Scarcerazione per decorrenza dei termini: l’applicazione, da parte del giudice, di misure cautelari cd. minori esige la domanda esplicita del titolare dell’azione penale (Cass. pen. n. 5656/2013)

Redazione 04/02/13
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RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Catania, con ordinanza del 6-4-2012, dichiarava la perdita di efficacia della misura custodiale massima applicata a N. A. — siccome ritenuto responsabile del reati di cui agli artt. 73 e 74 Dpr 309/90 e condannato alla pena di anni otto di reclusione — e applicava contestualmente allo stesso, ai sensi dell’art. 307 cod. proc. pen., le misure cautelari dell’obbligo di dimora nel comune di residenza e dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria due volte al giorno, tutti i giomi.
2. Contro l’ordinanza suddetta proponeva istanza di riesame il difensore del prevenuto denunziando la nullità del provvedimento per violazione del principio della domanda cautelare, in quanto le misure minori erano state applicate senza la preventiva richiesta del Pubblico Ministero, in violazione dell’art. 291 cod. proc. penale.
Il Tribunale dl Catania, previa qualificazione dell’impugnazione come appello, rigettava il gravame, in quanto sull’istanza di scarcerazione si era espresso negativamente il Pubblico Ministero, chiedendo il rigetto della richiesta.
Nell’opposizione alla scarcerazione per decorrenza dei termini, argomenta il giudice dell’appello, era da ritenere compresa la richiesta, implicita, di misure alternative, ove il Tribunale avesse adottato il provvedimento di scarcerazione richiesto dalla parte privata.
3. Ricorre per Cassazione il difensore di N. A. rilevando che la più recente giurisprudenza si è pronunziata per il principio opposto. Nel senso, cioè, che anche nell’ipotesi di scarcerazione per decorrenza dei termini, l’applicazione, da parte del giudice, di misure cautelari cd. minori esige la domanda esplicita del titolare dell’azione penale. Deduce, pertanto, la violazione di legge consumata dal giudice della cautela.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
Sebbene l’argomento sia stato oggetto di contrastanti pronunce, la giurisprudenza si è ormai evoluta (vedi N. 29593/2011) nel senso di esigere la domanda espressa del Pubblioo Ministero anche per l’applicazione delle misure cautelari cd minori ed anche nell’ipotesi di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare. Tale orientamento va senz’altro condiviso, giacché nella vigente disciplina processuale le misure cautelari (ogni misura cautelare coercitiva o interdittiva) non possono essere disposte dal giudice se non previa richiesta del p.m., tenuto a prospettare al giudice gli elementi sui quali la richiesta, anche di eventuale natura subordinata (misure meno afflittive), si basa, profilandosi come necessaria per ragioni probatorie ovvero socialpreventive.
Con l’ovvia conseguenza che l’omessa previa enunciazione/acquisizione della domanda cautelare del p.m. infirma il provvedimento applicativo della misura cautelare disposto ex officio dal giudice, determinandone la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. b), rilevabile in ogni stato e grado del processo ai sensi dell’art. 179 c.p.p., comma 1.
Pertanto l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio, dichiarandosi cessate le due misure cautelari dell’obbligo di dimora e dell’obbligo di presentazione alla p.g. applicate a N. A.
La cancelleria curerà gli adempimenti informativi previsto dall’art. 626 c.p.p..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Dichiara la cessazione delle misure cautelari in atto. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. penale.
Così deciso il 26/10/2012

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