Ricorso dichiarato inammissibile per mancanza del requisito della specificità dei motivi (Cass. pen., n. 33377/2013)

Redazione 01/08/13
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RITENUTO IN FATTO

C.V. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata della Corte di appello di Messina di conferma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Barcellona P.G. – sezione distaccata di Lipari – il 21.09.2012 in ordine al delitto di cui all’art. 110 c.p. e all’art. 349 c.p., comma 2.

Con un primo motivo si denuncia carenza motivazione per non avere la Corte del merito dato conto degli specifici motivi di impugnazione.

Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge con riferimento agli artt. 133 e 163 cod. pen. non avendo la Corte distrettuale esaminata la richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, sebbene la stessa fosse stata avanzata sia innanzi al Tribunale che in appello in sede di discussione.

Con il terzo motivo si deduce la “maturanda” prescrizione per il delitto di cui all’art. 349 cod. pen..

RITENUTO IN DIRITTO

I motivi esposti sono manifestamente infondati sicchè il ricorso va dichiarato inammissibile.

Quanto al primo, sebbene il ricorrente si dilunghi nell’esporre l’ipotesi di carenza di motivazione prevista dall’art. 606 c.p.p., lett. e) con riferimento all’art. 125 c.p.p., nulla dice in ordine a quale aspetto delle censure, poste a base del gravame di merito, la Corte avrebbe omesso di motivare, e, dunque il motivo è inammissibile ai sensi art. 591 c.p.p., comma 1, lett. e), perchè privo dl requisito della specificità, consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata, essendosi fatto ricorso a formule di stile con richiamo alla giurisprudenza di questa Corte.

Si rammenta che il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (cfr. ex plurimis Cass. 5, 21 aprile 1999, *****, RV 213812; Cass. 6, 1 dicembre 1993, p.m. in e. ********, RV 197180;Cass. 4, 1 aprile 2004, Distante, RV 228586).

Quanto al secondo motivo esso è inammissibile essendo stato proposto per la prima volta in questa sede di legittimità. Invero è lo stesso ricorrente ad affermare in ricorso che la richiesta della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, venne avanzata in sede di discussione innanzi alla Corte d’appello, facendo così intendere che non era stata formulata alcuna censura avverso il diniego del beneficio da parte del Tribunale.

Da ultimo, l’inammissibilità del terzo motivo è di tutta evidenza atteso che applicando, ovviamente, la nuova disciplina sulla prescrizione introdotta dalla L. n. 251 del 2005, e, tenuto conto del tempus commissi delicti ((omissis)), il termine previsto dal novellato art. 157 cod. pen. verrà a scadere il 4 agosto 2013.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, nella Udienza pubblica, il 30 luglio 2013.

Redazione