Reato di interferenze illecite per il proprietario di casa che registra le telefonate della compagna

Redazione 22/02/13
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RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha assolto S. S. dal delitto di cui al capo A (originariamente contestato come ipotesi di cui all’articolo 572 cp, riqualificata in primo grado ai sensi dell’articolo 610 cp) con la formula della insussistenza del fatto; ha confermato nel resto, confermando in particolare la condanna per il delitto di cui all’articolo 615 bis cp, così formulato nel capo d’imputazione: “per essersi, mediante utilizzo di un registratore, procurato indebitamente notizie relative al contenuto di un colloquio intercorso tra P. C. e la sorella P. S., svoltosi all’interno dell’abitazione ove la predetta P. C. conviveva con lui S.”.
2. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato e deduce, in relazione a tale delitto, inosservanza ed erronea applicazione di legge, rilevando che la condotta descritta dalla norma è quella di chi indebitamente si procura notizie e immagini attinenti alla vita privata di un soggetto, con riferimento ai luoghi di cui all’articolo 614 dello stesso codice. Orbene, i luoghi di cui all’articolo 614 sono costituiti dall’abitazione o da altro luogo di privata dimora. La registrazione in oggetto è avvenuta nella casa dell’imputato, nella quale la P. solo saltuariamente si portava a visitare il S. a volte trascorrendo con lui la notte. Ne consegue che l’aver posizionato il registratore nella sua (dell’imputato) abitazione è condotta del tutto lecita e che il fatto che sia stata captata —appunto nell’abitazione del S. che non può considerarsi luogo di privata dimora della P. una conversazione intercorsa tra costei e la sorella costituisce, alla luce della vigente normativa, condotta penalmente irrilevante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e merita rigetto; il ricorrente va condannato alle spese del grado.
2. II concetto di “vita privata” si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato. Deve trattarsi ovviamente non di un luogo riservato “in astratto”, ma di un luogo riservato a quel soggetto (o, quantomeno, anche a quel soggetto) nei confronti del quale la captazione (di immagini, parole ecc.) è avvenuta.
3. La giurisprudenza di questa Sezione ha chiarito (ASN 200639827- RV 234960) che il reato di interferenze illecite nella vita privata è configurabile anche nel caso di indebita registrazione, da parte di un coniuge, di conversazioni che, in ambito domestico, l’altro coniuge intrattenga con un terzo.
3.1. Non vi è naturalmente ragione di non estendere la tutela a chi de facto possa essere legato all’imputato da un rapporto assimilabile a quello coniugale.
3.2. Ebbene P. C. viene indicata nel capo di imputazione come “convivente”.
3.3. Con il ricorso, si nega tale circostanza, sostenendo che la persona offesa, che con l’imputato, all’epoca intratteneva una relazione, non si tratteneva abitualmente nella casa di abitazione del S. limitandosi a frequentarla e a trascorre, a volte, la notte con il predetto.
3.4. Orbene, a parte il fatto che la mancanza di convivenza viene semplicemente affermata nel ricorso, sta di fatto che se nell’abitazione dell’imputato, si svolgevano fasi significative della “vita privata” della P. (e tale certamente deve ritenersi la condotta esplicativa di momenti di intima affettività, a ratio della norma ex art. 615 bis cp comporta la sua applicazione anche quando la condotta captativa sia stata tenuta nei suddetti luoghi. La vittima della “obliqua” condotta del partner, proprio perché si trova in un luogo nel quale si svolgono episodi significativi della sua vita privata, è -di regola- fiduciosa della tutela della sua privacy e quindi particolarmente esposta e vulnerabile nei confronti di un comportamento subdolo e sleale da parte della persona cui è affettivamente legata. In sintesi: ai fini della applicabilità dell’art. 615 bis cp, deve ritenersi luogo di privata dimora anche quello in cui si svolge parte significativa della vita affettiva di chi si trattiene, anche non abitualmente, in detto luogo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, in data 16 ottobre 2012.

Redazione