Scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose (TAR Lazio, Roma, n. 8670/2013)

Redazione 07/10/13
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SENTENZA

Nel giudizio introdotto con il ricorso 8052/12, integrato da motivi aggiunti, proposto da ***************, ***************, *******************, *******************, *************, ****************, *******************, **************è e *******************, rappresentati e difesi dagli avv. G. M. e *******, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Antonio Bertoloni, 1/E;

contro

la Presidenza del consiglio dei ministri, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge;
l’Amministrazione dell’interno, in persona del ministro pro tempore, non costituita in giudizio;
il Comune di Mongiana, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Gianfanco Ielo e ***************, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

– del decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 2012, di scioglimento del consiglio comunale di Mongiana (VV) e di nomina della commissione straordinaria per la durata di diciotto mesi, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n.267, nonché della pedissequa relazione di accompagnamento del ministro dell’interno 28 giugno 2012, pervenuti ai ricorrenti in data 31 luglio 2012 con nota di trasmissione della commissione straordinaria del 30 luglio 2012;
– della deliberazione del Consiglio dei ministri adottata il 6 luglio2012, sconosciuta e non comunicata ai ricorrenti, sulla cui scorta il Presidente della Repubblica ha decretato lo scioglimento del Consiglio Comunale di Mongiana (VV);
– della relazione del Prefetto di Vibo Valentia in data 16 aprile 2012, pubblicata nella G.U. S.G. n.179 del 2 agosto 2012;
– del precedente decreto di sospensione del Consiglio comunale di Mongiana del Prefetto di Vibo Valentia del 6-9 luglio 2012;
– di ogni atto presupposto, conseguente e/o non conosciuto,
E, quanto ai primi ed ai secondi motivi aggiunti, depositati rispettivamente il 27 novembre 2012 ed il 13 febbraio 2013, oltre agli atti oggetto del ricorso principale:
– dell’atto di conferimento da parte del Prefetto di Vibo Valentia dell’incarico e della nomina della commissione per l’accesso e l’indagine presso il Comune di Mongiana al fine di verificare l’eventuale sussistenza di forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata;
– della relazione della commissione di indagine prefettizia sugli atti del Comune di Mongiana e del testo integrale della relazione del Prefetto di Vibo Valentia ut supra;
– del provvedimento e del pedissequo ricorso con il quale è stato introdotto il procedimento presso il Tribunale di Vibo Valentia al n. r.g. 605/12 Vol. Giu., ex 737 c.p.c. per la declaratoria dell’incompatibilità dei ricorrenti ex art. 143, XI comma, del d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del consiglio dei ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 luglio 2013 il cons. avv. A. Gabbricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.1. Mongiana è un comune di 779 abitanti, posto a un’altitudine di oltre 900 metri sulle Serre calabresi, nella provincia di Vibo Valentia.
1.2. Il suo consiglio comunale, eletto il 9 giugno 2009, è stato sciolto, con il d.P.R. 12 luglio 2012 ex art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, secondo cui a ciò si provvede, su proposta del ministro dell’Interno e previa deliberazione del Consiglio dei ministri, quando, dopo adeguati accertamenti, “emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2” – nel caso, il sindaco, i consiglieri comunali, e gli ulteriori eventuali componenti delle giunte – “ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali … nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica” (I comma).
1.3. Il d.P.R. 12 luglio 2012 ha anche nominato la commissione straordinaria che per i successivi diciotto mesi vi avrebbe svolto le funzioni di quello, della giunta e del sindaco, ***************.
1.4 Con il ricorso in esame quest’ultima, insieme ai consiglieri ed assessori ****, *********, *******, *****, ****, *****è, ******* e ****** ha impugnato il provvedimento presidenziale e gli atti a quello presupposti; con due successivi ricorsi per motivi aggiunti ha gravato una serie di ulteriori atti, ritenuti pertinenti.
1.5. La Presidenza del consiglio, ritualmente intimata, si è costituita in causa: oltre a depositare la documentazione rilevante, si è limitata a chiedere la reiezione del ricorso.
