Responsabilità amministrativo-contabile per aver conferito incarichi professionali ad esterni all’ente (Cass. n. 4283/2013)

Redazione 21/02/13
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Svolgimento del processo

Con citazione del 27 novembre 2003 la Procura Regionale per il Lazio conveniva in giudizio, tra gli altri, S.F., M. M., B.R., P.G., G.M., amministratori e dipendenti dell’UNIRE, chiedendone la condanna per responsabilità amministrativo-contabile per aver conferito incarichi professionali ad esterni all’ente e per l’utilizzo del segnale televisivo per la trasmissione delle corse fuori dei locali in cui avviene l’accettazione delle scommesse.

La Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, con sentenza 273 del 2006, dichiarata la parziale inutilizzabilità della documentazione sequestrata in violazione dell’art. 103 del codice di procedura penale, ha accolto parzialmente la domanda escludendo dal computo del danno l’IVA e riducendo la somma richiesta.

Sia il Procuratore ******** sia i soccombenti hanno interposto appello. La Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale della Corte dei Conti ha dichiarato inammissibile con decreto 58 del 2007 la richiesta definizione agevolata.

Con sentenza 400 del 2010, depositata il 15 ottobre 2010 la Corte dei Conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale, riformata la pronuncia di inutilizzabilità della documentazione acquisita ai sensi dell’art. 103 c.p.p., nel giudizio di responsabilità amministrativa, ha condannato S.F., M.M., B.R., P.G., G.M., a pagare Euro 39.734,81 ciascuno per illecito conferimento dell’incarico di redazione di un parere prò ventate agli avvocati *******, ******, ********** e ********* e a pagare Euro 4.291,35 ciascuno per illecito conferimento ai medesimi avvocati del mandato difensivo in relazione al ricorso promosso innanzi al Tar da Sisal, nonchè al pagamento di Euro 3.214 ciascuno per illecito conferimento del mandato difensivo ad un numero eccessivo di professionisti in relazione al ricorso promosso innanzi al Consiglio di Stato da *****.

A fondamento della decisione la Sezione Giurisdizionale ha affermato:

