Reclutamento di un ricercatore univesritario per il settore scientifico disciplinare ICAR/18 presso la facoltà di lettere (Cons. Stato n. 204/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 19/01/12
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FATTO e DIRITTO

I) Il dottor F. Z., vincitore di un concorso indetto dall’Istituto universitario Suor **************** con decreto rettorale in data 29 settembre 2003 per la copertura di un posto di ricercatore universitario, settore disciplinare ICAR 18, chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo della Campania ha accolto il ricorso proposto dalla dottoressa M. L., che aveva partecipato alla medesima procedura concorsuale, avverso il decreto rettorale n. 821 del 22 dicembre 2008, recante approvazione degli atti di rinnovo della valutazione comparativa, disposto in esecuzione della sentenza del medesimo Tribunale amministrativo n. 15342 del 21 set-tembre 2005. Tale sentenza, che ha accolto un primo ricorso proposto dalla dottoressa L. avverso l’esito della procedura concorsuale, è stata confermata, con diversa motivazione, dal Consiglio di Stato che, con la decisione 27 febbraio 2008, n. 699 ha riscontrato nel procedimento la mancata corretta applicazione dei criteri previsti dall’art. 4, comma 4, d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117 e la manifesta illogicità del giudizio al quale la Commissione esaminatrice era pervenuta, correlata ad una evidente disparità di trattamento in favore dello Z..
A seguito di queste pronunce il Rettore dell’Istituto universitario Suor **************** ha riconvocato nella medesima composizione la commissione esaminatrice. Questa, dopo aver parzialmente rinnovato la procedura, ha confermato i precedenti provvedimenti e ha dichiarato vincitore nuovamente il dottor F. Z..
II) Avverso gli atti della rinnovata procedura la dottoressa L. ha proposto nuovo ricorso al Tribunale amministrativo della Campania che, con la sentenza oggi in esame, ha accolto il gravame, in ragione dell’illegittimità della convocazione della commissione composta dagli stessi membri che erano pervenuti all’esito già annullato in sede giurisdizionale.
III) La sentenza merita conferma, essendo infondato l’appello proposto dal dottor Z. (mentre la costituzione in giudizio dell’Istituto universitario, soccombente in primo grado, è inammissibile in quanto non introdotta mediante appello).
IV) Non è, anzitutto, condivisibile quanto sostenuto con il primo motivo d’appello, nel senso dell’incompetenza del Tribunale amministrativo a decidere una controversia avente ad oggetto l’esatta esecuzione del giudicato formatosi a seguito della pronuncia di secondo grado.
Il Consiglio di Stato ha dichiarato, con la sentenza 20 luglio 2009, n. 4554 di questa VI sezione, inammissibile il ricorso per ottemperanza pure proposto dalla L.: quello che si lamenta in giudizio non è, infatti, la violazione del decisum del giudice, ma il cattivo uso della discrezionalità nelle rinnovate operazioni concorsuali, dove la nomina della commissione costituisce un adempimento endoprocedimentale. Correttamente, quindi, l’interessata ha incardinato la propria contestazione nell’ordinario ricorso impugnatorio davanti al Tribunale amministrativo.
V) Neppure merita apprezzamento la censura che si appunta sulla pretesa errata applicazione dei principi di buon andamento e di imparzialità, ai quali la sentenza in esame opera riferimento nel ritenere che la corretta rinnovazione della procedura, derivante dall’esito dei precedenti giudizi, avrebbe imposto la nomina di nuovi componenti della commissione esaminatrice.
In proposito, e rilevato che la pretesa violazione dell’art. 84 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 costituisce motivo inammissibile (in quanto sollevato per la prima volta in appello) e infondato (in quanto attinente alla diversa fattispecie del rinnovo del procedimento di gara a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione o dell’esclusione di taluno del concorrenti nel settore dei contratti pubblici), l’obbligo ritenuto dal primo giudice è del tutto evidente ove si consideri come l’illegittimità del giudizio all’esito del quale il dottor Z. è stato nominato vincitore è scaturita, secondo la decisione del Consiglio di Stato n. 699 del 2008, proprio dalla violazione delle regole, non solo normativamente prescritte, ma anche derivanti dal generale obbligo di omogeneità nell’applicazione dei criteri di giudizio e di parità di trattamento nei riguardi dei concorrenti.
E’ a tali principi generali, strettamente attinenti al canone di cui all’art. 97 della Costituzione del quale l’art. 1 comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 costituisce applicazione, e non allo strumento dell’analogia iuris che il primo giudice ha fatto riferimento per reperire, nel sistema, la regola di diritto della quale ha fatto applicazione. Di conseguenza, non ha pregio la censura esaminata, che si appunta sul mancato rilievo del sistema delineato dall’art. 84 al fine di colmare la pretesa lacuna dell’ordinamento.
Al contrario, poiché quello rilevato nel precedente giudizio è un vizio che attiene proprio all’essenza della valutazione comparativa e alla correttezza del percorso logico seguito dalla commissione nell’apprezzamento dei titoli culturali, scientifici e didattici posseduti dai due concorrenti (titoli dei quali la decisione del Consiglio di Stato ha rilevato la macroscopica predominanza a vantaggio della L., non avvertita dalla commissione sebbene immediatamente evidente), è chiaro che il dovere di imparzialità e la garanzia del buon andamento dell’azione amministrativa, costituzionalmente e legislativamente cogenti, avrebbero imposto che la nuova valutazione fosse affidata ad una commissione rinnovata nei propri componenti, a garanzia della necessaria neutralità e della assenza di pregiudizi anche solo teoricamente ipotizzabili.
VI) L’impugnazione proposta in primo grado, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente con l’ultimo motivo dell’appello, è stata correttamente indirizzata avverso l’esito della procedura. Non ha fondamento, infatti, la pretesa tardività della censura rivolta contro la composizione della commissione, che secondo l’appellante avrebbe dovuto essere avere ad oggetto immediato il decreto rettorale di riconvocazione: tale decreto, come si è detto, costituisce adempimento endoprocedimentale, impugnabile, per consolidata e condivisa giurisprudenza, insieme al provvedimento che della procedura costituisce l’esito (per tutte, Cons. Stato, V, 4 marzo 2011, n. 1408).
VII) In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante a rifondere alla parte resistente le spese del giudizio, nella misura di 2.000 (duemila) euro oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione