Resistenza a pubblico ufficiale (Cass. pen. n. 21700/2013)

Redazione 21/05/13
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Fatto

1.- Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Ancona ha confermato la penale responsabilità di M.B. per i reati ex artt. 336 e 582 cp., commessi per opporsi al compimento degli atti di ufficio dei Carabinieri B. e A., intervenuti per contenerne la condotta molesta posta in essere in un esercizio pubblico.
2.- Propone ricorso per cassazione il prevenuto, deducendo che:
– alla stregua delle risultanze in atti, doveva essere riconosciuta, o comunque verificata, la situazione di vizio totale o parziale di mente di cui all’art. 95 cp.;
– nella specie, in relazione all’effettivo svolgersi dei fatti, non sussistevano gli estremi soggettivi e oggettivi del reato ex art. 336 cp., né l’elemento psichico del reato ex art. 582 cp.;
– la sentenza d’appello ha ritenuto sussistente il reato ex art. 337 cp., a fronte di quello contestato di cui all’art. 336 cp., con conseguente violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza;
– manca una motivazione adeguata sulla misura della pena.

Diritto

Il ricorso è fondato nei sensi di cui appresso.
Nell’atto di appello era, invero, stata dedotta una situazione di intossicazione cronica da alcool, desumibile da un passaggio della informativa di P.G. (richiamato poi anche nel ricorso), nel quale l’imputato era descritto versare in uno stato di alterazione psicofisica con alito liquoroso, linguaggio sconnesso, sguardo assente, tutti atteggiamenti e sintomi deponenti da una patologia di etilismo acuto. Alla stregua di tanto, costituendo tale descrizione della P.G., per la gravità dei sintomi riscontrati e al di là della valutazione conclusiva, necessariamente approssimativa ed empirica, degli operanti, un possibile indice anche di etilismo cronico, andava certamente approfondito, in relazione anche agli esiti del ricovero del M. , il punto relativo alla sua possibile incapacità di intendere e di volere a sensi dell’art. 95 cp.. Anche sul piano dello svolgersi del fatto, c’è da riscontrare una indubbia distonia fra la sua configurazione come reato ex art. 337 cp., data dalla Corte d’appello, e il capo d’imputazione ove si contestava invece il reato di cui all’art. 336 cp.: distonia aggravata dal fatto che nel capo di imputazione le ascritte violenze vengono collocate presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Civile di (omissis) e correlate all’intervento dei Carabinieri a protezione dei medici a cui il M. si ribellava, mentre nella ricostruzione dei giudici di merito sembra farsi riferimento a una situazione svoltasi presso un pubblico esercizio ((omissis)), ove il prevenuto molestava gli avventori.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio al giudice di merito, che procederà a nuovo giudizio, rendendo una motivazione immune da vizi e ovviano in particolare alle suindicate carenze e discrasie.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Perugia per nuovo giudizio. 

Redazione