Ritardata assunzione in servizio conseguente ad un comportamento della p.a. dichiarato definitivamente illegittimo e risarcimento del danno (Cons. Stato n. 1692/2013)

Redazione 26/03/13
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FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante, dott. P., nel 1986 aveva partecipato al concorso per posti di assistente di chirurgia generale presso l’Azienda ospedaliera *********** di Genova, risultando idoneo non vincitore (graduatoria approvata con deliberazione n. 2482/1987).

Successivamente l’Azienda aveva proceduto ad assumere su nuovi posti resisi vacanti quando era ancora efficace la predetta graduatoria, utilizzando però due graduatorie successive.

Il dott. P. ha ottenuto l’annullamento del diniego di assunzione, essendo stato riconosciuto il principio dell’utilizzazione prioritaria della graduatoria più antica (Cons. Stato, V, n. 5636/2004, in riforma di TAR Liguria, n. 125/1997; la sentenza d’appello dichiarava tuttavia inammissibile, «perché formulata per la prima volta in appello, e perché dedotta in termini generici e senza indicazione dei necessari presupposti», la domanda di risarcimento del danno).

2. Con deliberazione del direttore generale n. 3325/2004, l’Azienda gli ha ricostruito la carriera, mediante riconoscimento del servizio dal 20/10/1988 al 25/2/1993, ma solo ai fini giuridici.

Per ottenere la reintegrazione degli effetti economici, ha instaurato giudizio di ottemperanza, nelle more del quale l’Azienda ha peraltro corrisposto le competenze arretrate (ma ciò, sottolinea l’Azienda stessa, al solo fine di evitare la decorrenza di ulteriori somme quali accessori del credito).

Il giudizio di ottemperanza si concludeva negativamente, affermando questo Consiglio (V, n. 6403/2006) che il diritto alle retribuzioni non godute spetta soltanto nelle ipotesi di illegittima interruzione di un rapporto già in atto, mentre, se il rapporto non si è ancora costituito, è ammessa soltanto la ricostruzione ai fini giuridici, salva restando l’esperibilità della tutela risarcitoria.

L’Azienda ha chiesto la restituzione delle somme erogate.

3. Con ricorso al giudice del lavoro, P. ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni conseguenti (omesse retribuzioni, perdita di chance – in quanto era stato comunque assunto, ma solo nel 1993 – spese giudiziarie sostenute, danno esistenziale, etc.).

Il Tribunale di Genova, in funzione di giudice del lavoro, ha declinato la giurisdizione (V, n. 322/2007).

4. P. si è quindi rivolto al TAR Liguria, chiedendo i danni consequenziali al giudicato formatosi sulla succitata sentenza n. 5636/2004.

Con motivi aggiunti ha impugnato la nota prot. 29830 in data 22 maggio 2007, con cui nel frattempo l’Azienda aveva disposto il recupero delle somme erogate (a fronte della ricostruzione della carriera).

Con la sentenza qui appellata (II, n. 1807/2008), il TAR Liguria ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto non proposto entro il termine di decadenza del 15 settembre 2000, ex art. 69, comma 7, d.lgs. 165/2001 (e già ex art. 45, comma 17, del d.lgs. 80/1998).

5. Nell’appello, il dott. P. ribadisce (con analitica indicazione delle voci di danno) le suindicate pretese risarcitorie, lamentando che, prima del passaggio in giudicato della sentenza n. 5336/2004, non aveva alcun titolo per attivare un’azione risarcitoria, e prima della deliberazione n. 3325/2004 non esisteva alcun rapporto di lavoro, quindi:

— o l’articolo 69, comma 7, del d.lgs. 165/2001 si interpreta nel senso che, essendo il diritto nato successivamente al 15 settembre 2000, non si è verificata alcuna decadenza e anche la decorrenza del termine prescrizionale va collegata al predetto giudicato, in modo da consentirgli di ottenere una tutela risarcitoria;

— oppure, deve rilevarsi una lacuna nell’ordinamento, tale da doversi colmare mediante un giudizio di legittimità costituzionale per violazione, da parte dell’art. 69, comma 7, degli artt. 3 e 24 Cost.

