Sanzioni amministrative pecuniarie e mezzi di tutela

Redazione 12/07/11
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N. 04090/2011 REG.PROV.COLL.

N. 09885/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso r.g.n. 9885/2010, proposto dalla***

contro***

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Marche, Ancona, sezione I, n. 00389/2010, resa tra le parti e concernente il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per irregolarità rispetto ai parametri di profondità massima di scavo in una cava di ghiaia e sabbia.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati.

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Morrovalle appellato.

Visti tutti gli atti e documenti di causa.

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 3 maggio 2011, il Consigliere di Stato ********** ed uditi, per le parti, gli avvocati ********** e *******, quest’ultimo per delega di *********.

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue:

 

FATTO

A) – La Inerti ******** era stata autorizzata dal Comune di Morrovalle alla coltivazione di una cava di ghiaia e sabbia in località Case ******.

In data 6.5.1998, in seguito ad un controllo nella predetta cava, effettuato dal servizio urbanistico del Comune di Morrovalle, venivano rilevate alcune irregolarità rispetto ai parametri di profondità massima di scavo stabiliti nell’autorizzazione.

In data 9.7.1998, a seguito di un successivo sopralluogo del coordinamento provinciale di Macerata del Corpo forestale dello Stato, veniva redatto verbale di accertamento per la violazione dell’art. 20, comma 2, legge reg. n. 71/1997.

Dopo un ulteriore sopralluogo da parte del servizio tutela e risanamento ambientale della Regione Marche, e previo parere espresso dalla Provincia di Macerata, il Comune di Morrovalle notificava alla I-Mar l’ordinanza n. 93 del 20.11.1998, ingiungente l’immediata sospensione della coltivazione della cava, il ripristino delle condizioni di coltivazione indicate nel progetto e negli atti autorizzativi e la presentazione di una variante al progetto per il recepimento della reale profondità della falda acquifera.

Il Comune di Morrovalle, con provvedimento n. 124 del 21.12.1999, ordinava all’originaria ricorrente il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi dell’art. 20, comma 2, legge reg. 1°.12.1997 n. 71, pari a lire 481.581.814, entro e non oltre 30 giorni dalla sua notificazione, per aver estratto mc. 24.457 di inerti in difformità, rispetto agli atti autorizzativi originariamente rilasciati dal Comune, prendendo come valore commerciale di riferimento del materiale scavato quello fornito dalla Camera di commercio di Macerata (prezzo unitario del materiale pari a L. 9.851 al mc.).

In data 20.1.2000 la ditta I-Mar offriva e depositava, presso le casse comunali, la somma di lire 96.372.000, a titolo di oblazione; in data 25.1.2000, proponeva anche ricorso in opposizione ex art. 22, legge n. 689/1981, avverso il provvedimento n. 124 del 21.12.1999, nonché avverso il verbale di accertamento n. 23 del 9.7.1998 del coordinamento provinciale di Macerata ed ogni altro atto presupposto, inerente e consequenziale agli stessi, davanti al Tribunale civile di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche.

Con sentenza n. 204 del 12.07.2000 il Tribunale accoglieva l’opposizione proposta dalla Inerti ******** avverso il provvedimento n. 124/99 del 21.12.1999 del Comune di Morrovalle, nonché avverso il verbale di accertamento n. 23/98, e dichiarava il diritto della ricorrente a procedere ad oblazione, ai sensi dell’art. 16, legge n. 689/1981, e dell’art. 9, legge reg. n. 33/1998, dichiarando, altresì che la I-Mar aveva già provveduto al pagamento in misura ridotta, annullando, quindi, il provvedimento n. 124/1999 nella parte ordinante alla I-Mar il pagamento della citata sanzione pecuniaria.

Il Comune di Morrovalle proponeva ricorso per Cassazione per l’annullamento e/o la riforma della sentenza, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore di quello amministrativo, e deducendo la violazione dei princìpi in tema di riparto della giurisdizione e dell’art. 34, d.lgs. n. 80/1998, come modificato dall’art. 7, legge n. 205/2000.