1) il danno sotteso alla responsabilità amministrativa è la mancanza di utilità della spesa in rapporto all’interesse pubblico da soddisfare; 2) la P.A., a norma del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 7, comma 6, riprodotto nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7, comma 6, ha l’obbligo di provvedere ai compiti affidatile con la propria organizzazione ed il proprio personale in servizio ed il ricorso a soggetti esterni è consentito soltanto nei casi previsti dalla legge o per eventi straordinari, non sopperibili con la struttura burocratica. Quindi l’incarico esterno, oltre a dover essere indispensabilmente collegato con i compiti istituzionali dell’ente, deve essere conferito ad esperti individuati, di particolare e comprovata competenza, e per un tempo, luogo, oggetto e compenso predeterminati, pur collegialmente nel caso di professionisti del libero foro essendo consentito il mandato a più difensori dall’art. 1176 c.c., e art. 85 c.p.c., e dalle tariffe professionali, ma considerando che le circolari nn. 42 dell’ottobre 1997, 36 del novembre 1998 e 29 del novembre 1999 del Ministero delle politiche agricole e forestali, autorità vigilante sull’UNIRE, avevano indicato come obbiettivo dei bilanci per gli esercizi 1998, 1999, 2000 l’eliminazione o il significativo ridimensionamento delle spese per studi, incarichi speciali e consulenze; 3) con deliberazione 2/2000, ratificata dal consiglio di amministrazione costituito da S.F., M.M., B.R., P. G., G.M., il Presidente M.d. aveva conferito agli avvocati *******, ******, ********** e ********* l’incarico di redigere un parere pro ventate per approfondire la problematica relativa alla titolarità di UNIRE del segnale televisivo ai sensi del D.P.R. n. 169 del 1998, art. 13, da attribuire con atti di evidenza pubblica, assegnato, fino all’aggiudicazione dell’appalto della gestione, provvisoriamente a CRAI per la trasmissione delle corse, con atto contestato dal direttore generale sulla base di un parere dell’ufficio legale ed impugnato dinanzi al TAR dalla SISAL, nonchè per esaminare la documentazione relativa al bando di gara, gli aspetti amministrativi del capitolato tecnico e di oneri, e l’opportunità di optare invece per la costituzione di una società mista per la fornitura del servizio, indicando le caratteristiche delle diverse ipotesi in relazione alle finalità e compiti dell’ente; 4) queste esigenze potevano esser soddisfatte dalla struttura burocratica e dal direttore generale G.D. nonchè dal responsabile dell’ufficio legale Pr. che avevano espresso pareri sulla legittimità dell’accordo stipulato con CRAI e sui rapporti tra detti enti, sulla documentazione per predisporre il bando di gara, sulla congruità delle parcelle presentate dai professionisti esterni e predisposto un appunto per il Capo di Gabinetto del Ministero per le Politiche Agricole, atti tutti che evidenziano una specifica competenza di costoro e smentiscono l’eccessivo carico di lavoro e la carenza di professionalità anche in relazione ai mutamenti legislativi intervenuti sulle questioni, ed infatti da un confronto tra i predetti pareri e le perizie emerge che contengono gli stessi concetti sostanziali; inoltre l’avv. Pr. era stato nominato, con altri due professionisti esterni, difensore di UNIRE nel giudizio dinanzi al TAR; peraltro gli stessi professionisti incaricati avevano espresso parere che sull’opportunità di gestire la concessione con appalto di servizio o mediante costituzione di una società mista, la relativa opzione era di competenza del C.d.A. perchè scelta meramente imprenditoriale, da adottare in base ai concreti progetti e assetti gestori, e non giuridica; 5) perciò il conferimento dell’incarico era illecito e l’importo pagato ai professionisti -Euro 278.143,66 – costituiva danno dell’ente per l’intero ammontare non essendovi stato nessun vantaggio; dunque non vi era stata invasione del giudice di primo grado sul merito dell’azione amministrativa e sulla necessità della competenza dell’incaricato esterno; 6) l’elemento psicologico era esistente perchè il magistrato contabile nella seduta del C.d.A. del 21 giugno 2000, che aveva ratificato l’incarico, aveva manifestato i suoi rilievi e il collegio dei revisori dei conti nella seduta di 4 luglio le sue osservazioni; 7) con deliberazione 5/2000 del luglio il C.d.A. aveva conferito mandato agli stessi professionisti per difendere l’UNIRE dinanzi al TAR avverso il ricorso proposto dalla Sisal per il quale erano stati nominati già altri tre difensori – di cui uno però aveva rinunciato al mandato – e senza che nella delibera fosse indicata la necessità di estendere l’incarico, ma soltanto una generica valutazione di opportunità, nè a giustificare questo altro incarico può sopperire il richiamo al precedente parere espresso dagli stessi, atteso che coincidevano con quelli di Prosseda; se poi vi fosse stato contrasto tra i difensori, avrebbero dovuti esser revocati i precedenti difensori; 8) conseguentemente il pagamento di Euro 60.078,89 agli avvocati, dovuto perchè ciascun difensore, nel caso di incarico plurimo, ha diritto nei confronti del cliente agli onorari per l’opera prestata, mentre in caso di vittoria può esser rimborsato dalla controparte l’onorario soltanto per un difensore, costituiva danno dell’ente senza vantaggio alcuno perchè la prestazione si era sovrapposta a quella degli altri professionisti, come risulta espressamente dalla delibera di conferimento, e l’illiceità dell’incarico rende irrilevante la doglianza dell’invasione ne merito dell’azione amministrativa; 9) ai medesimi professionisti con deliberazione 16/2000, ratificata dal C.d.A., il Presidente ***** aveva conferito l’incarico per il patrocinio dell’UNIRE al Consiglio di Stato nel giudizio di appello proposto da CRAI avverso l’ordinanza del TAR e questo incarico era illecito per l’eccessivo numero dei difensori, aggiunti ad altri due legali anche del primo grado, di cui uno esterno e senza accertare se quello interno era abilitato ad agire dinanzi alle magistrature superiori – ed infatti era risultato inabilitato – così dimostrando grave negligenza, non giustificato nella delibera approvata dal succitato Consiglio di amministrazione, o mentre l’opportunità di farsi difendere da professionisti a conoscenza della questione per averla patrocinata in primo grado era raggiungibile nominandone uno solo, nè vi era collegamento con il parere pro ventate perchè inutile; quindi la somma pagata – Euro 44.995,09 – costituiva danno dell’ente e doveva esser ripartita tra i responsabili.

Ricorrono per cassazione S.F., M.M., B.R., P.G., G.M. cui resiste il Procuratore ******** rappresentante il Pubblico Ministero preso la Corte dei Conti.

Motivi della decisione

1.- Pregiudizialmente va esaminato il rilievo del Procuratore ******** presso la Corte dei Conti di giudicato implicito formatosi sulla giurisdizione per M.M., S.F., B.R. e G.M., non avendo i primi tre impugnato la sentenza di primo grado per difetto di giurisdizione, mentre il quarto si è limitato a denunciare una presunta ingerenza del sindacato giudiziale, e non essendovi alcuna pronuncia ex professo in secondo grado sulla giurisdizione, bensì di merito, implicitamente è stata ritenuta la giurisdizione contabile.

