Reiterazione dei vincoli espropriativi (Cons. Stato, n. 5594/2013)

Redazione 25/11/13
Scarica PDF Stampa

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8496 del 2008, proposto da: Comune di Martina Franca, rappresentato e difeso dall’avv. Olimpia Cimaglia, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lenoci in Roma, via Cola di ********* 271;
contro
C. Rosa, N. Achille, C. Nicola, *********, ********, *********, *******, ***********, ****************;
nei confronti di
Consorzio di Cooperative di Produzione Lavoro – ************;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 01352/2008, resa tra le parti, concernente espropriazione per pubblica utilita’
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2013 il Cons. **************** e uditi per le parti gli avvocati *************** su delega di Olimpia Cimaglia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con l’appello in esame, il Comune di Martina Franca impugna la sentenza 8 maggio 2008 n. 1352, con la quale il TAR per la Puglia, sez. I della sede di Lecce, in accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti proposti da ******* ed altri, ha annullato la delibera del Consiglio comunale n. 54/2005, avente ad oggetto “parcheggio via ******* – imposizione vincolo espropriativo sulle aree interessate alla costruzione”.
La sentenza appellata afferma in particolare:
– la delibera n. 54/2005, “nella parte in cui dispone esplicitamente il vincolo espropriativo nei riguardi dei suoli di proprietà dei ricorrenti destinati, fin dal 1999, alla realizzazione di un’opera pubblica, dissimula una vera e propria reiterazione di previsioni limitative del diritto di proprietà che è illegittima”;
– posto che “il regime vincolistico della proprietà fondiaria è assoggettato a efficacia quinquennale”, pur essendo ammessa la reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio “ciò può avvenire in presenza di una adeguata esternazione, da parte della pubblica amministrazione, delle ragioni di perdurante interesse pubblico alla realizzazione dell’opera”;
– ne consegue che è illegittima la delibera del consiglio comunale che “allo scopo di realizzare un’opera pubblica in vista della quale è stata approvata una variante allo strumento urbanistico cinque anni prima, con conseguente assoggettamento delle aree dei ricorrenti a vincolo preordinato all’esproprio, si limiti a dare atto . . . della intervenuta efficacia della variante al PRG e disponga, per la prima volta, esplicitamente il vincolo espropriativo pur a fronte della sopravvenuta cessazione di efficacia del vincolo medesimo”.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desunti dalle pagg. 4 – 8 del ricorso):
a) error in iudicando, poiché, “anche a voler considerare la deliberazione CC n. 54/2005 . . . come reiterazione per la prima volta del vincolo espropriativo, può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni”, così come effettuato dalla delibera impugnata che richiama “tutte le deliberazioni precedenti e, quindi, le relative motivazioni e valutazioni”;
b) error in iudicando, poiché il Comune “ha sempre perseguito il superiore interesse pubblico di completare gli standard del PRG sulle stesse medesime aree, previa dichiarazione di pubblica utilità della realizzanda opera pubblica, apponendo i vincoli preordinati all’esproprio sulla completa ed intera superficie”.
Gli appellati non si sono costituiti e, all’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata.
Come è noto, la vicenda dei vincoli preordinati all’espropriazione, contenuti nel piano regolatore generale ovvero in altri strumenti urbanistici prende le mosse dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale riconobbe illegittima la disciplina recata dalla legge urbanistica (l. 17 agosto 1942 n. 1150), che prevedeva la possibilità di imporre alla proprietà privata, in sede di pianificazione, vincoli preordinati all’ espropriazione, senza alcun limite temporale e senza indennizzo ( Corte Cost., 29 maggio 1968 n. 55).
A seguito di tale decisione, il legislatore intervenne con la legge 19 novembre 1968 n. 1187, il cui art. 2 ha provveduto a fissare in cinque anni il periodo entro cui detti vincoli devono, a pena di decadenza, tradursi in piani esecutivi o, comunque, deve avviarsi in modo certo il procedimento espropriativo.
Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. V, 3 gennaio 2001 n. 3; sez. IV, 17 aprile 2003 n. 2015 e 22 giugno 2004 n. 4426), costituiscono vincoli soggetti a decadenza solo quelli preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificazione, e che dunque svuotino il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio.