2.1.1. Invero, per valutare adeguatamente le censure proposte, si deve partire dalla motivata proposta ministeriale, la quale rammenta anzitutto come il prefetto di Vibo Valentia, con decreto del 25 agosto 2011, avesse disposto, ex art. 1, IV comma, del d.l. 6 settembre 1982, n. 629, l’accesso presso il Comune per gli accertamenti di rito, al cui esito la commissione incaricata aveva depositato le proprie conclusioni, utilizzate dallo stesso prefetto per la relazione 16 aprile 2012, che aveva proposto lo scioglimento.
2.1.2. Dalle indagini era emerso, prosegue la relazione ministeriale, come l’uso distorto della cosa pubblica si fosse concretizzato nel favorire soggetti collegati direttamente od indirettamente ad ambienti malavitosi, “per l’esistenza di una fitta ed intricata rete di parentele, affinità amicizie e frequentazioni, che lega alcuni amministratori ad esponenti delle locali consorterie criminali od a soggetti ad esse contigui”.
2.2.1. A sua volta, la relazione prefettizia, meglio approfondisce tale contiguità, procedendo dalla criminalità organizzata presente nel territorio mongianese, riconducibile alla cosca di ‘ndrangheta Vallelunga del limitrofo comune di Serra San Bruno, cui la criminalità organizzata di Mongiana – il sodalizio tra **************** “*******” e ************** “********” – fa riferimento, come rilevato nell’indagine “Mangusta 2” della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
2.2.2. La relazione prosegue, e fornisce altri dettagli sulla presenza criminale a Mongiana, a conferma che questa è inclusa nel sistema criminoso presente su buona parte del territorio calabrese, passando quindi ad esaminarne i collegamenti con l’Amministrazione comunale e, così, anzitutto, le relazioni e frequentazioni della *****, del ******, e del *******.
2.2.3. Se il ******* è cugino dei fratelli ****** e dei fratelli ********, e il secondo è cognato di ***************************** (sorvegliato speciale di P.S., condannato per tentata estorsione in concorso, e altresì con “vicende di polizia per associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata dalle modalità mafiose”), la ***** “risulta essere stata controllata o notata” con i tre fratelli ******, tra cui il nominato “********” – è superfluo qui ripercorrere la loro eclettica carriera criminosa. Egualmente, erano emersi contatti della ***** con **************** “*******” (già imputato o condannato per reati contro il patrimonio, associazione di tipo mafioso, porto abusivo e detenzioni armi, omicidio volontario tentato, contravvenzioni, omicidio doloso, rapina, estorsione) e, ancora, con ***********************, fratello del precedente, e con Vittorio Emanuele, nipote del primo, di condotte non dissimili.
2.2.4. Così, seguita il rapporto, assumono importanza decisiva “le relazioni, peraltro notorie nell’ambito della comunità, del Sindaco con i pregiudicati del luogo, finalizzate ad ottenere un appoggio elettorale, che puntualmente si verifica nel corso delle competizioni elettorali, da ultimo in quelle del 2009”, quando la *****, insieme ad altri esponenti della sua lista, veniva notata intrattenersi davanti al seggio elettorale, con i ****** e ****************, che avevano poi partecipato ai successivi festeggiamenti.
2.3.1. Anche le funzioni politico amministrative di vertice sarebbero state ripartite, in modo da garantire la presenza nelle posizioni rilevanti di soggetti vicini alle consorterie criminali.
2.3.2. Si fa particolare riferimento al presidente del consiglio comunale (*******), introdotto nello statuto comunale dopo l’elezione, evidentemente non tanto per garantire il miglior funzionamento dell’organo (12 componenti: e infatti la legge presume che, per i comuni minori, la funzione sia normalmente svolta dal sindaco), quanto per “assegnare un ruolo comunque significativo a chi, per le ragioni sopradette, appare funzionale a garantire determinati assetti e specifiche dinamiche cui non sembra rimanere estranea la criminalità organizzata locale”.
2.4.1. A confermare l’assoggettamento dell’Amministrazione comunale di Mongiana all’influenza delle cosche sono poi molteplici comportamenti che vanno ben oltre la cattiva gestione: così, anzitutto, l’assunzione, come responsabile dell’Ufficio tecnico, senza selezione ma ricorrendo all’istituto di cui all’art.110 del d. lgs. 267/00, di una parente dei Pisano – Emanuele
2.4.2. Questa, in realtà, non aveva alcuna particolare competenza, come invece richiesto dalla norma, ed infatti al lavoro era assistita sistematicamente da un cugino [sic] del sindaco: singolare figura, questo, di “consulente volontario”, il quale svolgeva, senza alcuna legittimazione, un’ordinaria attività nell’ambito dell’ufficio tecnico, intrattenendo anche rapporti con l’utenza e dimostrando “una complessiva e significativa conoscenza dei più delicati affari del settore”, mancante invece nella titolare dell’Ufficio.
