Reddito imponibile (Sent. N° 749-08-11)

Redazione 19/07/11
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

SENTENZA N° 749-08-11

PRONUNCIATA

Riunita con l’intervento dei Signori: IL 19-7-11

Dott. ************à Presidente

Dott. ********************************************* relatore

Dott. **************************************************

DEPOSITATA

IN SEGRETERIA OGGI

ha emesso la seguente

SENTENZA

Il Segretario

Zappalà

sul ricorso n. 1434/10 R.G.R. introdotto da

***

Contro***

Avverso

l’avviso di accertamento n. RJ801A500839/2009, per IRPEF, anno d’imposta 2005, notificato il 24 giugno 2009.

Omissis

DIRITTO E OSSERVAZIONI

Il ricorso va parzialmente accolto perché il reddito imponibile , accertato su redditi di impresa, su dati incerti (ex art. 32 DPR 600/73), su redditi diversi ( ex art. 67 e ss.DPR 917/86) e su redditi di capitale (ex art. 44 e ss TUIR DPR 917/86), è una quota di incremento patrimoniale (ex art. 38 commi 4 e 5 DPR 600/73)) considerando la globalità e la complessa ed omessa sistematicità delle operazioni poste in essere dal ricorrente senza alcuna distinzione con particolare riferimento al patrimonio personale e al patrimonio di impresa.

Questo Collegio, innanzitutto, considera le varie operazioni che, nell’ambito tributario, per la complessità rilevata portano facilmente alla presunzioni evasive ed elusive per l’omessa correlazione di vari dati non supportate dalla sistematicità oggettiva e soggettiva poiché il ricorrente, a vario titolo e in vari modi, ha compiuto varie operazioni nell’ambito capitalistico, forse in parte, non sempre assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta e/o all’imposta sostitutiva. Il ricorrente, pur non essendo obbligato da alcune norma, avrebbe dovuto tenere per trasparenza un ordine cronologico e sistematico delle operazioni con distinzione, al fine di evitare presunzioni evasive ed elusioni. Il numero e la complessità delle operazioni hanno indotto l’Agenzia delle Entrate a considerare delle presunzioni senza distinguere le operazioni di capitale e quelle di natura e carattere diverso.

Quanto accennato sarebbe sufficiente per poter affermare che l’accertamento è illegittimo ed infondato perché i redditi di capitale sono quelli che derivano dall’impiego di capitale finanziario in attività estranee all’esercizio dell’impresa e derivano da eventi certi. Gli impieghi di capitali che hanno come risultato un evento incerto producono redditi che invece definiamo redditi diversi. La distinzione è importante perché tassati in modo diverso. I redditi da capitale sono tassati al lordo delle spese di produzione a differenza dei redditi diversi, i quali sono tassati al netto di tali spese e di eventuali perdite. Un esempio di reddito da capitale sono gli interessi sul c/c bancario mentre i proventi da rapporti derivati sono redditi diversi ( cfr M.E.F. infor.contrib.). Inoltre l’Agenzia delle Entrate, contestando la perdita di esercizio del 2004, non espone nell’avviso di accertamento con chiarezza i redditi di impresa fiscali tassabili.

Questa differenziazione di redditi non risulta nell’avviso di accertamento che mette in evidenza il reddito di impresa dichiarato e la perdita di esercizio e che accerta gli incrementi patrimoniali prendendo in esame gli autoveicoli posseduti e i negozi stipulati dal 2004 al 2008.

I redditi diversi, previsti dal sistema tributario italiano agli artt. 67-71 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), costituiscono una categoria di reddito residuale, che ha carattere eterogeneo, in quanto comprende i redditi più disparati che non rientrano nelle altre categorie di reddito indicate nell’art. 6 del T.U.I.R. o che hanno caratteri peculiari non inquadrabili in una categoria tipica. I redditi diversi formano una categoria di reddito residuale, cioè l’insieme di redditi percepiti al di fuori dell’esercizio di imprese, arti o professioni e che non derivano da società commerciali o da lavoro dipendente o subordinato.