La I-Mar resisteva al ricorso, proponendone pure uno incidentale.

La Cassazione civile, a sezione unite, con sent. n. 7374/2004, senza entrare nel merito, cassava senza rinvio la sentenza impugnata, dichiarando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in applicazione dell’art. 34, d.lgs. n. 80/1998, modificato dalla legge n. 205/2000 e pur di non ancora consolidata interpretazione.

B) – La I-Mar, di conseguenza, presentava ricorso al T.a.r. Marche, chiedendo, in via principale, l’annullamento del verbale dl accertamento n. 23 del 09.7.1998 e, conseguentemente, del provvedimento n. 124 del 9.7.2008; in via subordinata, l’accertamento del diritto della Inerti ******** al pagamento di entità ridotta, rispetto a quella ordinata nel provvedimento n. 124 del 21.12.1999, nonché la dichiarazione che l’ammontare della somma versata dalla Inerti ******** in data 20.1.2000, pari a lire 96.371000, corrispondeva al quantum effettivo da versare a titolo di pagamento in misura ridotta (c.d. oblazione) e, dato atto dell’effettuato pagamento, la dichiarazione di avvenuta oblazione, con annullamento, revoca o modificazione del provvedimento n. 124 del 21.12.1999, nella parte ingiungente alla ditta I-Mar, ai sensi dell’art. 20, comma 2, legge 1.12.1997 n. 71, il pagamento della sanzione amministrativa di lire 481.851.814 entro e non oltre giorni 30 dalla notificazione del medesimo.

Essa deduceva vizi di violazione degli artt. 13, 14, 16, 17 e 18, legge 24.11.1981 n. 689; degli artt 6, 7, 9, 10, 11, 12, 13, 15, 16 e 25, legge reg. 10/08/ 1998 n. 33; della legge n. 241/1990; dell’art. 20, comma 2, legge reg. 1.12.1997 n. 71; infine, dell’art. 97, Cost..

Si costituiva in giudizio il Comune di Morrovalle, eccependo l’improcedidibilità, l’inammissibiltà e l’infondatezza del ricorso.

Con motivi aggiunti del 13.3.2006, l’originaria ricorrente impugnava la cartella di pagamento n. 08020050 emessa dalla Sorit, concessionaria del servizio di riscossione per la provincia di Perugia, ingiungente il pagamento di euro 199.083,71.

Veniva accolta l’eccezione d’improcedibilità del ricorso dedotta dal Comune di Morrovalle, risultando invece inammissibili i dedotti motivi aggiunti, con sentenza, poi, prontamente impugnata dalla Inerti ********, che deduceva varie forme di errore di giudizio, violazione di legge ed eccesso di potere, mentre il Comune di Morrovalle si costituiva in giudizio e resisteva all’appello, difendendo la gravata pronuncia, l’istanza di sospensione cautelare dei cui effetti veniva accolta ai fini della fissazione della pubblica udienza.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e va respinto, dovendosi condividere quanto sostenuto dai primi giudici nella loro gravata pronuncia, per le ragioni che il collegio riassume come di seguito.

I) – Correttamente veniva accolta l’eccezione d’improcedibilità del ricorso dedotta dal Comune di Morrovalle, relativa alla ritardata riassunzione del medesimo, poiché la Corte costituzionale, con sentenza 77/2007, aveva sancito il principio della c.d. translatio iudicii, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 30, legge n. 1034/1971, nella parte contemplante che, quando un giudice dichiari il proprio difetto di giurisdizione, debba anche indicare quello dotato della stessa, dinanzi al quale far valere gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda originariamente proposta, con esplicita esclusione della possibilità di applicare l’art. 50, c.p.c., al processo amministrativo, ritenendo riservata alla discrezionalità del legislatore ordinario l’individuazione della disciplina della riassunzione.

