Responsabile penalmente il commercialista che emette una fattura falsa per conto del cliente nonostante la rassicurazione di un avvocato (Cass. pen., n. 47210/2013)

Redazione 28/11/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO

Il Tribunale di Lecce, con ordinanza in data 19 marzo 2013, annullava l’ordinanza del G.I.P. dello stesso Tribunale del 28 dicembre 2012 di applicazione della misura cautelare degli arresti
domiciliari nei confronti di C.A., in relazione al reato di cui agli artt. 110 c.p. 8, comma 1, D.Lgs. n. 74 del 2000, perché, in concorso con altri, nella qualità di responsabile della tenuta della contabilità della F.S.
s.r.l. emetteva fattura di 589.585,22 euro, con la clausola provvigioni per servizi resi, relativa ad operazioni inesistenti, al fine di consentire alla S. s.r.l. di evadere le imposte sui redditi per l’importo di 190.533,94 euro.
Il Tribunale riteneva che non sussistessero gravi indizi per (affermare che il C. sapesse che la suddetta fattura fosse riferibile ad operazioni inesistenti. Con riferimento alla conversazione intercettata fra V.D. e l’avv. I.S., nella quale si parla di una fattura che “il commercialista C. può fare senza problemi”, lo stesso Tribunale osservava che non è dato conoscere quale sia stato l’oggetto e il tenore della successiva conversazione fra l’avv. S. e il C. mentre, con riguardo alle dichiarazioni rese dal V., afferma che queste dovevano ritenersi inutilizzabili dal punto in cui assumevano contenuto autoaccusatorio e, quindi, anche nella parte relativa alla circostanza che il C. avrebbe reso un parere favorevole all’operazione in questione.
Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce -Direzione distrettuale antimafia deducendo la violazione dell’art. 63 c.p.p., poiché, quando una persona sia ascoltata come persona informata sui fatti, l’autorità procedente sarà tenuta ad interrompere l’esame solo quando gli indizi di reità emergenti a suo carico dalle dichiarazioni rese presentino i requisiti della concretezza e dell’attualità. Nel caso di specie, l’affermazione del V. di avere compilato la falsa “fattura oggetto di contestazione appare indifferente ove si consideri che egli era un semplice dipendente tenuto a fare ciò che gli era ordinato.
Per quanto concerne l’interpretazione della conversazione intercettata, il P.M. ricorrente afferma che dalla lettura integrale emerge che per la emissione della fattura occorreva necessariamente coinvolgere la professionalità del C., tanto più che la fattura medesima era stata annotata nelle scritture contabili delle due società coinvolte ed è logico ritenere che la registrazione sia stata necessariamente curata dal C.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso sono fondati per le ragioni e nei limiti di seguito indicati e devono essere accolti.
Così come precisato dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 63, comma 2, c.p.p. (Sez. U, n. 23868 del 22/04/2009, *****, Rv. 2434l7), anche con riguardo all’ipotesi di cui al primo comma dello stesso articolo deve affermarsi il principio secondo il quale la sanzione di inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto, successivamente al momento in cui l’esame doveva essere interrotto essendo emersi indizi di reità a suo carico, postula che si tratti di indizi non equivoci di reità, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti od intuizioni personali dell’interrogante e non potendosi far derivare la posizione di indagato automaticamente dal solo fatto che il dichiarante possa essere stato in qualche modo coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formazione di addebiti penali a suo carico.
Ebbene l’ordinanza impugnata non spiega la ragione per cui nel momento in cui il V. ha dichiarato di avere provveduto alla compilazione della falsa fattura di cui al presente procedimento gli indizi di reità a suo carico fossero inequivoci; neppure spiega perché la parte delle dichiarazioni relativa ai rapporti con il C. non potessero essere rilevanti proprio ai fini di chiarire l’effettiva esistenza di indizi di reitá a carico del dichiarante. Deve, infatti, aggiungersi che anche nel caso in cui nel corso dell’esame fossero emersi a carico del V. precisi e concreti indizi di reità, occorrerebbe stabilire in quale esatto momento ciò sia avvenuto, poiché le dichiarazioni rese da persona raggiunta da indizi di colpevolezza nel corso dell’esame, e non ancora posta in condizione di esercitare i diritti della difesa,, non possono essere utilizzate contro di lei, ma possono esserlo nei confronti di terzi (da ultimo: Sez. 6, n. 29535 del 02/07/2013, ******, Rv. 256151). Si tratta di carenza totale di motivazione che vizia il provvedimento impugnato, che, pertanto, deve essere annullato con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame che faccia applicazione dei principi di diritto come sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 16 ottobre 2013

Redazione