2.5.1. Un’altra biasimevole operazione è rappresentata dalla formazione di un ufficio di staff del sindaco (per qualche tempo, anche del vicesindaco), con l’assunzione senza selezione, ex art. 90 d. lgs. 267/00, di quattro lavoratori, poi assegnati, di fatto, ad uffici comunali, una delle quali è parente del già citato Vallelonga.
2.5.2. Sempre senza selezione, sono stati individuati alcuni aspiranti per il servizio di mensa scolastica e quello di pulizia, assunti con contratti di collaborazione occasionale ai sensi dell’art. 2222 c.c., includendo soggetti gravati da precedenti penali o di polizia.
2.5.3. Così è avvenuto anche per i fornitori, e per due di quelli della mensa (pane e stoviglie) è stata accertata la vicinanza agli ambienti della criminalità, mentre quello di generi alimentari – fornitore altresì dei prodotti di pulizia – è risultato parente del presidente del consiglio comunale.
2.5.4. Tre dei soggetti destinatari d’interventi assistenziali erano gravati da precedenti, ovvero da pendenze penali, oltre a frequentare altri pregiudicati.
2.6. Ancora, nell’ambito della realizzazione di alcune opere pubbliche, hanno operato imprese vicine o espressione degli ambienti criminali; e sintomatica si presenta anche la vicenda relativa alla realizzazione del solo tratto iniziale, di circa 300 m, di una strada di collegamento ove insistono alcune proprietà di famiglie malavitose, oltre che luogo di residenza di alcuni amministratori locali.
2.7. Nella fase ispettiva che ha preceduto lo scioglimento sarebbero emersi alcuni casi di abusivismo edilizio, prima ignorati, e riguardanti individui riconducibili al contesto criminale locale; quanto al piano strutturale comunale, in corso di redazione, le nuove aree di trasformazione includerebbero terreni i cui proprietari sarebbero vicini all’attuale Amministrazione comunale, o addirittura riconducibili alle famiglie della criminalità locale.
2.8. Vittorio Emanuele è titolare della ditta boschiva risultata aggiudicataria delle ultime due gare espletate dall’ultima Amministrazione comunale: peraltro, solo dopo svariati mesi dall’ aggiudicazione sarebbe stato accertato che quegli era oggetto di interdittiva antimafia.
2.9. Rimarchevole è altresì che il Comune, per svolgere l’inventario dei beni mobili ed immobili del Comune di Mongiana, si sia avvalsa di un’impresa specializzata della provincia di Como, presso la quale lavorava un fratello del Pisano “********”.
Nonostante nessuna procedura fosse stata avviata, l’impresa ha spontaneamente presentato una propria offerta, che è stata senz’altro accettata: in ogni caso, essa ha assunto come referente locale una parente dello stesso ******.
2.10. Sulla base di questi elementi, e di altri che sono stati qui omessi per brevità, e a conclusione di un articolato apparato argomentativo, prima il prefetto e poi il ministro hanno concluso per lo scioglimento, poi effettivamente disposto.
3.1.1. Ora, il primo motivo del ricorso principale è rubricato della violazione dell’art. 143 del d. lgs. 267/00, nonché nell’eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità e contraddittorietà manifesta e sviamento di potere.
3.1.2. I ricorrenti richiamano, oltre al I comma, anche il IV comma dello stesso art. 143, nella parte in cui dispone che nella proposta di scioglimento del Ministro dell’interno, presentata al Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, “sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico; la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento”.
3.1.3. Orbene, per il combinato disposto del I e del IV comma, nel valutare la ragionevolezza del provvedimento impugnato, il giudice dovrà essere “estremamente rigoroso” nella verifica che le anomalie, accertate sulla scorta degli elementi predetti, siano indicate “in modo analitico”, e dunque rappresentate “in termini di rilevanza complessiva rispetto alla ragionevolezza dei provvedimenti proposti”.