Nonostante ciò, il Consiglio di Stato aveva, in seguito, costantemente ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 50, c.p.c., fissante in sei mesi il periodo di tempo necessario per la riassunzione dinanzi al giudice competente, pena la decadenza, e successivamente il legislatore aveva disciplinato la materia con l’art. 59, legge 18.6.2009 n. 69, stabilendo il termine di 3 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.

II) – Nel caso di riassunzione della controversia dinanzi ad un altro giudice, per regolamento di giurisdizione o sentenza pronunciata sulla giurisdizione, il richiamo agli artt. 50 e 367, comma 2, c.p.c., costituisce giurisprudenza pacifica (cfr. C.S., sezione VI, n. 3829/2009), applicata dalla giurisprudenza civile per fondarvi la translatio judicii, quando la causa debba transitare davanti ad un giudice diverso per motivi di giurisdizione (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. n. 4109/2007).

E la giurisprudenza amministrativa ha applicato l’art. 50, c.p.c., affermando il difetto della propria giurisdizione, indicando alle parti la diversa magistratura avente giurisdizione nella specie e fissando in sei mesi il termine per la riassunzione della causa davanti a tale giudice, onde evitare l’inconveniente di un’azione sospesa a tempo indeterminato e, dunque, nella più assoluta disponibilità di una delle parti, per cui l’art. 50, c.p.c., dettato in materia di competenza, stabilisce che deve essere il medesimo giudice declinante la stessa a fissare il termine della riassunzione, puntualizzando che, in mancanza, il termine sarà quello di sei mesi decorrenti dalla comunicazione della sentenza, nel rispetto di un termine comunque ragionevole.

Nel caso in esame, però, le sezioni unite civili della Cassazione, con la sentenza n. 7377/2004, avevano riconosciuto la giurisdizione del giudice amministrativo, con una pronuncia precedente alla citata sentenza della Consulta n. 77/2007.

III) – Altra giurisprudenza aveva ritenuto che il termine perentorio di sei mesi si applicasse anche nel caso di trasmigrazione del processo dal giudice ordinario a quello amministrativo, per le controversie in materia di diritti soggettivi, atteso che, qualora la materia del contendere fosse costituita da interessi legittimi, si sarebbero dovuti applicare gli artt. 21 e 35, legge 6.12.1971 n. 1034 (nella formulazione precedente alla riforma del 2000), con i 60 giorni previsti dalla norma decorrenti dalla data in cui l’interessato avesse avuto formale notizia della pronuncia della Corte suprema, o, in difetto, entro l’anno dalla pubblicazione della stessa.

La giurisprudenza ampiamente prevalente, comunque, in mancanza di un termine fissato espressamente dalla legge, si è attestata sul termine di cui agli artt. 50 e 367, c.p.c., senza fare differenza tra controversie inerenti a diritti soggettivi o interessi legittimi, il che veniva condivisibilmente ritenuto ed applicato nella specie dai primi giudici, non avendo la I-Mar contestato in alcun modo l’avvenuta comunicazione della sentenza né la circostanza che fossero trascorsi più di sei mesi dalla comunicazione della stessa al momento della riassunzione: la comunicazione del deposito della sentenza era stata effettuata dalla Cassazione con biglietto di cancelleria del 19.4.2004 e dagli atti non risultava quando la Inerti ******** l’avesse ricevuta, ma la data non avrebbe potuto essere spostata oltre il 29.9.2004, data in cui risultava rilasciata copia della sentenza al procuratore della Inerti ********, avvocato D’******.

In tutti i casi, il termine di sei mesi, previsto dalla normativa, risultava da lungo tempo scaduto, per un ricorso presentato per la notificazione in data 21.6.2005 e depositato in data 30.6.2005, quindi dopo circa 9 mesi dal rilascio della copia della sentenza: donde l’inattendibile tesi che il vuoto normativo in materia avrebbe lasciato tutto alla discrezione della parte, neppure condividendosi l’orientamento risalente del Consiglio di Stato per cui il processo amministrativo, dopo la sentenza della Cassazione sulla giurisdizione, avrebbe potuto proseguire mediante istanza di fissazione di udienza da presentarsi entro il termine biennale di perenzione (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 558/1988), data la troppo lunga pausa di riflessione lasciata alla parte interessata, incompatibile con l’esigenza che i processi si svolgano celermente e senza pause eccessive, per evitarne l’irragionevole durata.

