Risarcimento riconosciuto inferiore a quello richiesto: compensazione delle spese processuali (Cass. n. 134/2013)

Redazione 04/01/13
Scarica PDF Stampa

Ordinanza

Ritenuto

che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli artt. 376 e 360-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione;
che la relazione, per la parte relativa allo svolgimento del fatto, ha il seguente contenuto:
<<1. La domanda di risarcimento dei danni conseguenti a sinistro stradale, proposta da C., veniva accolta dal Tribunale, che condannava in solido il M. e l’assicurazione al pagamento di oltre 102 mila euro, a titolo di danno biologico, in relazione all’inabilità temporanea e permanente (35%), di danno morale, di danno materiale al veicolo, di rimborso spese e compensava parzialmente le spese processuali.
La Corte di appello di Roma rigettava l’appello incidentale del C. volto ad ottenere: a) un maggiore risarcimento attraverso la censura della mancata liquidazione: del danno biologico dinamico o esistenziale, del carattere permanente del danno morale, del danno patrimoniale rispetto ad una progettata iniziativa imprenditoriale; b) la riforma della statuizione sulle spese.
La Corte, inoltre, accoglieva l’appello principale dall’Assicurazione, volto ad ottenere la detrazione dal quantum liquidato in conto capitale e corrisposto in esito alla sentenza a dell’importo versato all’attore nel corso del giudizio di primo grado (euro 57 mila) e la regolazione degli interessi.
Quindi, condannava il C. al pagamento delle spese processuali del grado (sentenza del 14 maggio 2010).
2. Avverso la suddetta sentenza, C. propone ricorso per cassazione con tre motivi.
L’assicurazione resiste con controricorso, deducendone l’inammissibilità oltre che l’infondatezza.
M. M. ritualmente intimato, non svolge difese.
E’ applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, n. 69.

Proposta di decisione

1. Con il primo motivo si denuncia omessa e/o insufficiente motivazione — rispetto alla parte della sentenza che ha confermato la quantificazione del danno effettuata in primo grado — deducendo l’appiattimento sui risultati della consulenza tecnica e l’omesso esame di prove documentali in atti, quali cartelle cliniche, certificazioni mediche, relazioni del consulente di parte.
1.1. Il motivo è inammissibile per il mancato rispetto dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.
Le censure alla decisione impugnata restano del tutto generiche, stante il richiamo indistinto dei documenti non esaminati, senza la precisa indicazione degli stessi, attraverso la specificazione della sede processuale in cui risultino prodotti e siano rinvenibili, e senza l’eventuale riproduzione delle parti rilevanti. Né ad integrare tale requisito vale il richiamo, in alcune pagine del ricorso 6, 7, S e 9), a corrispondenti pagine della relazione del consulente,attesa l’indeterminatezza, nello stesso contesto, dei documenti non presi in considerazione dal giudice (e sembrerebbe neanche dal consulente) da contrapporre alle valutazioni del consulente.
Da ciò l’impossibilità per la Corte di valutare la decisività delle censure.
1.1.1. Nello stesso motivo, inoltre, per alcuni aspetti, si chiede alla Corte, inammissibilmente, di rivalutare in senso favorevole al ricorrente le risultanze istruttorie già valutate dal giudice di merito, come nel caso della certificazione della ottenuta autorizzazione ad esercitare l’attività imprenditoriale programmata, ai fini del riconoscimento del danno patrimoniale da lucro cessante.
2. Con il secondo motivo, deducendo violazione degli artt. 1223, 1226, 1227, 2056 e 2059 cod. civ., oltre a vizi motivazionali, si lamenta il discostamento della sentenza dai parametri di liquidazione del danno, con particolare riferimento alle tabelle adottate dal Tribunale di Milano.
2.1. ll motivo è inammissibile.
In tale direzione rileva, in primo luogo, la genericità del richiamo ai parametri tabellari, senza alcun collegamento con quelli utilizzati dal giudice di primo grado, confermati in appello.
Quanto poi, al richiamo di Cass. 7 giugno 2011, n. 12408, il motivo è inammissibile proprio alla luce della stessa sentenza.
Tale decisione, secondo cui, quando nella liquidazione del danno biologico manchino criteri stabiliti dalla legge, il criterio di liquidazione cui i giudici di merito devono attenersi, al fine di garantire l’uniformità di trattamento, è quello predisposto dal Tribunale di Milano, in quanto ampiamente diffuso sul territorio nazionale, salvo circostanze in concreto idonee a giustificarne l’abbandono – si è fatta carico di problemi che, con termine efficace, ma atecnico, si potrebbero qualificare, di <<diritto intertemporale>> e che, propriamente, attengono al profilo della novità della questione. In proposito, la sentenza richiamata ha affermato che, quanto alle sentenze di merito che (come nella specie) sono state depositate prima della suddetta pronuncia, nelle quali il giudice abbia liquidato il danno biologico adottando criteri diversi, tale difformità può essere fatta valere in sede di legittimità solo a condizione che
la questione sia stata posta nel giudizio di merito.
Nella specie, la mancanza di tale condizione, che i ricorrenti neppure allegano,rende inammissibile il profilo esaminato, proprio per la novità della questione prospettata.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e difetti di motivazione in riferimento: a) alla parziale compensazione delle spese di primo grado; b) alla condanna alle spese del secondo grado.
Entrambi i profilo sono infondati
3.1. Rispetto al primo profilo, rileva l’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., secondo il quale — nella formulazione originaria e in quella successiva alla novella, con la legge 28 dicembre 2005, n. 263, e con legge 18 giugno 2009, n. 69 — quando sussiste <<soccombenza reciproca>> il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.
Di recente la Corte ne ha esteso la portata, affermando il principio che <<La nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.), sottende – anche in relazione al principio di causalità — una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo.>> (Cass. 21 ottobre 2009, n.22381).
Nella specie, la parziale soccombenza trovava giustificazione, come ha ribadito il giudice di appello, nella diversità notevole di importo tra il risarcimento chiesto e quello riconosciuto in primo grado.
3.2. Rispetto al secondo profilo, la condanna del C. trova fondamento nel principio della soccombenza, essendo stato rigettato il proprio appello incidentale ed essendo stato integralmente accolto l’appello principale dell’Assicurazione.
4. In conclusione, il ricorso va rigettato.>>;
che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Considerato

che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto della relazione;
che le parti non hanno mosso rilievi;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza nei confronti della Assicurazione controricorrente;
che, non avendo l’altro intimato svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Z. Assicurazioni Spa, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile il 5 dicembre 2012.

Redazione