6. L’Azienda si è costituita in giudizio e controdeduce, sottolineando che:

– la giurisdizione sulle pretese risarcitorie è del giudice amministrativo, in quanto deve essere determinata in base alla natura del rapporto da cui deriverebbero gli asseriti danni ed alla collocazione dei fatti, tutti antecedenti al 1 luglio 1998;

– le domande (proposte in primo grado con i motivi aggiunti) di annullamento dei provvedimenti di ripetizione rientrano invece nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto si tratta di gestione contabile del rapporto di pubblico impiego relativo a fatti (i pagamenti) del 2005 e 2006.

7. Non sembra dubitabile (e, del resto, non è motivo di appello) che la controversia rientri interamente nella giurisdizione del giudice amministrativo, posto che l’art. 69, comma 7, del d.lgs. 165/2001 – secondo cui «sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all’art. 63 del presente decreto, relative alle questioni attinenti al periodo di lavoro successivo al 30 giugno 1998», mentre «le controversie relative a questioni attinenti al periodo di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000» – precisa il discrimine temporale tra le giurisdizioni con riferimento non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste alla base della pretesa avanzata (cfr., da ultimo, Cass. civ., SSUU, 29 maggio 2012, nn. 8519 e 8520; 25 ottobre 2010, n. 21802).

Ciò precisato, nel merito il Collegio non condivide il presupposto dal quale sembra partire la prospettazione dell’appellante, cioè che prima del giudicato a lui favorevole, della sua esecuzione e dell’entrata in vigore dell’art. 69, comma 7, citato, non esistesse alcun diritto risarcibile in conseguenza della mancata assunzione.

E’ stato affermato che, nel caso di ritardata assunzione in servizio conseguente ad un comportamento della p.a. dichiarato definitivamente illegittimo con sentenza passata in giudicato, la controversia instaurata dall’impiegato assunto in servizio con effetto retroattivo ai soli fini giuridici e non anche economici ed avente ad oggetto la pretesa ad una somma equivalente alle retribuzioni non percepite, a titolo di risarcimento del danno, appartiene alla giurisdizione amministrativa esclusiva, atteso che la causa petendi si collega pur sempre, e non occasionalmente, al pubblico impiego, il che esclude la configurabilità di un diritto patrimoniale consequenziale (cfr. Cons. Stato, 10 maggio 2010, n. 2750, che cita Cass. civ. SS.UU. 10 maggio 1996, n. 4396 e 7 maggio 1991, n. 5432 – ).

L’appellante avrebbe pertanto potuto, oltre a chiedere l’annullamento degli atti di utilizzazione delle diverse graduatorie, in quanto comportanti la sua non assunzione, chiedere contestualmente, o comunque tempestivamente, al TAR anche il risarcimento dei danni per il periodo trascorso dall’indebita assunzione di altri soggetti.

Non l’ha fatto a suo tempo, e non poteva più farlo dopo il termine del 15 settembre 2000, previsto dall’art. 45, comma 17, del d.lgs. 80/1998, e poi dall’art. 69, comma 7, citato, trattandosi (la giurisprudenza, sul punto, è da tempo consolidata: cfr. Cons. Stato, A.P., 21 febbraio 2007, n. 4; III, 7 maggio 2012, n. 2619; V, 11 novembre 2011, n. 5061 e 18 gennaio 2011, n. 309; IV, 22 marzo 2011, n. 1753) di termine che non ha natura processuale, ma rappresenta un termine di decadenza sostanziale per la proponibilità della domanda giudiziale, il cui infruttuoso decorso comporta l’estinzione del diritto. D’altro canto, come ha sottolineato anche la sentenza appellata, la Corte Costituzionale ha più volte affermato che la previsione del predetto termine perentorio non è incostituzionale, risultando ispirata a coerenti esigenze organizzative connesse al trapasso da una giurisdizione all’altra (cfr. Corte Cost., ordd. nn. 214/2004, 213/2005, 382/2005 e 197/2006).

8. L’appello deve pertanto essere respinto.

9. Considerati la natura della controversia ed il tempo trascorso, sembra equo disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013

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