Il rilievo è infondato.

Infatti, incontroverso che la sentenza impugnata ha condannato gli amministratori dell’Unire al risarcimento dei danni per l’affidamento a soggetti estranei di incarichi di collaborazione, consulenza e studio pur potendo costoro avvalersi di personale interno, la prospettazione dei motivi di appello proposti dagli stessi è stata volta a contestare la giurisdizione della Corte dei Conti, e a negare l’incidenza negativa sul bilancio dell’ente attraverso la denuncia della violazione di norme e principi che, nel disciplinare i poteri degli amministratori nella gestione della finanza pubblica, costituiscono il merito dell’azione amministrativa, sì che i relativi comportamenti non sarebbero sindacabili dalla Corte dei Conti. Pertanto il thema devolutum in appello è se le contestazioni rivolte agli amministratori attengono esclusivamente alle loro scelte discrezionali, ovvero alla violazione dei limiti giuridici all’esercizio del potere di costoro – con conseguente interazione tra giurisdizione e merito – il cui controllo di legittimità spetta alla giurisdizionale contabile, organo a cui l’art. 102 della Costituzione demanda la verifica del rispetto delle regole in materia di contabilità pubblica.

Pertanto i ricorsi di M.M., S.F., B.R. e G.M., con cui, in unico, identico motivo, deducono: “Violazione e/o falsa applicazione della L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 1, e s.m.i.; violazione e/o falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, e s.m.i., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1” sono ammissibili.

2.- Con il primo motivo P.G. deduce: “In riferimento all’art. 362 c.p.c., comma 1, in ordine all’eccesso di potere giurisdizionale esercitato dalla Corte dei Conti per indebito sindacato, nel merito, del conferimento di incarico di consulenza agli avvocati *******, ******, ********** e ********* per la redazione di un parere prò ventate, punto n. 7 della gravata sentenza in violazione della L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 1, come all’epoca dei fatti modificato dal D.Lgs. n. 449 del 1999, art. 3” e lamenta la violazione del limite esterno della funzione giurisdizionale, costituito dalla gestione di interessi pubblici che spetta agli amministratori, non potendo esser ponderati dalla Corte dei Conti gli interessi dell’ente, dovendosi invece limitare a verificare lo scostamento dalle condizioni normative senza effettuare un apprezzamento discrezionale di preferenza di una gestione alternativa a quella praticata. Ed infatti la conoscenza che della questione avevano il direttore generale ed il capo dell’Ufficio legale non significa che gli stessi erano anche abili e competenti per garantire, in tempi rapidi, una congrua soluzione, ed anzi detta conoscenza e la modifica di un precedente parere di un professionista esterno dimostrano l’incapacità della struttura interna di far fronte alle problematiche emergenti, e peraltro tale constatazione non significa violazione della legge, costituendo tutt’al più elemento valutativo in un giudizio di comparazione che non spetta al giudice contabile. Invece la Corte dei Conti, constatato che all’interno dell’ente vi era personale tecnico, senza considerarne l’adeguatezza, ha ritenuto inopportuno ricorrere a professionisti esterni ben più qualificati, ma questa è una scelta di politica gestionale, mentre il rilievo che la durata dell’incarico non sia stata determinata non significa che non era determinabile, ed il ripetersi degli incarichi era dovuto all’intensificarsi della vicenda, anche giurisdizionale, e dunque sussiste l’invasione nella riserva di amministrazione.

2.1. – Con il secondo motivo deduce: “In riferimento all’art. 362 c.p.c., comma 1, in ordine all’eccesso di potere giurisdizionale esercitato dalla Corte dei Conti con sentenza n. 400 del 2010 per indebito sindacato nel merito, del conferimento di incarico di assistenza giudiziale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio nonchè innanzi al Consiglio di Stato nel ricorso proposto rispettivamente dalla società Sisal e dalla società Crai, agli avvocati *******, ******, *********, **********, punti numero 8 e 10 della gravata sentenza in violazione della L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 1, come all’epoca dei fatti modificato dal D.Lgs. n. 449 del 1999, art. 3” e lamenta che immotivatamente la Corte dei Conti ha ritenuto inutile l’apporto professionale nei relativi giudizi soltanto perchè vi erano già altri difensori, di cui uno ha rinunciato al mandato, e senza considerare l’urgenza e la necessità della difesa, ed ha escluso l’ingerenza di amministrazione in base alla mera inutilità degli incarichi, così effettuando un giudizio di merito perchè la legge non vieta un successivo incarico se le esigenze non si potevano fronteggiare con il personale interno, verifica che la Corte non ha effettuato, e non ha neppure considerato le condizioni straordinarie esistenti e messe in luce proprio dal Procuratore ******** e dalla Corte, mentre ha comparato le capacità dei professionisti interni ed esterni all’ente, attività preclusa alla Corte.