3.1.4. Il provvedimento di scioglimento sarà dunque legittimo solo se le risultanze istruttorie delineino “un quadro indiziario ragionevole e credibile, idoneo a dimostrare la connessione e vicinanza tra organizzazione criminale e sfera pubblica, sulla scorta dei comportamenti, dei fatti, delle circostanze e degli atti e documenti contestati”: ma, in specie, di tale quadro mancherebbero tutti gli elementi fondanti.
3.2.1. Anzitutto, la relazione prefettizia si diffonde sulla cosca di ‘ndrangheta presente nel territorio mongianese: si tratterebbe, peraltro, di notizie assolutamente irrilevanti, ai fini d’interesse, poiché la stessa relazione non indicherebbe alcuna contiguità tra la cosca locale e l’Amministrazione comunale di Mongiana, i cui componenti, secondo il ricorso, “nulla hanno mai avuto a che fare con le dette organizzazioni criminali; sia durante la campagna elettorale, sia nel periodo in cui hanno ricoperto le rispettive cariche ed in tale veste hanno amministrato avendo a cura, come si dimostrerà, esclusivamente l’interesse della collettività e dell’ente, liberi da qualsiasi condizionamento ed influenza esterna, affrontando con efficacia ed incisività tutte le problematiche lasciate insolute dalla precedente amministrazione”.
3.2.2. Per vero, seguita il ricorso, la relazione prefettizia sostiene che, nell’insieme, molte delle attività svolte dalla stessa amministrazione, sarebbero funzionali all’esercizio di un comando arbitrario e indiscusso, mentre l’assegnazione delle funzioni all’interno dell’Amministrazione comunale sarebbe avvenuta secondo una logica spartitoria: *****, ****** e ******* avrebbero avuto frequentazioni con pregiudicati locali già nel periodo delle elezioni, e, in generale, nel loro schieramento politico sarebbero presenti soggetti legati da vincoli con le locali organizzazioni criminali.
3.2.3. A questi, e altri rilievi, il ricorso oppone, anzitutto, l’affermazione generale che ipotetiche irregolarità nell’azione amministrativa non trovano il loro necessario presupposto nel condizionamento mafioso: e, in realtà, la relazione prefettizia non conterrebbe alcun argomento puntuale e obiettivo, il quale evidenzi collegamenti o condizionamenti degli amministratori di Mongiana con la criminalità organizzata.
3.3.1. Di seguito, il ricorso tratteggia, con toni talora encomiastici, sintetiche biografie della Rullo – che esercita costì la professione di medico – degli altri ricorrenti, e di alcuni funzionari, per dimostrarne l’assoluta estraneità alle associazioni criminose, che non avrebbero fornito alcun appoggio all’Amministrazione disciolta, la quale avrebbe sempre operato nel rispetto delle norme, pur in un difficile ambiente socio culturale: le assunzioni a termine e a contratto – anche utilizzando gli artt. 90 e 110 del d. lgs. 267/00 – sarebbero la risposta obbligata a gravi mancanze della struttura comunale, di cui sarebbe responsabile la precedente compagine di maggioranza.
3.3.2. Ancora, i contratti passivi (mensa scolastica, pulizie, forniture di beni, opere pubbliche) sarebbero stati ordinariamente stipulati nel rispetto delle regole dell’evidenza pubblica e secondo criteri obiettivi, ferma la realizzazione del piano di risanamento del bilancio, effettuata in osservanza delle specifiche direttive fornite dalla Corte dei conti.
3.3.3. Sull’abusivismo edilizio, il Comune sarebbe sempre prontamente intervenuto, una volta ricevute le debite segnalazioni; a sua volta, la strumentazione urbanistica osserverebbe le norme pertinenti.
3.3.4. Quanto alla “gestione dei boschi” – cioè, all’assegnazione in concessione onerosa di aree boschive demaniali da sfruttare – l’Amministrazione avrebbe sempre agito in conformità alle norme vigenti, in relazione alla situazione concreta verificatasi, e così anche nel caso dell’impresa ***************** (“un ragazzo calmo e un tranquillo padre di famiglia”, al quale “viene contestata la figura del padre che, circa quindici anni fa, fu ucciso in un agguato di mafia”), con cui il contratto venne rescisso, una volta avuta formale comunicazione prefettizia della rammentata interdittiva.
