Responsabilità civile: incompatibilità tra lesioni ed evento dedotto (Cass. n. 5111/2013)

Redazione 28/02/13
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RITENUTO

che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli artt. 376 e 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione;
che la relazione ha il seguente contenuto:
<<1. B. S., nella qualità di legale rappresentante della figlia minore L. F. propone ricorso per cassazione, con due motivi, avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria (del 1° marzo 2011), con la quale, confermando la decisione del Giudice di Pace, è stata rigettata la domanda di risarcimento dei danni patiti dalla minore, asseritamente in seguito alla chiusura dello sportello dell’auto in sosta, dove la minore si trovava insieme al fratello minore L.; domanda proposta nei confronti del padre e dell’Assicurazione.
D. F. e l’Assicurazione, ritualmente intimati, non
svolgono difese.
E’ applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, n. 69.

Proposta di decisione

1. Il Tribunale, nel confermare il rigetto della domanda attorea, ha ritenuto non provato il nesso di causalità tra le lesioni e l’evento dedotto, in mancanza di idonea prova in ordine alla dinamica del sinistro. In particolare, ha messo in evidenza: che l’unico teste non aveva assistito all’evento, ma era sopraggiunto; che l’esito dell’interrogatorio formale deferito al padre D. – secondo il quale, il braccio della minore rimaneva incastrato nello sportello dell’autovettura in sosta mentre la minore cercava di scendere e il fratello minore la tratteneva e chiudeva lo sportello — liberamente apprezzato dal giudice, trattandosi di confessione resa solo da uno dei litisconsorti necessari, non poteva ritenersi idoneo a provare la dinamica; che, infatti, mancavano altri riscontri e, invece, il consulente tecnico aveva valutato negativamente la compatibilità tra il tipo di frattura del braccio e la dinamica dichiarata.
2. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 2697 e 2733 cod. civ., degli artt 115 e 116 cod. proc. civ., oltre insufficiente e contraddittoria motivazione.
2.1. Il motivo è inammissibile.
La parte esplicativa si sostanzia in una critica alla valutazione delle prove effettuata dal giudice, mediante prospettazione di una valutazione diversa e a sé favorevole. Si chiede, pertanto, inammissibilmente, una nuova valutazione alla Corte di legittimità circa la valenza dell’unica testimonianza, peraltro neanche riportata in ricorso.
Inoltre, la censura all’apprezzamento negativo da parte del giudice dell’esito dell’interrogatorio formale del padre della minore, si snoda attraverso il richiamo di altri riscontri probatori, che il giudice non avrebbe considerato, senza che questi dedotti riscontri (interrogatorio formale deferito all’attrice; interrogatorio libero dell’attrice; testimonianza; due relazioni del consulente tecnico, che avrebbero ritenuto le lesioni verosimilmente compatibili con la dinamica) siano riprodotti in ricorso, per la parte di interesse, e specificamente indicati. In tal modo, impedendo alla Corte, in violazione dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., di verificare la decisività della censura.
3. Il secondo motivo, nel quale si prospetta la violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., non contiene una vera censura in ordine alla decisione sulle spese processuali (compensate in primo grado e poste a carico della soccombente in secondo grado), ma, piuttosto, la considerazione che se la valutazione delle prove fosse stata diversa e l’esito della controversia quello voluto dall’attrice, la regolazione delle spese sarebbe stata diversa.
4. In conclusione, il ricorso è inammissibile.>>;
che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

CONSIDERATO
che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto della relazione;
che i rilievi, mossi dalla ricorrente, con memoria, non sono idonei ad inficiare le argomentazioni della relazione;
che, non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali.

 

P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 16 gennaio 2013.

Redazione