Reati tributari: la prescrizione si interrompe anche senza notifica (Cass. pen. n. 37930/2012)

Redazione 01/10/12
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Svolgimento del processo

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con la sentenza qui impugnata, la Corte d’appello ha confermato il giudizio di responsabilità pronunciato nei suoi confronti in primo grado per la violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8. Più in particolare, V. è stato accusato di avere emesso fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire ad altre società, utilizzatrici delle medesime l’evasione delle imposte dirette ed indirette. Nel fare ciò, però, la Corte ha dichiarato la estinzione per prescrizione delle condotte ascritte a V. relativamente agli anni 1998 e 1999.

2. Motivi dei ricorso – Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso, tramite il difensore deducendo che i fatti ascritto al V. si riferiscono a fatture emesse tra il 1998 ed il 2001 e che, trattandosi di reato permanente, considerando la data di emissione dell’ultima fattura ed il fatto che il termine per prescrivere è di 10 anni, tutti i reati dovrebbero considerarsi prescritti.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

3. Motivi della decisione – Sebbene basato su alcune imprecisioni, il ricorso è fondato.

Non è esatto, infatti, sostenere che il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 sia permanente.

Come precisato anche di recente da queste S.U. (28.10.10, ********, Rv. 248869) il delitto di frode fiscale si connota come reato di pericolo o di mera condotta (avendo il legislatore inteso rafforzare la tutela del bene giuridico protetto anticipandola al momento della commissione della condotta tipica) e si perfeziona nel momento di emissione della singola fattura ovvero – ove, come nella specie, si abbiano plurimi episodi nel corso del medesimo periodo di imposta – nel momento di emissione dell’ultimo di essi (sez. 3, 14.1.10, ventura, Rv. 246193).

Il che non equivale a sostenere la permanenza della condotta. Il reato permanete, infatti, ha una struttura unitaria e si ripartisce in più momenti sì da costituire un continuum non suscettibile di una scomposizione in una pluralità di reati ciascuno con propria autonoma data di commissione come, invece, avviene nella specie.

Ciò è tanto vero che, nel caso in esame, la Corte ha giustamente preso in esame i tempi diversi di emissione delle fatture anche se, nel fare ciò, ha tenuto conto erroneamente del tempo necessario alla prescrizione e, nella stessa imprecisione, è incorso anche il ricorrente.

Probabilmente gli equivoci sono stati ingenerati dal fatto che nel corso del presente procedimento si sono succedute due riforme: quella della L. n. 516 del 1982 (sostituita dal D.Lgs. n. 74 del 2000) e quella degli artt. 157 segg. c.p. in materia di prescrizione (con introduzione della c.d. ********** del 2005).

Orbene, posto che i fatti sono stati commessi sino al (omissis) e la sentenza di primo grado è intervenuta il 3.12.04, non vi è dubbio che il regime prescrizionale da applicarsi sia quello antecedente la riforma dell’art. 157 vigente il quale, la L. n. 516 del 1982 (art. 9) prevedeva un termine di prescrizione speciale per il presente reato di 6 anni cui, anche tenuto conto di più cause interruttive, non si può che aggiungere la metà della pena. Con il risultato che il termine massimo per la prescrizione è di 9 anni.

Se, quindi, corretta si rivela in ogni caso la declaratoria di prescrizione dei reati commessi nel (omissis), ha errato la Corte d’appello quando non ha dichiarato anche l’estinzione delle condotte commesse fino al (omissis) che, nel 2012 (data di emissione della sentenza d’appello), erano prescritte sin dal 2010.

Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione.

 

P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e segg. c.p.p., annulla la sentenza impugnata senza rinvio per intervenuta prescrizione.

Redazione