3.3.5. Per le assunzioni e gli interventi assistenziali (i “progetti individuali a sostegno del disagio economico sociale”) il ricorso non oppone argomenti definitivi, mentre, per quanto concerne la gestione finanziaria del Comune, nega l’esistenza di una situazione strutturalmente deficitaria: il Ministero considera un Ente strutturalmente deficitario solo se presenta almeno cinque o più indici prestabiliti, mentre Mongiana ne avrebbe avuto soltanto uno nel 2009 e tre nel 2010.
Ancora, diversamente da quanto sostenuto nella relazione, il Comune non avrebbe debiti fuori bilancio, non avrebbe effettuato anticipazioni di tesoreria, e neppure avrebbe scorrettamente operato sulle somme a destinazione vincolata.
3.4. Nel complesso, concludono i ricorrenti, la commissione d’accesso e d’indagine, alle cui risultanze la relazione prefettizia si richiama, sarebbe, per molti profili, superficiale, errata e inficiata da valutazioni di carattere politico, anche per la militanza partitica di uno dei suoi componenti, con il conseguente sviamento per eccesso di potere.
3.5.1. A partire dal 13 novembre 2012 è stata avviata la notificazione dei motivi aggiunti, in cui, oltre a riprodurre le stesse censure già contenute nel ricorso principale, si rileva anzitutto come, nel frattempo, fosse stata promossa dall’Autorità governativa, innanzi al Tribunale di Vibo Valentia, la procedura ex art. 737 c.p.c., di cui all’art. 143, XI comma, d. lgs. 267/00, per cui gli amministratori responsabili non possono essere candidati alle elezioni amministrative nella regione in cui è avvenuto lo scioglimento, al primo turno elettorale successivo, qualora l’incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo. A tal fine “il Ministro dell’interno invia senza ritardo la proposta di scioglimento di cui al comma 4 al tribunale competente per territorio, “che valuta la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa”, applicando, in quanto compatibili, le procedure di cui al libro IV, titolo II, capo VI, c.p.c..
3.5.2. Ciò posto, i ricorrenti ritengono “che i provvedimenti impugnati siano illegittimi, infondati e ingiustificati rispetto alle esigenze di tutela dell’andamento dell’attività amministrativa da condizionamenti tali da incidere sulla determinazione degli organi comunali e da compromettere il regolare svolgimento delle funzioni amministrative, ostativi ed in violazione del diritto di difesa, nonché ingiustamente pregiudizievoli per la propria reputazione”.
3.5.3. La relativa censura è rubricata nella violazione del diritto di difesa e degli artt. 24 e 111 Cost., nonché nella falsa e errata interpretazione ed applicazione dell’art. 42, VIII comma, della l. 3 agosto 2007, n.124.
3.5.4. Secondo i ricorrenti, invero, “la Prefettura di Vibo Valentia ha presentato il ricorso ex art. 737 c.p.c. al Tribunale di Vibo Valentia”, per la declaratoria d’incompatibilità dei ricorrenti, e ciò “in forma tale … da indurre l’assoggettamento dei relativi atti e documenti al regime della disciplina del segreto sulle informazioni per la sicurezza della Repubblica, ed il conseguente dispositivo di attribuire agli atti del relativo giudizio il limite della riservatezza contemplato nell’art. 42, comma 8, della L.n.124/2007”.
3.5.5. Orbene, proseguono i ricorrenti, “il contenuto della citata disposizione non attiene alla fattispecie in contestazione, che presuppone un ordine di esibizione dell’Autorità giudiziaria di documenti classificati per i quali non sia opposto il segreto di Stato, la cui evenienza è da escludersi nel procedimento de quo, introdotto presso il tribunale di Vibo Valentia con ricorso, certamente non classificabile tra gli atti soggetti alla disciplina della riservatezza ex art. 42, comma 8, L.n.124/2007”: tale disposizione sarebbe perciò ingiustamente violata ed erroneamente applicata, nonché illegittimamente ostativa dell’esercizio del diritto di difesa.
3.5.6. Così, soggiungono i ricorrenti, “il contenuto e la forma della deliberazione di presentare il ricorso, ed il ricorso stesso da parte della Prefettura di Vibo Valentia al Tribunale di Vibo Valentia, che si impugnano nel presente giudizio quali atti ulteriori e conseguenti al già impugnato decreto di scioglimento …, abbiano indotto l’errata disposizione del Giudice del procedimento ex art. 737 c.p.c., a consentire la sola presa visione degli atti depositati senza estrarre copia ai sensi dell’art. 42, comma 8, L.n.124/2007”.