I redditi diversi sono in linea di massima raggruppabili in due grandi categorie, entrambe tassabili per cassa:

  • plusvalenze isolate, cioè quelle non realizzate nell’ambito di un’attività economica continuativa (se lo fossero, il soggetto che le realizza sarebbe un imprenditore). La precedente formulazione dell’art. 68 parlava di “intento speculativo” del contribuente per distinguere le plusvalenze riconducibili ad un’attività produttiva del contribuente e quelle non derivanti da una simile attività del contribuente. Ora non c’è più questa formula e si parla di caratteri oggettivi dell’operazione. Il Testo Unico ha cioè sostituito alla tassazione delle plusvalenze realizzate con intento speculativo, la tassabilità di specifiche, determinate plusvalenze:

a) le plusvalenze immobiliari realizzate mediante la lottizzazione dei terreni o l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili e la successiva vendita (anche parziale) di tali terreni o edifici. –

b) le plusvalenze finanziarie (capital gain) che non sono quelle dei frutti dei titoli azionari (dividendi), ma di reddito dovuto alla vendita ad un prezzo superiore di quello di acquisto da obbligazioni o di altri strumenti finanziari, da cessioni di partecipazioni (qualificate e non).

  • Altre fattispecie di redditi diversi:

a) Quelle derivanti da attività non abituali commerciali e professionali che non presuppongono la tenuta delle scritture contabili;

b) Immobili situati all’estero;

c) Utilizzazione di diritti su opere dell’ingegno;

d) Vincite e lotterie;

e) Proventi illeciti non rientranti in altre categorie;

f) i redditi simili o prossimi a quelli fondiari, di capitali, di lavoro autonomo, di impresa, ma privi di un requisito tipico della categoria e perciò ascritti al novero dei redditi diversi.

Nei redditi di impresa, invece, si ha il risultato economico positivo ( utile) o negativo ( perdita) derivante dalla differenza tra i componenti positivi (ricavi ed altro) e i componenti negativi ( costi ed altro) quantificati e determinati con le dovute rettifiche ed osservanze delle disposizioni del T.U.I.R. D.P.R. 917/86.

Oltre all’omessa distinzione dei redditi di impresa, di capitale e dei redditi diversi, si aggiungono i dati bancari che hanno condotto l’Agenzia delle Entrate ad ottenere un risultato non inerente e non coerente per omesso computo delle disponibilità liquide:

L’art. 32 del dpr 600/73 ai fini delle imposte dirette contiene precise disposizioni per l’acquisizione degli elementi di informazione e prova amministrativa ai fini degli accertamenti regolati dagli artt. 38- 39-40 41 e 41 bis del DPR 600/73. Il citato art. 32 per l’accertamento sui redditi dispone che gli Uffici “possono …….” per procedere con le modalità previste all’acquisizione dei dati previa redazione di apposito verbale del quale la parte ha diritto di avere copia. Queste modalità sono attribuite specificatamente dalle norme legislative agli Uffici e non agli organi ispettivi, alternativi e verificatori che hanno solo il dovere di rilevare in modo completo dati ed elementi sempre con regolari autorizzazione e senza sconfinamenti nelle domiciliazioni.

Inoltre, le leggi in materia di imposte dirette prevedono espressamente che gli Uffici possono porre a base degli accertamenti i dati risultati dai conti bancari solo quando la parte verificata non dia dimostrazioni contrarie, sancendo un preciso onere che è quello di convocare personalmente la parte stessa.

Comunque per gli accertamenti basati sui conti bancari necessita preventivo il contraddittorio dettagliato per ogni movimento e/o operazione durante la verifica per poi poter usare il risultato ai fini dell’accertamento avente carattere di specialità che consiste nel fatto che , sui singoli versamenti e prelevamenti, la legge radica presunzioni di ricavi alquanto gravosi se si considera la globalità.

L’Agenzia ha applicato l’art. 38 -comma I- del DPR 600/7 utilizzando i dati e gli elementi dal sistema centrale, esponendoli nelle ragioni dell’avviso di accertamento sulla base di elementi di fatto certi per giungere dal fatto noto ( dati bancari, elementi di spesa o incrementi patrimoniali) al fatto ignoto ( reddito) La parte ricorrente, che ha il diritto al contraddittorio e di dimostrare le proprie capacità finanziarie, economiche e reddituali, in seno al ricorso, ha confermato tutti gli elementi ed ha contestato le entità o meglio i contenuti degli atti presi a base dell’accertamento.

