Reclamo swaps e collegamento negoziale (Trib. Brindisi, 29/1/2013) (inviata dal dott. A. I. Natali)

Redazione 29/01/13
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Contratto di swap (c.d. hedging) ovvero con finalità di copertura delle oscillazioni dei tassi, relativi a contratti di finanziamento inter partes – collegamento negoziale – configurabilità

 

E’ configurabile un collegamento negoziale di tipo funzionale, con conseguente reciproca comunicazione delle cause di inefficacia o nullità, fra un contratto di swap e un contratto di finanziamento, se la causa del primo é, prima facie, costituita da una finalità di copertura delle oscillazioni dei tassi, ovvero dall’interesse delle parti a neutralizzare quelle variazioni.

 

 

Art. 700 c.p.c. – residualità – previsione contrattuale (di recesso) che assicuri la medesima utilitas del rimedio processuale

inammissibilità  

 

Poichè l’art. 700 c.p.c. deve costituire l’extrema ratio, l’unico strumento fruibile per far valere, in via d’urgenza, il bene della vita di cui si teme la compromissione, deve ritenersi che, in genere, il ricorso ex art. 700 c.p.c. sia precluso non solo quando esista un istituto processuale idoneo ad assicurare la tutela agognata ma anche quando esista la facoltà, per il ricorrente, di invocare una previsione contrattuale – di natura, dunque, sostanziale – che sia idonea ad assicurare la medesima utilitas del rimedio processuale.

 

 

Facoltà di recesso particolarmente “onerosa” – garanzia della medesima utilitas giuridica del ricorso ex art. 700

– esclusione – tutela atipica – ammissibilità

Deve escludersi che la facoltà di recesso sia idonea a consentire alla ricorrente il conseguimento della medesima utilitas giuridica del proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. quando l’esercizio della stessa implichi esborsi particolarmente onerosi.

 

 

Con ricorso in data 14.11.2012 (notificato in data 22.11.2012 unitamente al provvedimento di fissazione di udienza), la Banca Monte dei Paschi di Siena spa ha proposto reclamo, ex art. 669 terdecies, avverso l’ordinanza del 30.10.2012, con la quale si ordinava alla M.P.S. “di sospendere ogni attività volta alla esecuzione del contratto di interest swap stipulato inter partes in data 15-30.3.2006; di non dare attuazione coattiva ad eventuali pretese creditorie da esso originate; di astenersi dal procedere ad ulteriori operazioni di addebito delle somma in base a tale contratto dovute dalla ********** a titolo di c.d. differenziali negativi  di astenersi da qualsivoglia segnalazione periodica alla Centrale Rischi riguardante la esposizione riveniente dal contratto di IRS per cui è causa sino alla definizione del giudizio di merito”.

La reclamante ha chiesto che, «in accoglimento del reclamo proposto, il ricorso proposto ven(isse) dichiarato inammissibile e/o improponibile ovvero infondato. Con vittoria di spese e competenze del giudizio».

In via pregiudiziale, quanto alla pretesa inammissibilità del ricorso per la supposta insussistenza del requisito della residualità del mezzo, la reclamante si duole che il provvedimento impugnato non avrebbe tenuto in alcun conto l’eccezione de qua.

In particolare, assume che la domanda cautelare sarebbe inammissibile in quanto il contratto di interest rate swap «a prescindere dal collegamento essenziale o meno con i contratti di mutuo, (conterrebbe) nella sua regolamentazione pattizia la possibilità di estinzione anticipata, sicché ……il risultato richiesto p(oteva) autonomamente essere conseguito mediante l’esercizio del diritto di recesso anticipato espressamente previsto dal contratto». 

La reclamante richiama, cioè, le previsioni contrattuali (art. 16 dell’accordo normativo in data 15.3.2006 ed atti di conferma dell’operazione in data 20.3.2006), per cui  “ciascuna delle parti av(eva) facoltà di estinguere anticipatamente” il contratto. Nondimeno, non sembra costituire punto controverso tra le parti che se il cliente fosse receduto, questi avrebbe dovuto pagare una penale (nella specie, ammontante allo 0,25 dell’importo di riferimento) e versare, soprattutto, l’eventuale importo a suo debito, una volta provvedutosi alla “liquidazione del valore di mercato (cd. **** to market) riferito alla durata residua dello strumento regolato dallo specifico contratto”.

Orbene, ritiene questo Collegio, che, in via di principio, la residualità della tutela atipica sia da escludersi quando vi sia la possibilità, per il ricorrente, di azionare altro rimedio (indifferentemente se di natura sostanziale o processuale) e questo, perché l’art. 700 c.p.c. deve costituire l’extrema ratio, l’unico strumento fruibile per far valere, in via d’urgenza, il bene della vita di cui si teme la compromissione.

Dunque, deve ritenersi che, in genere, il ricorso ex art. 700 c.p.c. sia precluso non solo quando esista un istituto processuale idoneo ad assicurare la tutela agognata ma anche quando esista la facoltà, per il ricorrente, di invocare una previsione contrattuale – di natura, dunque, sostanziale – che sia idonea ad assicurare la medesima utilitas del rimedio processuale.

Ciò premesso, nel caso di specie, deve escludersi che la clausola contrattuale concernente il recesso (e la facoltà di anticipata risoluzione del contratto di swap) sarebbe stata idonea a consentire alla ricorrente il conseguimento della medesima utilitas giuridica del proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. E ciò proprio per la sua idoneità a dare luogo ad esborsi particolarmente onerosi. In particolare,  non è contestato che l’anticipata risoluzione del contratto di swap avrebbe comportato il pagamento, da parte della **********, di una penale e del c.d. mark to market (allo stato pari a circa € 250.000,00).  

Va poi condiviso, sempre in base ad una valutazione sommaria, tipica della fase cautelare,  l’assunto della reclamata relativo alla configurabilità di un collegamento negoziale – di tipo, però, funzionale e non anche temporale –  tra i diversi strumenti contrattuali.

Infatti, la causa del contratto di swap, appare, prima facie, costituita da una finalità di copertura delle oscillazioni dei tassi, ovvero dall’interesse delle parti a neutralizzare quelle variazioni.

Depone in tal senso, in primo luogo,  il dato testuale dell’Accordo Normativo stipulato inter partes, che alle lettere c)  ed e) prevede espressamente che  “il cliente pone in essere operazioni dalle quali derivano posizioni creditorie e/o debitorie a scadenza futura denominate in euro, o altra divisa, rispetto alle quali egli intende cautelarsi dagli eventuali effetti delle variazioni dei tassi di interesse, che potrebbero intervenire prima della scadenza delle operazioni stesse”; cosicché “è interesse del cliente concludere contratti del tipo di quelli previsti dal presente Accordo per limitare i rischi di corso e/o di tasso e/o di cambio derivanti dalle suddette operazioni” (lett. c e d dell’Accordo Normativo).

Inoltre,  corrobora la tesi della finalità di copertura  la stipulazione, seppur non contestuale, ma in epoca temporalmente ravvicinata del contratto di interest rate swap e di quelli di finanziamento (ed, in particolare, la stipula del primo dopo l’avvio dell’ammortamento dei mutui e prima della scadenza della prima rata), ossia quanto l’esigenza di garantirsi da possibili oscillazioni era divenuta particolarmente pressante.

Né ha pregio l’assunto secondo cui difetterebbe  una esplicita funzione di copertura in considerazione  della «rischiosità della cd. posizione base così come richiesto dalle prescrizioni Consob».

