Rendita per malattia professionale (spondilartrosi) contratta a causa delle mansioni di ausiliario socio-sanitario: si prescrive in tre anni (Cass. n. 8179/2013)

Redazione 04/04/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Trapani con sentenza n. 768 del 2008, in accoglimento dell’eccezione preliminare di prescrizione avanzata dall’INAIL D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 112 rigettava il ricorso proposto da G.F. ai fini dell’ottenimento della rendita per malattia professionale (spondilartrosi con discopatia L5-S1) contratta a causa delle mansioni di ausiliario socio-sanitario.

A seguito di appello della G. la Corte di Appello di Palermo con sentenza n. 344 del 2009 ha confermato la decisione di primo grado in ordine all’intervenuta prescrizione triennale di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 112 osservando che la ricorrente fin dal 1997 era consapevole della portata invalidante della patologia artrosica.

La stessa Corte territoriale ha aggiunto che nessuna allegazione o prova l’appellante aveva dato degli eventi, che assumeva avessero determinato, tra il 1997 e il 2005 (data della denuncia all’INAIL della malattia) la sopravvenuta conoscenza di tale elemento.

La G. ricorre per cassazione affidandosi a due motivi.

L’INAIL resiste con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 112, artt. 2727 e 2729 cod. civ., contestando al giudice di appello di avere erroneamente individuato il dies a quo, riguardante la decorrenza del termine di prescrizione di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112 nella data di presentazione della domanda amministrativa di riconoscimento della causa di servizio per patologie artrosi – che, analoghe a quelle denunciate con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado del 25.01.2008.

La ricorrente sul punto osserva che, pur a voler escludere l’allegazione operata nel ricorso introduttivo della CT di parte a firma del Dott. M.M. in data 5.09.2007 confermativa della malattia professionale nella misura del 13%, non risulta comunque acquisito al processo alcun elemento di giudizio (ed in particolare documentazione sanitaria) dal quale desumere, ancorchè in via presuntiva, il fatto che ella alla data del 1997 patisse già una invalidità derivata dalla malattia professionale di cui è causa in misura quantomeno pari all’11% e ne fosse altresì consapevole.

Nè poi, ad avviso della stessa ricorrente, la sussistenza della consapevolezza della invalidità derivata dalla malattia professionale può farsi discendere dalla presentazione in data 19.08.1997 della domanda amministrativa anzidetta o dal provvedimento del 26.06.1997 dell’Azienda Sanitaria datrice di lavoro, che assegnava alla G. mansioni meno gravose. E ciò avuto riguardo al fatto che, sia con il verbale n. 698/06 del 16.01.2003 del Centro Militare di Medicina Legale di Palermo sia con i certificati di idoneità del Servizio di Medicina del Lavoro del 27.11.2001 del 25.09.2002 e del 28.12.2005, la ricorrente veniva giudicata idonea allo svolgimento delle mansioni al profilo di appartenenza, ancorchè in quest’ultimo caso con delle limitazioni circa lo svolgimento del servizio oltre gli orari e turni base, l’impegno fisico nelle attività di movimentazione manuale di carichi e deambulazione eccessiva, l’esposizione ad agenti atmosferici e condizioni climatiche avverse.

Con il secondo motivo la G. denuncia vizio di motivazione sulla individuazione del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 112. Al riguardo rileva che il giudice di appello non ha dato contezza degli elementi di giudizio dai quali desumere sia la sussistenza, in capo ad essa ricorrente, dell’invalidità derivata dalla malattia professionale denunciata nella misura indennizzabile almeno dell’11%, sia la ritenuta consapevolezza della medesima, non potendo ciò desumersi dall’anzidetto provvedimento aziendale del 26.06.1997.

La stessa G. aggiunge che l’impugnata sentenza si presenta contraddittoria, laddove, affermata apoditticamente l’anzidetta sussistenza dell’invalidità in questione e la ritenuta consapevolezza, ha ravvisato il difetto di allegazione di fatti e circostanze, occorsi tra il 1997 e il 2005, tali da escludere la consapevolezza della ricorrente.

La ricorrente ha formulato in relazione ad entrambi i motivi i relativi quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c..

2. I due motivi, anche a voler ritenere gli anzidetti quesiti conformi alle prescrizioni di cui l’art. 366 bis c.p.c., sono comunque infondati.

Invero il giudice di appello ha ritenuto che l’assicurata fin dal 1997, allorchè presentò domanda amministrativa per il riconoscimento della causa di servizio in relazione alle patologie artrosiche, fosse consapevole dell’esistenza di tali malattie, tanto più che a seguito degli accertamenti medici per l’accertamento della causa di servizio la stessa venne adibita ad altre e meno gravose mansioni per la non idoneità a svolgere quelle precedenti.

La stessa Corte territoriale ha ritenuto che la ricorrente non avesse allegato o provato gli eventi, che, tra il 1997 e il 2005 (data della denuncia della malattia all’INAIL), avrebbero potuto determinare la sopravvenuta conoscenza delle anzidette malattie. Nè il riferimento ai richiamati certificati medici e alla consulenza di parte assumono decisiva rile-vanza, non essendone stato trascritto in contenuto, con violazione quindi del principio di autosufficienza, che caratterizza il ricorso per cassazione.

In definitiva le censure mosse alle valutazioni del giudice di appello, che poggiano su adeguata e logica motivazione, non colgono nel segno, traducendosi in una non consentita richiesta di rivisitazione e riesame delle risultanze di causa.

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Nessuna statuizione va emessa per le spese del presente giudizio, ricorrendo, ai fini dell’esonero dalle medesime, i requisiti di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., come modificato dal D.L. n. 263 del 2003 a partire dal 2 ottobre 2003, ed in particolare il requisito reddituale non superiore alla soglia minima di legge, come attestato con dichiarazione sostitutiva contenuta nel ricorso per cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013. 

Redazione