Nel caso in esame, il mancato rispetto del termine di cui sopra permetteva di non verificare quello dei requisiti formali della riassunzione, in rapporto ad un ricorso palesemente irricevibile.

IV) – I motivi aggiunti risultavano, invece, inammissibili, dato che avverso la cartella esattoriale o l’avviso di mora, emessi per riscuotere sanzioni amministrative pecuniarie, sono possibili: 1) l’opposizione ex art. 23, legge n. 689/1981, esperibile nei casi in cui la cartella esattoriale, mediante preventiva iscrizione al ruolo, sia stata emessa senza la previa notificazione dell’ordinanza-ingiunzione o del verbale di accertamento, onde consentire all’interessato di recuperare l’esercizio del mezzo di tutela, previsto da detta legge riguardo agli atti sanzionatori, come quando l’opponente contesti il contenuto del verbale, da lui conosciuto per la prima volta al momento della notificazione della cartella; 2) l’opposizione all’esecuzione ex art. 615, c.p.c.., qualora si contesti la legittimità dell’iscrizione a ruolo per mancanza di un titolo legittimante la stessa o si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, per cui, ove il rimedio risulti esperito prima dell’inizio dell’esecuzione, il giudice competente ex art. 615, comma 1, c.p.c., sarà quello ritenuto idoneo dal legislatore a conoscere della sanzione, ovvero quello stesso indicato dalla legge come competente per l’opposizione alla sanzione; c) l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617, c.p.c., attivabile (nei cinque giorni dalla notificazione della cartella) ove si contesti la ritualità formale della cartella esattoriale o si censurino vizi di forma del procedimento esecutivo esattoriale, ivi compresi quelli strettamente attinenti alla notificazione della cartella e quelli riguardanti i successivi avvisi di mora (cfr. Cass. civ., sezione II, sent. n. 4139/2010).

V) – Nella specie, il ricorso per motivi aggiunti si focalizzava sull’illegittimità dell’ordinanza-ingiunzione precedentemente impugnata, con il ricorso introduttivo, dichiarato irricevibile per ritardata riassunzione, per cui non vi erano motivi d’impugnazione autonomi relativi alla cartella esattoriale: donde la sua inammissibilità per difetto di giurisdizione amministrativa (sussistendo quella civile), dovuto alla tardività del ricorso introduttivo, dovendo essere considerato, a tutti gli effetti, autonomo ricorso principale, in rapporto all’art. 22-bis, legge n. 689/1981, secondo cui sono escluse dalla giurisdizione amministrativa tutte le controversie aventi ad oggetto le opposizioni a sanzioni amministrative, in cui la situazione giuridica soggettiva di chi si asserisca sanzionato, in casi o modi illegali, abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. n. 15222/2006).

Per i soli motivi aggiunti, l’accertato difetto di giurisdizione comportava l’applicazione della translatio iudicii, in forza del quale, conservati gli effetti sostanziali e processuali dell’originaria domanda, il giudizio avrebbe potuto proseguire davanti al giudice ordinario, previa riassunzione nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza del T.a.r. Marche, ex art. 59, legge n. 69/2009 (l’azione risultava già riproposta, per inciso, dinanzi al competente giudice ordinario).

Conclusivamente, l’appello va respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza e spese ed onorari del secondo grado di giudizio interamente compensati, per giusti motivi, tra le parti ivi costituite, tenuto anche conto del loro reciproco comportamento processuale e della natura della vertenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, respinge l’appello r.g.n. 9885/2010 e compensa integralmente spese ed onorari del secondo grado di giudizio tra le parti costituitevi.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2011, con l’intervento dei giudici:

*******************, Presidente

**********, ***********, Estensore

**************, Consigliere

Adolfo Metro, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/07/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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