Invero, la comunicazione della Consob n. DI/99013791 richiamata dalla reclamante – senza incidere sull’applicabilità dell’istituto del collegamento negoziale –  si limita a stabilire che, allorché ricorrano le condizioni ivi indicate (fra le quali una espressa previsione della funzione di copertura della rischiosità della cd. posizione base), tali strumenti non sono assoggettati agli obblighi, essenzialmente informativi, riconosciuti a protezione del cliente di cui al Regolamento Consob n. 11522/1998. Dunque, la Comunicazione de qua, lungi dall’assumere  la valenza di un principio generale, detta una definizione di operazione c.d. di “copertura” limitata (e, quindi, circoscritta) all’applicazione della disciplina regolamentare.

Ne il valore degli elementi sopra analizzati,  che univocamente depongono per una finalità di copertura,  e, quindi, per uno stretto collegamento funzionale tra i due contratti,  può essere incrinato dalla deduzione della  reclamante secondo cui non  ricorrerebbe la contestualità dei contratti: «il primo contratto di mutuo, per l’importo di 2.400.000,00 euro è stato sottoscritto addirittura nel gennaio del 2005 e quindi più di un anno prima del contratto di swap … (che è del marzo 2006); ed anche il contratto di mutuo (del novembre 2005 per 600.000 euro) è stato stipulato ben prima del contratto di IRS».

Anche se tale  circostanza risponde a verità, nondimeno, costituisce principio consolidato quello per cui la mancanza di contestualità fra più atti negoziali, non è di ostacolo ad un collegamento negoziale fra gli stessi, quando gli stessi siano, comunque, preordinati al raggiungimento di un interesse unitario.

 

Orbene, in presenza di una  risoluzione anticipata dei contratti di mutuo e venuta meno la suddetta esigenza di copertura, il contratto di swap, ad una valutazione allo stato degli atti,  deve ritenersi oramai privo di giustificazione e sprovvisto di una funzione economico – sociale meritevole di tutela, con conseguente applicabilità del principio simul stabunt simul cadent

 

Non dirimente appare la considerazione per cui  anche se il contratto di IRS «fosse stato stipulato con finalità di copertura del mutuo ciò non oscura il fatto che ogni contratto abbia la sua individualità, abbia la sua disciplina e siano assolutamente autonomi. (…) Il contratto di mutuo ed il contratto di IRS sono in grado di “sopravvivere l’uno all’altro”».

E’ noto, infatti, come il collegamento negoziale non incida sull’autonomia strutturale dei contratti, i quali – in sé perfetti e singolarmente produttivi di effetti giuridici – conservano una loro causa autonoma, una loro specifica individualità giuridica e restano soggetti alla disciplina propria del rispettivo schema negoziale.

Nondimeno, poiché le parti perseguono un risultato economico unitario e complessivo – che viene appunto realizzato attraverso una pluralità coordinata di contratti – questi sono, al contempo,  finalizzati ad un unico regolamento dei reciproci interessi (ex multis, Cass. 10.7.2008, n. 18884), e soggiacciono alla medesima sorte. La “comunicazione” delle cause di invalidità, risoluzione o rescissione di uno dei negozi sull’altro (simul stabunt simul cadent) consegue, appunto, alla impossibilità di realizzazione dell’interesse perseguito dalle parti attraverso il coordinamento dei negozi collegati (amplius, la giurisprudenza già menzionata e, fra le altre, Cass. 5.6.2007, n. 13164; Cass. 21.11.2011, n. 24511; Cass. 8.10.2008, n. 24792; Cass. 27.3.2007, n. 7524; Cass. 28.6.2001, n. 2844;Cass. 12.7.2005, n. 14611, secondo cui «In definitiva, in caso di collegamento funzionale tra più contratti, non dando essi luogo ad un contratto unico, ma, conservando la propria individualità giuridica, gli stessi restano conseguentemente soggetti alla disciplina propria del rispettivo schema negoziale, mentre l’interdipendenza si risolve nel principio di una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui “simul stabunt, simul cadent”).

