Sanzionato per dichiarazione mendace il contribuente che chiede l’agevolazione prima casa per un immobile di lusso (Cass. n. 15959/2013)

Redazione 25/06/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. M. B. ricorre contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, confermando la pronuncia di primo grado, ha respinto il ricorso del contribuente avverso un avviso di liquidazione di imposta e di irrogazione delle sanzioni notificato il 13.9.07, con il quale l’Ufficio aveva revocato le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa godute dal contribuente su un contratto di acquisto di un appartamento registrato il 12.3.03, riliquidando conseguentemente le imposte di registro, ipotecarie e catastali ed irrogando le connesse sanzioni.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
All’esito del deposito della relazione ex art. 380 bis cpc, comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti, la causa è stata discussa nella camera di consiglio del 14.2-13 e quindi rimessa alla pubblica udienza del 17.4.13, in cui compariva solo il difensore del ricorrente ed il Procuratore ******** concludeva per il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso si fonda su due motivi.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge (art. 11 l. 289/02, art. 76 d.PR 131/86, artt. 1, 2 e 3 l. 212/00) e la insufficienza di motivazione in cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa negando che l’Ufficio fosse decaduto dall’azione impositiva sull’assunto che il termine triennale di cui all’articolo 76, secondo comma, DPR 131/86 sarebbe stato prorogato di due anni ai sensi dell’articolo 11 l. 289/02; in proposito il ricorrente afferma che detto articolo prevede una proroga del termine per le rettifiche e riliquidazioni solo per le ipotesi contemplate nel comma 1 (rideterminazione del valore dei beni a cui si commisura l’imposta) e non per l’ ipotesi, in cui rientra il caso in esame, contemplata nel comma 1 bis (violazioni relative all’applicazione di agevolazioni). Il motivo è infondato, perché la tesi della Commissione Tributaria Regionale è conforme all’insegnamento di questa Corte secondo cui “La proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli immobili, prevista dall’art. 11, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in caso di mancata presentazione o inefficacia dell’istanza di condono quanto ai valori dichiarati o agli incrementi di valore assoggettabili a procedimento di valutazione, è applicabile anche all’ipotesi di cui al comma 1-bis, riguardante la definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte, in quanto, nell’uno e nell’altro caso, l’Ufficio è chiamato a valutare l’efficacia dell’istanza di definizione, cosicché, trattandosi delle medesime imposte, sarebbe incongrua l’interpretazione che riconoscesse solo nella prima ipotesi la proroga dei termini per la rettifica e la liquidazione del dovuto.”; così Cass. 12069/10; nello stesso senso, Cass. 24575/10 e, in precedenza, Cass. 4321/09; tale indirizzo è attualmente del tutto consolidato, cosi da potersi considerare diritto vivente: cfr. ordd. 1643/13 (in cui si esclude espressamente che l’applicazione della proroga nelle ipotesi di violazione della normativa sulle agevolazioni tributarie contrasti con lo Statuto del contribuente), 2229/13, 3023/13, 9072/12 ed altre.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge (art. 1, comma 5, nota II bis della Tariffa allegata al DPR 131/86) e la insufficienza di motivazione in cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa ritenendo applicabile la sanzione prevista dalla legge per le dichiarazioni mendaci ancorché il contribuente non avesse fatto alcuna dichiarazione – né la legge richiedesse alcuna dichiarazione – in ordine alla sussistenza della condizione oggettiva (trattarsi di abitazione non di lusso) necessaria per godere dell’agevolazione fiscale. Argomenta al riguardo il ricorrente che la nota Il bis all’articolo I della Parte Prima della Tariffa allegata al DPR 131/86 collega il beneficio fiscale alla mera sussistenza del requisito oggettivo che l’immobile trasferito abbia caratteristiche non di lusso, senza prevedere alcuna dichiarazione al riguardo da parte del contribuente; cosicché tale disposizione sarebbe stata violata dalla statuizione con la quale la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto sanzionabile il contribuente per una “dichiarazione mendace, ancorché omissiva, consistente nel non aver dichiarato le caratteristiche non di lusso dell’immobile”. Anche il secondo motivo è infondato, perché la tesi del giudice di merito è conforme all’insegnamento di questa Corte, secondo cui la disposizione dettata nel comma 4 della nota II bis all’articolo 1 della Parte Prima della Tariffa allegata al DPR 131/86 (“in caso di dichiarazione mendace, ….. sono dovute le imposte di registro ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una soprattassa pari al 30% delle stesse imposte”), applicabile anche in materia di IVA per il richiamo dell’articolo 21 della Parte Seconda della Tabella A allegata al DPR 633/72, “regola tutte le ipotesi di accertata non spettanza del beneficio fiscale (sia che si tratti di Imposta sul Valore Aggiunto che di imposta di registro) perché per “dichiarazione mendace” deve intendersi ogni e qualsiasi richiesta di fruizione del beneficio in difetto delle condizioni, soggettive ed oggettive, previste dalla Legge. in particolare (anche quanto all’IVA) va evidenziato che l’applicazione dell’aliquota ridotta non costituisce affatto un obbligo del venditore (né, tanto meno, dell’Ufficio) ma (solo) un diritto soggettivo dell’acquirente, la cui fruizione è subordinata soltanto alla manifestazione (espressa nell’atto di acquisto) della sua volontà di fruire di quella riduzione: tale richiesta, pertanto, suppone necessariamente la “dichiarazione” dell’acquirente (contribuente) della sussistenza di tutte le condizioni contemplate dalla specifiche norme per godere dell’agevolazione.” (sentenze 26259/10, 10807/12).
La richiesta di fruizione del beneficio, in altri termini, costituisce essa stessa implicita dichiarazione della sussistenza, nella specie, delle condizioni a cui la legge ricollega il diritto al beneficio fiscale; cosicché, ove tali condizioni in effetti non sussistano, la stessa richiesta di fruizione deve considerarsi dichiarazione mendace, sanzionabile ai sensi del comma 4 della nota II bis all’articolo 1 della Parte Prima della Tariffa allegata al DPR 131/86.
Il ricorso va quindi respinto.
Appare equo compensare le spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 17 aprile 2013.

Redazione