3.5.7. Le considerazioni dei ricorrenti proseguono, ma ai fini di causa, quanto letteralmente testé riprodotto sembra al Collegio più che sufficiente per rilevare come gli atti, cui il motivo si riferisce, non abbiano natura provvedimentale, ma attengano ad un procedimento giurisdizionale perdente, per cui la censura qui proposta va dichiarata inammissibile: ogni questione relativa agli atti indicati andrà in concreto definita innanzi al Tribunale di Vibo Valentia.
3.6.1. Il secondo motivo aggiunto riguarda il presunto difetto, ovvero non identificabilità della controfirma del ministro proponente e del presidente del Consiglio dei Ministri sul provvedimento notificato ai ricorrenti in copia conforme in data 30 luglio 2012.
Il difetto di tali sottoscrizioni comporterebbe l’invalidità del provvedimento, ovvero l’inefficacia del medesimo, stante la posizione costituzionale del Presidente della Repubblica, che ne esclude la responsabilità per gli atti dal medesimo sottoscritti, attribuita invece, mediante la controfirma, sempre al ministro proponente, e, per gli atti oggetto di deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, anche al presidente di questo.
3.6.2. La censura è infondata: il testo riprodotto nella G.U. 2 agosto 2012, n. 179 – e che fa fede piena fino a querela di falso – contiene altresì l’espresso richiamo alla sottoscrizione del presidente del Consiglio (*****) e del ministro dell’Interno (***********).
3.7.1. Dopo il deposito dell’intera documentazione amministrativa raccolta nel corso del procedimento, compresa quella riservata, il 31 gennaio 2012 sono stati consegnati per la notificazione i secondi motivi aggiunti.
3.7.2. In questi si segnala intanto che la ***** e il ricorrente **** sono stati prosciolti da un procedimento, in cui erano indagata con alcuni locali esponenti della criminalità (in realtà, la relazione prefettizia già lo riconosceva): e ciò confermerebbe l’assenza di legami con le cosche locali.
3.7.3. Di seguito, i nuovi motivi contengono una serie di nuove critiche al provvedimento di scioglimento, ed agli atti a questo presupposti, riferendosi appunto alla nuova documentazione acquisita: sono così anzitutto richiamati rapporti e relazioni precedenti (segnatamente quella del 1 aprile 2011 del Comando provinciale carabinieri di Vibo Valentia), i quali avrebbero concluso con particolare cautela circa la potenziale permeabilità dell’apparato amministrativo locale: senza cioè manifestare le certezze fondanti la relazione prefettizia e, prima, quella della commissione di accesso e di indagine.
3.7.4. Sono poi considerati alcuni episodi e rapporti, puntualmente descritti nelle relazioni, e che dimostrerebbero la contiguità con malavitosi e pregiudicati della *****, del *******, del ******, del ****, dello *******, del *****, del *****é: per questi i motivi aggiunti contrappongono spiegazioni e giustificazioni, così come per i rilievi riguardanti l’attività amministrativa, la gestione del personale, e così via, riprendendo quanto esposto nel ricorso principale.
3.7.5. In conclusione, sarebbero mancati i presupposti normativi per giungere allo scioglimento: e la relazione ministeriale non muterebbe tale conclusione, solo perché, senza alcun fondamento, dà per certi alcuni avvenimenti che negli atti del procedimento sono esclusivamente ipotizzati.
4.1. Orbene, le censure contenute nei motivi aggiunti non aggiungono nulla di particolarmente rilevante al ricorso principale, e reiterano il vero thema decidendum della controversia, e cioè se lo scioglimento del consiglio comunale di Mongiana abbia una sufficiente giustificazione, in relazione ai presupposti stabiliti dal ripetuto art. 143 d. lgs. 267/00, e si regga su elementi “concreti, univoci e rilevanti”, vuoi sotto il profilo dei collegamenti diretti o indiretti, vuoi sotto quello delle forme di condizionamento.