2.2. – M.M., B.R., G.M. e S.F. con il richiamato motivo lamentano che illegittimamente la Corte dei Conti ha sindacato l’esercizio, da parte di un organo di amministrazione attiva, del potere procedimentale di acquisire un parere da soggetti estranei all’amministrazione, senza tener conto che la P.A., nel rispetto del principio dell’adeguatezza e completezza dell’istruttoria, è obbligata ad accertare d’ufficio la realtà dei fatti e la consistenza degli atti. La sufficienza qualitativa e quantitativa dei mezzi istruttori è rimessa alla discrezionalità dell’organo deputato a provvedere e perciò le scelte sono sindacabili soltanto nel merito, ed anche la precitata L. n. 20 del 1994, art. 1, comma 1, ribadisce l’insindacabilità delle scelte discrezionali. La complessità ed eterogeneità delle questioni, tra cui la funzione del segnale televisivo e del connesso affidamento delle concessioni radio televisive, sono state affrontate dal C.D.A. dell’Unire pochi giorni dopo il suo insediamento nel giugno 2000, e il cautelare doveva esser trattato dinanzi al Tar era il 13 luglio 2000. Quindi era necessaria l’acquisizione di un parere in materia di nuova competenza – D.Lgs. n. 449 del 1999, che ha affidato all’UNIRE la gestione del servizio televisivo, di enorme rilevanza economica – nei ristretti tempi a disposizione, senza adeguata esperienza amministrativa degli uffici, mentre l’avv. Pr. poteva avere interesse a difendere le proprie scelte tecniche, anche perchè uno dei temi in trattazione era la convenzione SNAI/CRAI che aveva originato il contenzioso SISAL, e quindi non poteva farsi affidamento sul lavoro precedentemente svolto. L’Ufficio legale era composto da un solo avvocato e da due funzionari che dovevano fronteggiare il contenzioso complessivo, considerando altresì che nell’UNIRE erano stati accorpati cinque enti tecnici, e l’inadeguatezza di tale ufficio, anche per le fasi successive, è stata valuta ex ante.

Peraltro anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri con decreto dell’aprile 2003 ha autorizzato l’Avvocatura dello Stato ad assumere la rappresentanza processuale dell’UNIRE, in tal modo confermando l’inadeguatezza dell’Ufficio interno a svolgere non solo l’attività di consulenza, ma anche quella di difesa. I pareri resi dai professionisti incaricati secondo cui il regime provvisorio era da affidare mediante procedura informale ad evidenza pubblica, sono stati ritenuti validi e legittimi dall’autorità giurisdizionale, che, successivamente all’espletamento della gara per trattativa privata, ha rigettato il cautelare chiesto dalla Sisal e le coeve iniziative di SNAI/CRAI, intraprese per sottrarsi alla procedura ad evidenza pubblica per effetto della scrittura del 22 gennaio 2000, intercorsa con il Commissario Governativo. Quindi la consulenza svolta era quanto meno opportuna ed il compenso liquidato era pari a quello spettante ad un solo professionista, considerate le T.P., la solerzia e l’urgenza del parere. Il rapporto di consulenza con l’avv. D., concernente la transazione con CRAI-SNAI, atteneva ai rapporti con il Commissario M., non riconosciuto dal C.d.A. dell’Unire. Peraltro i pareri dell’avv. D. a stipulare con la CRAI una convenzione per la gestione del segnale televisivo avevano generato una controversia all’esito della quale il Tar aveva giudicato illegittima la convenzione e quindi era necessario rivolgersi ad altri consulenti di fiducia del C.d.A., responsabili poi delle scelte amministrative. L’ufficio legale interno non aveva competenze ulteriori alle problematiche ippiche in senso stretto, a cui non appartiene la gestione del segnale televisivo ippico. Del resto la stessa decisione della Corte dei Conti è contraddittoria perchè alcuni amministratori, per la consulenza richiesta alla Rai, sono stati assolti perchè ritenuta specialistica, mentre quella per gestire il segnale: televisivo, che è prettamente giuridica, si è ritenuto potesse esser svolta dall’Unire, i motivi di tutti i ricorrenti, che possono trattarsi congiuntamente perchè attengono alla medesima questione, sono infondati.