Quanto all‘eventuale mancanza di causa del contratto ove stipulato con finalità speculative» – ipotesi vagliata, ma solo in astratto ed in linea generale dal primo Giudice – va ribadito come il contratto di swap stipulato inter partes non abbia funzione speculativa o di investimento (c.d. trading), ma una finalità di copertura (c.d. hedging); profilo funzionale che,  a seguito del venir meno del negozio presupposto,   è venuto a mancare. Ciò, in applicazione della c.d. causa in concreto  che configura lo scopo pratico del negozio – la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare – quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato (Cass. 8.5.2006, n. 10490; Cass. 12.11.2009, n. 23941).

Deduce, inoltre, la reclamante che, anche  a ritenere un collegamento negoziale, la previsione di  una specifica disciplina pattizia dell’estinzione anticipata per tutte  i negozi collegati,  escluderebbe che la mera estinzione dei mutui dia luogo al medesimo effetto estintivo del contratto di swap.

Ritiene, però, questo Collegio, ad una valutazione allo stato degli atti, che tale eccezione debba essere disattesa. Si deve, infatti, ritenere  che, proprio la reciproca comunicazione delle vicende relative ad efficacia e validità dei singoli negozi – che è elemento qualificante del collegamento negoziale – sia idonea a circoscrivere la disciplina pattizia dell’estinzione anticipata alle ipotesi in cui  la stessa consegua a vicende diverse dall’estinzione del negozio collegato.

Quanto alla contestata sussistenza del periculum in mora, dev’essere innanzitutto ribadito che la (onerosa) possibilità della ********** di recedere pattiziamente dal contratto di swap non esclude affatto il lamentato rischio.

Opinando diversamente – ed, escludendo il periculum e, quindi, la cautela richiesta – la società sarebbe costretta a subire l’ingiusta coercizione di dover versare ingenti somme alla Banca per ottenere la liberazione da un vincolo ormai privo di causa.

E’ pacifico del resto che l’irreparabilità del pregiudizio (la quale va intesa in senso relativo e non assoluto, e cioè come semplice e ragionevole pericolo del determinarsi di una lesione di un proprio diritto) sussiste anche quando sussista uno scarto tra la soddisfazione integrale del diritto ed i risultati (parziali) conseguibili mediante altri rimedi.

Assume, poi, la Banca reclamante che il periculum in mora dovrebbe essere escluso in quanto la ********** avrebbe conosciuto e tollerato per lungo tempo la violazione oggi lamentata.

Invero, l’eccezione de qua deve essere disattesa,  in quanto il periculum lamentato dalla ********** e considerato sussistente dal primo Giudice consiste nel «temuto rischio di segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d’Italia, la quale può portare ad una totale chiusura del credito da parte del circuito bancario con conseguente assoluta impossibilità della società di operare in mancanza di liquidità e con conseguente rischio di fallimento».

E tale rischio non si era ancora verificato sino alla data di proposizione del ricorso (e di pronuncia dell’ordinanza impugnata), per cui è attuale.

In secondo luogo, la giurisprudenza richiamata individua il lungo periodo di tempo nel decorso di diversi anni, condizione che, in virtù delle  risultanze ex actis, non sembra integrata nel caso di specie. Peraltro, in via generale, il suddetto principio interpretativo – che rinviene la propria ratio nella volontà di “punire” il ricorrente che non si attivi tempestivamente, in via cautelare –  non è applicabile quando, dopo che un periculum si è già verificato, si prospettino concreti rischi di sua reiterazione o comunque si paventino ulteriori effetti dannosi: in tali circostanze, infatti, anche il decorso di un apprezzabile periodo di tempo dall’evento dannoso non esclude il carattere di imminenza e attualità del pregiudizio, trattandosi di prevenire un fatto distinto da quello già consumato.

                                                         

P.Q.M.

 

1. rigetta il reclamo ex art. 669 terdecies proposto dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. con ricorso depositato in data 14.11.2012;

2. condanna la reclamante al pagamento, in favore della reclamata, delle spese, che liquida in complessivi € 2000,00, oltre iva e cap come per legge.

 

Brindisi, 29.1.2013                                                                     

                                                                                                                                                              

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