4.2.1. Invero, in termini generali, per la condivisibile giurisprudenza (anche successiva alla riforma operata dall’art. 2, XXX comma, della l. 15 luglio 2009, n. 94), di questo giudice (da ultimo T.A.R. Lazio, I, 6 maggio 2013, n. 4440; id. febbraio 2012, n. 1119) e del giudice d’appello (C.d.S., III, 12 gennaio 2013, n. 126; C.d.S., III, 6 marzo 2012, n. 1266; C.d.S. VI, 10 marzo 2011, n. 1547; id. 17 gennaio 2011, n. 227; id., IV, 24 aprile 2009, n. 2615), anzitutto, lo scioglimento dell’organo elettivo costituisce una misura di carattere straordinario, poiché sacrifica il principio della democrazia rappresentativa a superiori ragioni di ordine pubblico, che devono comunque prevalere entro precisi limiti spaziali e temporali.
4.2.2. Il relativo provvedimento ha funzione di prevenzione, particolare e generale: non esige comunque né la prova della commissione di reati da parte degli amministratori né che i collegamenti tra l’Amministrazione e le organizzazioni criminali siano pienamente provati, essendo sufficiente, invece, un’articolata serie d’indizi sul collegamento, ovvero sull’influenza tra l’Amministrazione e i sodalizi criminali, restando comunque determinanti, da un lato, l’accertata o notoria diffusione della criminalità organizzata sul territorio interessato e, dall’altro, le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale.
4.2.3. Deve dunque emergere dagli elementi raccolti, con ragionevole attendibilità, “un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi amministrativi, tale da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, aspetto quest’ultimo che riveste carattere essenziale ai fini dell’adozione della misura di scioglimento dell’organo rappresentativo della comunità locale” (C.d.S., III, 126/13 cit.).
4.2.4. In tal senso sono idonee anche quelle situazioni che non rivelino, né lascino presumere l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata (giacché, in tal caso, sussisterebbero i presupposti per l’avvio dell’azione penale o, almeno, per l’applicazione delle misure di prevenzione a carico degli amministratori).
La scelta del legislatore è stata nel senso di non subordinare lo scioglimento del consiglio comunale né a tali circostanze, né al compimento di specifiche illegittimità (così C.d.S., VI, 13 maggio 2010, n. 2957): non è cioè necessario che la volontà dei singoli amministratori sia coartata con la violenza, giacché il condizionamento, idoneo a determinare lo scioglimento dell’organo consiliare, può essere anche frutto di spontanea adesione culturale o di timore o di esigenza di quieto vivere, risultando, in tutti tali casi, l’attività amministrativa deviata dai suoi canoni costitutivi per essere rivolta a soddisfare interessi propri della criminalità organizzata (C.d.S., VI, 5 ottobre 2006, n. 5948).
4.2.5. Ampia è certamente la discrezionalità dell’Autorità statale, nel riconoscere e valutare gli indizi rilevanti: fermo che, all’illegittimità di atti riconducibili all’amministrazione locale, deve aggiungersi un quid pluris, il quale renda attendibili le ipotesi di collusione, così da rendere incompatibile con l’interesse della comunità locale il permanere di quegli organi elettivi, ed insieme opportuno un adeguato periodo, nel quale l’Ente sia amministrato da una struttura tecnica, affatto estranea al territorio amministrato, ed in grado di riorganizzarne la struttura e di promuovere un processo rifondativo, finalizzato al ripristino della legalità.
4.2.6. In ogni caso, la valutazione del giudice, non può essere frammentaria e limitata a singoli accadimenti: egli deve invece considerare nel loro insieme i fatti e gli episodi sintomatici forniti dall’Autorità statale, poiché appunto solo così può essere stabilito se sia ragionevole la ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per la misura di cui si tratta (cfr. C.d.S. 2615/09 cit.; C.d.S. IV, 6 aprile 2005, n. 1573; id., 4 febbraio 2003, n. 562).
5.1. Orbene, ad avviso del Collegio, proprio nel loro complesso, gli elementi prima esposti conducono a respingere il ricorso proposto, confermando così la piena legittimità della decisione assunta.
5.2. Il gravame si sofferma minuziosamente su ciascun accadimento, cercando di dimostrarne l’inconsistenza o, almeno, l’irrilevanza: ma il condizionamento emerge, invece, dal complesso degli elementi, i quali compongono, nel senso indicato dall’Autorità statale, un quadro indiziario ragionevole e credibile a rivelare univocamente la relazione indebita tra le organizzazioni criminali e la sfera pubblica locale.
