Richiesta rinnovo permesso di soggiorno a titolo di “iscrizione nelle liste di collocamento” (Cons. Stato n. 3307/2012)

Redazione 05/06/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, cittadino marocchino presente in Italia con un permesso di soggiorno originariamente rilasciato per lavoro subordinato, il 27 maggio 2002 ha presentato domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, questa volta a titolo di “iscrizione nelle liste di collocamento”, essendo in quel momento disoccupato.

La Questura di Milano, esaminati gli atti, ha rilevato che al richiedente era stato già rilasciato un permesso di soggiorno “per ricerca di occupazione” in data 28 settembre 2000, per la durata di un anno; e che da allora l’interessato non aveva prodotto documenti attestanti l’instaurazione di un rapporto di lavoro.

Di conseguenza, la Questura ha respinto la domanda di rilascio del permesso di soggiorno, con decreto datato 6 marzo 2004, notificato il 3 gennaio 2005.

2. L’interessato ha proposto ricorso al T.A.R. Lombardia, deducendo che egli in realtà aveva sempre prestato lavoro subordinato, ma che era stato costretto a lavorare “in nero” dai datori di lavoro. Nondimeno, vi era stato un rapporto di lavoro regolare fra il 28 novembre 2000 e il 19 dicembre 2000, sicché alla scadenza del permesso di soggiorno rilasciato il 28 settembre 2000 per la durata di un anno egli era disoccupato, sia pure solo formalmente, da soli 9 mesi e 8 giorni; avrebbe dovuto, quindi, conseguire un nuovo permesso di soggiorno per ricerca occupazione, per la durata residua di due mesi e 22 giorni. Inoltre anche in seguito aveva stipulato altri contratti di lavoro regolari (e non “in nero”).

3. Il T.A.R. Lombardia, con sentenza 8 luglio 2008, n. 5804, ha respinto il ricorso.

L’interessato propone appello, reiterando, in buona sostanza, gli argomenti già dedotti in primo grado.

4. Questo Collegio osserva che correttamente l’interessato afferma che al momento in cui era venuto a scadenza il suo ultimo permesso di soggiorno (quello rilasciato il 28 settembre 2000 per un anno, a titolo di ricerca occupazione) non era ancora entrata in vigore la L. n. 189 del 2002 la quale, fra l’altro, ha ridotto da un anno a sei mesi il periodo consentito per la ricerca dell’occupazione.

Nondimeno, questo particolare è irrilevante, perché l’interessato non nega di avere presentato la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno il 27 maggio 2002, trovandosi allora nello stato di disoccupazione da un periodo di gran lunga superiore ai dodici mesi. Ciò resta vero anche se si prende come termine iniziale del periodo di disoccupazione il 19 dicembre 2000 (e non una data anteriore), come sostenuto nel ricorso.

5. Alla luce di questi dati di fatto, è giocoforza concludere che la Questura di Milano non aveva ragione per disporre diversamente da ciò che ha fatto.

Ci si potrebbe tuttavia chiedere se la Questura dovesse applicare il disposto dell’art. 5, comma 5, del t.u. n. 286/1998, il quale consente che si tengano in considerazione in favore dello straniero gli elementi sopravvenuti: in questo caso, i contratti (regolari) stipulati dopo la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.

Ma lo stesso ricorrente non ha dedotto davanti al T.A.R. un motivo in questo senso, e si può ritenere tacitamente ammesso che la sopravvenienza di nuovi contratti di lavoro non sia stata rappresentata alla Questura, sicché questa ovviamente non poteva tenerne conto.

6. S’intende che la presente decisione di rigetto dell’appello non preclude, di per sé, all’amministrazione di riesaminare il caso, tenendo conto – ove li ritenga rilevanti – degli elementi sopravvenuti. In occasione di un eventuale riesame, l’amministrazione vedrà anche se vi siano le condizioni per applicare all’interessato le nuove disposizioni del D.Lgs. n. 5 del 2007, in relazione allo stato di famiglia ed alla lunga permanenza nel territorio nazionale in assenza (a quanto pare) di qualsivoglia precedente penale.

7. Le spese del giudizio possono essere compensate.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione