento di ufficio del giudice, in presenza di un’impugnazione centrata sulla sola questione decisa, se il giudice la ritiene fondata sul punto, senza necessità di impugnazione incidentale (nel caso di opposizione allo stato passivo, senza riproposizione dell’eccezione da parte del curatore) dovrà passare all’esame dell’altra questione, perchè rispetto ai punti non decisi in primo grado il giudice del gravame (qui, dell’opposizione) ha gli stessi poteri del primo quanto alle questioni di diritto.

Ma se ha il potere di decidere l’altra questione e questa dovesse portare a negare il diritto, il giudice del gravame potrebbe anche – in base alla stessa tecnica decisoria di cui ha fatto impiego il giudice di primo grado – rigettare la domanda basando la sua decisione sull’accertamento della mancanza del diverso fatto costitutivo di cui il primo giudice si è disinteressato.

3.2.- Quanto al secondo motivo, ha osservato, in proposito, il tribunale che “per aversi data certa ex art. 2704 c.c. rilevante ai fini della determinazione della anteriorità alla dichiarazione di fallimento di un atto originario di obbligazioni da porsi a carico della società fallita, occorre che il timbro sia collocato in guisa da sormontare la firma per accettazione della proposta mentre, nella fattispecie, il timbro è collocato soltanto sulla proposta, quindi semmai potrebbe conferire data certa ad essa, ma non al contratto (proposta ed accettazione). Consegue che, quanto alla valenza in sè del timbro per auto prestazione, come correttamente riportato da parte opposta, il timbro apposto dall’addetto alle Poste, ai sensi del D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 8, non è idoneo a provare la certezza della data (che è presunta relativamente ai fatti ai quali la legge tipicamente la riconduce e elencati nella prima parte dell’art. 2704 c.c.) poichè in tale ipotesi il plico è presentato alle Poste in guisa che l’addetto non ha la possibilità di verificarne il contenuto (rectius: di attestarlo). Si osserva a tale proposito che la giurisprudenza di legittimità, nell’affrontare la questione del rilievo, ai fini di cui si trattai, del timbro postale apposto per auto prestazione su di un documento, non estende il giudizio al concreto significato (e non avrebbe potuto trattandosi di questione di merito) della specifica modalità di apposizione del timbro, sicchè non può precludersi tale giudizio al giudice del merito laddove si ponga mente al fatto che, come si è detto, l’apposizione del timbro postale non rientra tra i fatti cui tipicamente si ricollega la data certa ex art. 2704 c.c….”. 4.- La censura è fondata perchè la decisione impugnata è in contrasto con il principio giurisprudenziale secondo il quale “in tema di efficacia della scrittura privata nei confronti dei terzi, se la scrittura privata non autenticata forma un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro, la data risultante da quest’ultimo deve ritenersi data certa della scrittura, perchè la timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad un’attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita. Grava sulla parte che contesti la certezza della data di provare la redazione del contenuto della scrittura in un momento diverso; a tal fine basta la prova contraria non occorrendo far ricorso alla querela di falso” (Sez. I, sentenza n. 13912 del 14/06/2007; tra le altre, Cass. 23 aprile 2003 n. 6472; 1 ottobre 1999 n. 10873; Sez. I, sentenza n. 21814 del 11/10/2006, fattispecie nella quale la corte territoriale ha accertato che “il modulo a stampa” costitutivo della fideiussione recava impresso sul retro della terza pagina il timbro postale con data, ma ha negato rilevanza a questa circostanza perchè la volontà negoziale era espressa nelle prime due pagine, le quali potrebbero essere state riempite solo successivamente al timbro medesimo. La S.C. ha cassato).

Il provvedimento impugnato, dunque, deve essere cassato con rinvio al giudice del merito per nuovo esame e per il regolamento delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese al Tribunale di Rovigo in diversa composizione.

Redazione