5.3. Gli indizi coerenti e adeguati riguardano, per vero, tutti i settori dell’Amministrazione comunale di Mongiana: le frequentazioni del sindaco e di molti amministratori, le assunzioni del personale, i contratti, l’edilizia, la gestione amministrativa nel complesso, sono egualmente marcati dall’influenza, diretta o indiretta, ma netta ed incontestabile, dei Pisano – ********, come si legge nei provvedimenti gravati.
5.4. Gli elementi raccolti e richiamati nella relazione prefettizia non possono essere spiegati soltanto da una situazione di emergenza: ché certo questa ad esempio non spiega, in un Ente con grave deficit, la nomina ad personam di una incompetente responsabile di settore, o la creazione di staff in un Comune sotto i mille abitanti, oppure l’introduzione del presidente per un consiglio di dodici membri.
5.5. Né ciò può essere minimizzato, come i ricorrenti vorrebbero, riducendo il tutto agli effetti di rapporti di parentela e conoscenza, tipici delle piccole realtà territoriali, o comunque a meri episodi di malcostume e di sfruttamento della struttura pubblica per favorire gli appartenenti alla propria fazione politica, se non proprio al gruppo familiare di riferimento.
Ciò sarebbe accettabile per qualche isolato episodio, ma una simile conclusione è qui del tutto insufficiente, se si considera – come appropriatamente fa l’Amministrazione resistente – che il territorio di quel Comune, come in generale tutta l’area calabrese di riferimento, risulta infestata e controllata da associazioni criminose: rispetto a queste, per vero, una neutralità non è seriamente immaginabile, come sottintendono le relazioni in esame, e gli accadimenti devono essere necessariamente valutati in tale contesto.
5.6.1. In esso, invero, l’alternativa politica è tra il rifiuto, da una parte, o la compromissione, dal’altra: il primo non impone soltanto di respingere ogni diretto rapporto con la criminalità, ma di rifiutare altresì, per quanto possibile, ogni azione che possa comportare una potenziale interferenza con quella, ed esclude dunque, ad esempio, ogni intervento che non sia improntato all’evidenza pubblica, ovvero ad un impiego meno che rigoroso delle risorse economiche pubbliche.
5.6.2. La compromissione, viceversa, ammette un sistema di privilegi, favori e connivenze, con le consorterie locali, così riconoscendo, anche senza necessariamente condividerlo, il controllo della malavita sulle istituzioni: quest’ultima è la situazione verificatasi a Mongiana, e per tale individuata dall’Autorità qui resistente.
5.6.3 In tale contesto, i contatti pur sporadici (ma certo non occasionali) tra il candidato e poi sindaco ***** e gli esponenti della locale criminalità, rappresentano, anzitutto per i cittadini, un preciso segnale di compenetrazione, come osserva l’Autorità resistente, e basterebbero a giustificare la scelta di procedere allo scioglimento dell’Ente: anche se cioè non fossero stati seguiti da un vasto numero di ulteriori comportamenti, prima descritti.
5.6.4. È vero che ***************, sebbene indagata, non è stata rinviata a giudizio con i ****** e gli ********, ma ciò può escluderne responsabilità penale, ma conferma tuttavia che tra questa e quelli esistevano relazioni personali, indicative di contiguità, e così dei seri indizi di cui parla la legge.
5.6.5. Si può dunque convenire con l’Amministrazione resistente che il primo cittadino “si è avvalso, come documentato da rapporti delle forza di polizia, dell’appoggio elettorale di esponenti delle locali cosche, circostanza che ha comportato riflessi e condizionamenti nell’assegnazione dei ruoli all’interno dell’amministrazione secondo una logica spartitoria, volta a garantire la presenza nelle posizioni di vertice di soggetti vicini, per vincoli di frequentazione e parentele, alle consorterie criminali, come nel caso dell’avvenuta nomina del vice sindaco e del presidente del consiglio comunale”; e logiche clientelari “hanno contraddistinto anche la complessiva gestione del personale, caratterizzata da ripetute irregolarità ed anomalie e comunque da procedure in contrasto con i principi di buon andamento e trasparenza”.
6. Il ricorso va in conclusione respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in rapporto all’attività difensiva effettivamente espletata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di giudizio in favore della Presidenza del consiglio dei ministri, che liquida in € 900,00 (novecento/00) per compensi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio addì 17 luglio 2013

Redazione