La decadenza del vincolo non esclude che l’amministrazione, mediante il ricorso al procedimento per l’adozione delle varianti agli strumenti urbanistici, possa reiterare i vincoli preordinati all’espropriazione, fornendo congrua motivazione in ordine alla persistenza delle ragioni di interesse pubblico che sorreggono la predetta reiterazione (Cons. Stato, sez. IV, 24 settembre 1997 n. 1013 e 22 giugno 2004 n. 4397), così da escludere un contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti.
Si è, in particolare, affermato quanto all’adeguatezza della motivazione, che, se in linea di principio può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni, quando vi è una prima reiterazione, quando il rinnovato vincolo sia a sua volta decaduto, è necessario che la motivazione dimostri che l’autorità amministrativa abbia provveduto ad una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, esponendo le ragioni (riguardanti il rispetto degli standard, le esigenze della spesa. specifici accadimenti riguardanti le precedenti fasi procedimentali) che inducano ad escludere profili di eccesso di potere e ad ammetterne l’attuale sussistenza dell’interesse pubblico (Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2008 n. 4765).
La Corte Costituzionale (sent. 20 maggio 1999 n. 179, indirizzo successivamente riconfermato con sent. 18 dicembre 2001 n. 411) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 7, numeri 2, 3 e 4, e 40 l. n. 1150/1942 e 2, primo comma, della legge n. 1187/1968 “nella parte in cui consente alla “amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità, senza la previsione di indennizzo”.
Secondo la Corte, “la reiterazione in via amministrativa dei vincoli decaduti (preordinati all’espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo) . . . non sono fenomeni di per sé inammissibili dal punto di vista costituzionale”, ma tale fenomeno assume aspetti patologici allorchè vi sia una indefinita reiterazione dei vincoli o una loro proroga sine die, o quando il limite temporale sia indeterminato.
In presenza delle suddette situazioni patologiche, sorge obbligo di indennizzo che “opera una volta superato il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge (periodo di franchigia)”. In altre parole, la permanenza del vincolo oltre i termini previsti, e senza alcun inizio serio dell’espropriazione, “non può essere dissociato . . . dalla previsione di un indennizzo”.
In definitiva, perché possa procedersi ad espropriazione per pubblica utilità di un suolo da destinare alla realizzazione di un’opera pubblica, occorre che lo stesso sia assoggettato ad un vincolo preordinato all’esproprio, che il vincolo stesso sia efficace (sussistendo l’obbligo del Comune di reintegrare la disciplina urbanistica, dopo la decadenza del vincolo: Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2010 n. 7493; 12 ottobre 2010 n. 7442; 14 febbraio 2005 n. 432), e che – una volta che si intenda procedere alla sua reiterazione – venga esplicitata la persistenza dell’interesse pubblico e l’obbligo di indennizzo.
Nel caso di specie – pur a voler concedere che si tratti di reiterazione del vincolo espropriativo (sul punto, la sentenza impugnata – come rilevato dall’appellante – a volte afferma trattarsi di “reiterazione dissimulata” del vincolo, a volte di disposizione “per la prima volta esplicitamente” del vincolo medesimo) – occorre ritenere che si tratti di prima reiterazione, per la quale è sufficiente è il richiamo alle originarie valutazioni.
Orbene, anche mediante il richiamo agli atti intervenuti nel complesso ed annoso procedimento amministrativo volto alla realizzazione dell’opera pubblica, l’amministrazione ha certamente fornito una congrua motivazione volta a sorreggere l’imposizione del vincolo espropriativo ed ha compiuto anche una valutazione dell’interesse pubblico attuale. D’altra parte, se il Comune di Martina Franca ha inteso adottare – come riportato anche nella sentenza impugnata – una delibera ricognitiva dell’intervenuta efficacia della variante al PRG”, ciò non può non essere indicativo della ritenuta persistenza dell’interesse pubblico alla realizzazione/completamento dell’opera pubblico e, dunque, alla reiterazione del vincolo espropriativo ad essa funzionale.
Per tutte le ragioni esposte, ed in accoglimento dei motivi proposti, l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e, per l’effetto, reiezione dei ricorso e dei motivi aggiunti proposti in I grado.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Comune di Martina Franca (n. 8496/2008 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso ed i motivi aggiunti proposti in I grado.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2013

Redazione