La discrezionalità che la L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 1, riconosce agli amministratori pubblici nel’individuazione della scelta più idonea, nel caso concreto, per il perseguimento del pubblico interesse – causa e limite intrinseco e funzionale dell’attività della P.A. – per esser legittima deve rispettare i criteri giuridici informatori dell’agere della P.A. dettati dalla Costituzione (art. 97), codificati nella L. 7 agosto 1990, n. 241 – art. 1, comma 1: “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità..” – ribaditi dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, e dalla L. 30 luglio 1999, n. 286 (art. 1, comma 1:

“Le pubbliche amministrazioni devono: a) garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile); b) verificare l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione)”.

Pertanto le scelte elettive degli amministratori, dovendo conformarsi ai suddetti criteri di legalità e a quelli giuridici di economicità (ottimizzazione dei risultati in relazione alle risorse disponibili), di efficacia (idoneità dell’azione amministrativa alla cura effettiva degli interessi pubblici da perseguire, congruenza teleologia e funzionale) e di buon andamento, sono soggette al controllo della Corte dei Conti perchè assumono rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell’azione amministrativa. Perciò non eccede la giurisdizione contabile non solo la verifica se l’amministratore abbia compiuto l’attività per il perseguimento di finalità istituzionali dell’ente, ma anche se nell’agire amministrativo ha rispettato dette norme e principi giuridici e dunque la Corte dei Conti non viola il limite giuridico della “riserva di amministrazione” – da intendere come preferenza tra alternative, nell’ambito della ragionevolezza, per il soddisfacimento dell’interesse pubblico – sancito dalla L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 1, come modificato dalla L. 23 ottobre 1996, n. 543, art. 3: “..ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali…” – nel controllare anche la giuridicità sostanziale – e cioè l’osservanza dei criteri di razionalità, nel senso di correttezza e adeguatezza dell’agire, logicità, e proporzionalità tra costi affrontati e obbiettivi conseguiti, costituenti al contempo indici di misura del potere amministrativo e confini del sindacato giurisdizionale – dell’esercizio del potere discrezionale.

Ne consegue che è da ribadire il principio secondo il quale l’insindacabilità “nel merito” delle scelte discrezionali compiute dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti non comporta che esse siano sottratte al sindacato giurisdizionale di conformità alla legge formale e sostanziale che regola l’attività e l’organizzazione amministrativa, e quindi il giudice contabile non viola i limiti esterni della propria giurisdizione quando sottopone a giudizio di responsabilità per danno erariale gli amministratori che hanno conferito incarichi professionali senza determinazione specifica di contenuto, durata, criteri, compenso, in contrasto con il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 7, u.c., secondo il quale “per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”, e dunque il conferimento dell’incarico è legittimo solo in ipotesi di impossibilità oggettiva, da rappresentare nella delibera di far fronte all’esigenza richiesta con personale interno all’organizzazione (Sezioni Unite 25 gennaio 2006 n. 1376), la cui qualificazione professionale l’amministrazione ha infatti l’obbligo di verificare periodicamente ed incrementare.

Pertanto l’esame da parte della Corte dei Conti delle scelte degli amministratori pubblici di UNIRE di incaricare professionisti esterni per consulenze, pareri e difesa giudiziale alla luce dei presupposti legali e delle clausole generali di giuridicità innanzi richiamati al fine di verificare la legittimità della scelta e la correttezza della gestione delle risorse pubbliche per i compensi corrisposti, alla luce anche del fondamentale principio del buon andamento e della ragionevole proporzionalità tra costi e benefici in relazione ai fini da perseguire, non travalica il limite esterno della giurisdizione erariale (Sezioni Unite 5 marzo 2009 n. 5288, 9 maggio 2011 n. 10069, 13 giugno 2011 n. 12902, 23 gennaio 2012 n. 831, 13 febbraio del 2012, n. 1979).

Tutte le altre doglianze concernenti una erronea interpretazione dei principi e delle norme innanzi richiamate (L. n. 241 del 1990, art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 1 e 7, L. n. 286 del 1999, art. 1) costituiscono vizi di decisione nel merito concreto, non denunciabili in cassazione quale vizio attinente alla giurisdizione.

Dunque il ricorso va respinto, con conseguente declaratoria di giurisdizione della Corte dei Conti.

Non si deve provvedere sulle spese del giudizio di cassazione atteso che ha resistito il Procuratore Generale, rappresentante il P.M. della Corte dei Conti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione della Corte dei Conti.

Redazione