Reato di accesso illecito per il dipendente che accede al sistema informatico per finalità non inerenti la sua funzione (Cass. pen. n. 3822/2013)

Redazione 24/01/13
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RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Torino, con la sentenza del 23 maggio 2012, ha confermato la sentenza, emessa a seguito di rito abbreviato, del GIP presso il Tribunale di Asti del 21 settembre 2010 che aveva condannato S. M. per il delitto continuato ed aggravato di accesso abusivo al sistema informatico.
I fatti puniti erano costituiti da illeciti accessi, nella qualità dl assistente della Polizia di Stato, al sistema informatico Interforze per esaminare posizioni di soggetti e di veicoli per finalità non inerenti la propria funzione dal 1 giugno 2004 al 12 dicembre 2007.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando:
a) una motivazione illogica in merito alla dichiarazione d’inammissibilità dell’eccezione d’incompetenza territoriale del Tribunale di prime cure, a cagione della richiesta di rito abbreviato;
b) una violazione di legge e una motivazione illogica in merito all’affermazione della penale responsabilità per il delitto di abusivo accesso ad un sistema informatico (articolo 615 ter cod. pen.), con particolare riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo in presenza di un contrasto giurisprudenziale sulla responsabilità da parte di operatori abilitati all’accesso al sistema informatico protetto;
c) una violazione di legge e una motivazione illogica in merito alla ritenuta sussistenza delle aggravanti contestate, al bilanciamento con le attenuanti, al trattamento sanzionatorio in genere e all’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è sostanzialmente da rigettare in quanto di responsabilità.
2. Infondato è sicuramente il motivo di rito, relativo alla proponibilità o meno dell’eccezione d’incompetenza territoriale nell’ambito di un giudizio abbreviato.
Invero, componendo l’esistente contrasto giurisprudenziale sul punto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato come l’eccezione di incompetenza territoriale sia proponibile “in limine” al giudizio abbreviato non preceduto dall’udienza preliminare, mentre, qualora il rito alternativo venga instaurato nella stessa udienza, l’incidente di competenza può essere sollevato, sempre “in limine” a tale giudizio, solo se già proposto e rigettato in sede di udienza preliminare (v. Cass. Sez. Un. 29 marzo 2012 n. 27996).
In motivazione la Corte ha precisato che, pur in assenza nel giudizio speciale di una fase dedicata alla soluzione delle questioni preliminari, l’eccezione può essere proposta in quella dedicata alla verifica della costituzione delle parti.
Nella specie, come accertato correttamente dal Giudici del merito e come ricavabile dal verbale della relativa udienza, l’eccezione d’incompetenza territoriale era stata effettuata dopo l’ammissione al giudizio abbreviato e soltanto con le conclusioni rassegnato dal difensore all’esito della discussione e non, quindi, in limine litis all’atto della costituzione delle parti.
3. Del pari, infondato è il motivo relativo alla sussistenza dell’ascritto reato in capo ad un soggetto pur sempre abilitato all’utilizzazione del sistema informatico protetto.
Anche in questo caso le Sezioni Unite di questa Corte hanno composto il contrasto esistente tra le Sezioni semplici affermando come integri il delitto, previsto dall’articolo 615 ter cod. pen., il comportamento di colui che, pur essendo abilitato, acceda o si mantenga in un sistema informatico o telematico protetto violando le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso, rimanendo invece irrilevanti, al fini della sussistenza del reato, gli scopi e le finalità che abbiano soggettivamente motivato l’ingresso nel sistema (v. la citata Cass. Sez. Un 27 ottobre 2011 n. 4694).
Ciò che rileva è, quindi, il profilo oggettivo dell’accesso e del trattenimento nel sistema informatico da parte dl un soggetto che non può ritenersi autorizzato ad accedervi ed a permanervi, sia quando violi e limiti
risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema, sia quando ponga in essere operazioni ontologicamente diverse da quelle di cui egli è incaricato ed in relazione alle quali l’accesso era a lui consentito (v. da ultimo, Cass. Sez. V 22 febbraio 20122. 15054).