A fronte della motivazione e degli elementi esposti nell’avviso di accertamento ex art. 38 –comma I- del D.P.R. 600/73, l’inversione dell’onere della prova rimane in capo al contribuente l’obbligo di dimostrare la correttezza fiscale o meno delle operazioni.

Questo Collegio giudicante, considerate le eccezioni esposte in fatto e tutti i dati e gli elementi posti a base dell’accertamento rileva che si tratta di accertamento sintetico tratto da redditi diversi, da redditizi capitale e da redditi di impresa e le spese effettuate dal contribuente in un determinato anno sono imputabili a redditi conseguiti in anni precedenti per il principio della cosiddetta quota risparmio (Cass. Sent.n. 14093 del 18 giugno 2007).

La S.C. di Cassazione SS.UU. con sentenza n. 26635 del 18 dicembre 2009 ha anche ha ribadito:

  1. il rispetto del principio della capacità contributiva in tema di accertamento tributario con indici, parametri, studi di settore ed altro;

  2. la legittimità del ricorso alla procedura di accertamento tributario standardizzato mediante indici, parametri, studi di settore ed altro che costituiscono un sistema di presunzioni semplici la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standard” in se considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente.

Dalla giurisprudenza si deduce, quindi, che nel crogiuolo dell’accertamento, o meglio nel “recipiente dove si forgia il risultato finale dell’accertamento ” devono esserci:

  • gli elementi certi e precisi della capacità di spesa e/o dell’incremento patrimoniale per giungere dal fatto noto al fatto ignoto (reddito);

  • l’inerenza e la coerenza soggettiva a quella oggettiva;

  • le prove sulla provenienza lecita delle fonti finanziarie

  • il contraddittorio con il contribuente per le effettive capacità finanziarie, economiche e reddituali;

Ciò esposto e premesso, nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate non ha attuato in modo regolare il contraddittorio per ogni operazione rilevata e non ha considerato le cosiddette “quote risparmio” degli anni precedenti l’accertamento; mentre al contrario il ricorrente non ha dato con trasparenza piena prova sulla coerenza e sull’inerenza delle fonti finanziarie per gli acquisti effettuati.

Per quanto riguarda la disponibilità liquida, la parte ricorrente non presenta dati certi e precisi sostenendo di aver avuto “almeno” € 400.000,00 senza fare distinzione tra quella a disposizione personale e quella di impresa ; mentre per gli autoveicoli disponibili bisogna considerare la quota del 50% per quello utilizzato per usi professionali.

Trattandosi di reddito sintetico, non considerando il risultato economico dell’attività di impresa e computando la disponibilità liquida effettiva, di fatto la situazione è la seguente:

omissis

Si deduce che, in assenza di netta distinzione di dati personali da quelli di impresa, per conglobazione tra redditi di impresa e redditi diversi, poiché quelli da capitali sono tassati (di solito) alla fonte e/o assoggettati a ritenute alla fonte, il reddito totale imponibile risulta € 64.846,75 nel rispetto delle disposizioni dell’art. 38 D.P.R. 600/72 proprio perché

Ne consegue che l’accertamento posto in essere va annullato e per il reddito rideterminato l’Ente impositore dovrà riliquidate le imposte ed irrogare le sanzioni al minimo.

Per le omissioni delle parti e per gli evidenti errori sulla determinazione del risultato finale, sussistono i motivi perché le spese di giudizio vengano compensate tra le parti.

PER QUESTI MOTIVI

La Commissione, in parziale accoglimento del ricorso, determina il reddito imponibile di € 64.846,75 (sessantaquattromila- ottocentoquarantasei/75); manda all’Agenzia delle Entrate la riliquidazione delle imposte applicando le sanzioni al minimo. Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Così deciso in camera di consiglio in Catania il 19 luglio 2011

IL RELATORE    IL PRESIDENTE

Redazione