Il dissenso del “dominus ioci” non viene, quindi, desunto dalla finalità che anima la condotta dell’agente, bensì dalla oggettiva violazione delle disposizioni del titolare in ordine all’uso del sistema.
Situazione che si attaglia perfettamente alla condotta del ricorrente, così come accertata dalla Corte territoriale e che rende ultronea ogni disquisizione richiesta dalla difesa in merito alle finalità dell’indebito ingresso nel sistema informatico protetto.
Per completezza con riferimento alla pretesa carenza di elemento soggettivo in capo all’odierno ricorrente, deve notarsi come l’esclusione di colpevolezza per errore di diritto, dipendente da ignoranza inevitabile della legge penale, possa essere giustificata da un complessivo e pacifico orientamento giurisprudenziale che abbia indotto nell’agente la ragionevole conclusione della correttezza della propria interpretazione del disposto normativo.
Ne consegue, di converso, che in caso di giurisprudenza non conforme o di oscurità del dettato normativo sulla regola di condotta da seguire, come asserito dalla difesa dell’odierno ricorrente, non sia possibile invocare la condizione soggettiva dl ignoranza inevitabile, atteso che, in caso di dubbio, si determina un obbligo di astensione dall’intervento, con l’espletamento di qualsiasi utile accertamento volto a conseguire la corretta conoscenza della legislazione vigente in materia (v. da ultimo Cass. Sez. VI 25 gennaio 2011 n. 6991).
4. La mancata concessione delle attenuanti generiche prevalenti alle contestate aggravanti, su cui nessuna parola era stata spesa nell’atto di appello per cui non può dirsi alcunché nella presente sede, appare logicamente motivata (v. pagina 6 della motivazione) e si sottrae, pertanto, al giudizio di legittimità.
La pena accessoria di cui all’articolo 31 cod. pen. è stata correttamente applicata, posto che il delitto contestato è stato commesso proprio con abuso del poteri inerenti la propria funzione.
5. L’impugnata sentenza, peraltro, deve essere parzialmente annullata senza rinvio, in quanto alcuni degli episodi facenti parte dell’imputazione della continuazione nell’articolo 615 ter cod. pen. ascritta risultano ormai prescritti.
Giova premettere, in diritto, come in caso di reato continuato, qualora debba farsi applicazione della disciplina più favorevole dettata, per la prescrizione del reato, dall’articolo 158 cod. pen., come modificato dalla L. 5 dicembre 2005 n. 251, il termine iniziale della prescrizione non possa essere individuato, per tutte le violazioni, in quello dell’inizio della condotta criminosa, e cioè in quello della commissione della prima di esse, ovvero nella cessazione dell’accertata continuazione ma vada fissato, per ciascuna, nella relativa data di consumazione (v. Cass. Sez. Fer. 26 agosto 2008 n. 34505).
Nella specie, all’imputato vengono contestati, all’interno della ritenuta continuazione, fatti commessi a partire dal 1 giugno 2004 fino al 12 dicembre 2007.
Il termine prescrizionale applicabile, ai sensi degli articoli 157 e 161 cod. pen., appare essere di anni sette e mesi sei, a cui devono aggiungersi mesi tre e giorni uno di sospensione per rinvii delle udienze richiesti dalla difesa dell’imputato.
Tutti i fatti commessi nell’anno 2004 risultano, pertanto, prescritti (29 ottobre 2004 più anni sette mesi nove e giorni uno di sospensione) al 30 luglio 2012 mentre le successive imputazioni a partire dal 2 ottobre 2005 sfuggono alla prescrizione.
Non potendo, però, questa Corte procedere alla rideterminazione della pena, in conseguenza dell’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza quanto ai fatti estinti per prescrizione, comportando tale operazione valutazioni di merito e soggettive, s’impone la trasmissione degli atti alla Corte territoriale esclusivamente per la rideterminazione della pena.
6. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere integralmente confermata, quanto all’accertamento della responsabilità penale per l’ascritto reato di cui all’articolo 615 ter così come contestato, mentre sarà compito della Corte territoriale quantificare la pena alla luce dell’intervenuta prescrizione per gli episodi compiuti dal 1 giugno 2004 al 29 ottobre 2004.

P.T.M.

La Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni relative agli addebiti per i fatti fino al 29/10/2004 coerenti a reato estinto per intervenuta prescrizione. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Torino per la rideterminazione della pena. Rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 15/1/2013.

Redazione