Reati fiscali: il sequestro per equivalente sugli immobili si estende anche all’usufrutto (Cass. pen. n. 42148/2013)

Redazione 14/10/13
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RITENUTO IN FATTO

1. – Con ordinanza del 8 gennaio 2013, il Tribunale di Lecce ha confermato il provvedimento del Gip dello stesso Tribunale con il quale era stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, avente ad oggetto immobili simulatamente alienati, in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, contestato agli indagati C.S., C.V., C.A., M.M., perché, agendo in concorso tra loro, al fine di consentire a C.V. di sottrarsi al pagamento delle sanzioni amministrative relative all’evasione di imposte sui redditi e sul valore aggiunto per circa 1.000.000 di euro, effettuavano un’alienazione simulata di una metà in divisa di un fabbricato al prezzo di euro 167.500. In particolare, C.S. eseguiva, in data 31 dicembre 2009, un versamento di euro 165.000 in favore della madre, M.M.,la quale emetteva il giorno stesso in favore della figlia C.A. quattro assegni circolari da euro 50.000 ciascuno e un assegno circolare da euro 17.000, in modo da procurarle la provvista necessaria perché acquistasse simulatamente, da C.V. con atto di compravendita del 26 dicembre 2009 detta metà indivisa dei fabbricato al prezzo indicato, oltre altre proprietà, in modo da rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. A carico di C.S. e C.A. era poi ipotizzato lo stesso reato commesso in concorso, al fine di sottrarre C.S. al pagamento delle sanzioni amministrative relative ad IVA e imposte sui redditi circa euro 231.000, attraverso l’alienazione simulata di una metà indivisa dello stesso fabbricato al prezzo di euro 169.000, in modo da rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva sul suddetto fabbricato.
2. – Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione M.G., in qualità di terzo non indagato, legale rappresentante della società titolare del diritto di usufrutto sugli immobili sequestrati, dati in locazione ad altri due soggetti anch’essi estranei al procedimento penale, lamentando che il decreto di sequestro era stato eseguito nei suoi confronti, con attribuzione al custode giudiziario dei compito di riscuotere gli affitti dei due immobili. Il Tribunale avrebbe ritenuto che la ricorrente non era estranea alla commissione dei reati oggetto di contestazione, tanto da affermare che la stessa avrebbe dovuto essere iscritta nel registro degli indagati.
2.1. – Fatta questa premessa, la ricorrente lamenta, in primo luogo, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, perché il Tribunale, in mancanza di domanda del pubblico ministero, avrebbe di fatto esercitato d’ufficio fazione cautelare a carico di un soggetto ritenuto dall’accusa estraneo ai fatti.
Il Tribunale avrebbe infatti affermato che la società della ricorrente è solo formalmente titolare del diritto di usufrutto, ma in realtà è un mero schermo societario volto ad accertare la reale beneficiaria, individuabile nella M., legale rappresentante della società stessa.
2.2. – Con un secondo motivo di doglianza, evidenzia la mancanza dei presupposti per sottoporre a sequestro i beni in questione, sempre sul rilievo che l’atto asseritamente simulato, consistente nell’acquisto del diritto di usufrutto, non era indicato nei capi di imputazione oggetto di addebito.
2.3. – Con un terzo motivo di impugnazione, si sostiene che, ai sensi dell’art. 322 ter cod. pen., il diritto di usufrutto non potrebbe essere sequestrato perché non confiscabile.
2.4. – Vi sarebbe, in quarto luogo, la violazione degli artt. 1, comma 143, della legge n. 244 dei 2007, 322 ter cod. pen., 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, per l’erronea configurazione del concetto di profitto rilevante ai fini della confisca. Sostiene la difesa che il provvedimento appare finalizzato all’apprensione di un profitto puramente teorico e potenziale, consistenti in un attivo economico meramente atteso da parte dei soggetti agenti al momento della commissione del reato, non essendosi configurato in concreto alcun vantaggio patrimoniale. Aggiunge la difesa che il reato di cui all’art. 11 richiamato sarebbero un reato di pericolo, che si realizza nel momento in cui viene posta in essere la simulata alienazione di beni, a nulla rilevando che successivamente la pretesa tributaria dello Stato sia stata egualmente soddisfatta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
3.1. – I primi due motivi di impugnazione – che possono essere trattati congiuntamente, perché entrambi riferiti alla non corrispondenza fra il provvedimento del Tribunale e la richiesta cautelare, nella quale non si faceva alcun riferimento al carattere simulato de|l’usufrutto dei beni sequestrati a favore della società della ricorrente e alla partecipazione di quest’ultima alla commissione dei reati – sono infondati.
Non vi è dubbio che il procedimento cautelare sia retto dal principio della domanda, in forza del quale il giudice della cautela non può disporre misure in relazione a fatti diversi o a carico di soggetti diversi da quelli indicati nell’imputazione provvisoria formulata dal pubblico ministero. Tale principio è stato, però, correttamente applicato nel caso di specie, perché sia il Gip sia il Tribunale hanno riferito il disposto sequestro per equivalente ai reati e ai soggetti indicati nell’imputazione. La motivazione utilizzata per affermare che l’usufrutto a favore della società della ricorrente sui beni oggetto di sequestro avrebbe carattere simulato e che la ricorrente avrebbe partecipato alla commissione dei reati non modifica tale quadro.
Oggetto del sequestro non è il diritto di usufrutto della stessa ricorrente, così come presupposto del sequestro non è il comportamento delittuoso ipotizzato a suo carico.
La ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale ha, infatti, il solo scopo di evidenziare che, essendo l’usufrutto a favore della ricorrente simulato, gli indagati – soggetti diversi, lo si ripete, dalla stessa ricorrente, la quale potrà al più essere indagata per i medesimi reati in un nuovo procedimento – hanno di fatto mantenuto la disponibilità dei beni e che pertanto detti beni possono essere sottoposti a sequestro per equivalente ai sensi dell’articolo 322 ter cod. pen.
3.2. – Manifestamente infondato è, invece, il terzo motivo di impugnazione, con i cui si sostiene che l’usufrutto non potrebbe essere oggetto di confisca e, dunque, di sequestro per equivalente. Come già osservato, infatti, oggetto di sequestro nel presente procedimento sono gli immobili in quanto tali e non il diritto di usufrutto sugli immobili; diritto ritenuto in concreto non sussistente a carico della ricorrente, perché nascente cla atto simulato. Né la stessa ricorrente muove, peraltro, alcun rilievo alla motivazione utilizzata dal Tribunale a sostegno della ritenuta simulazione dell’acquisto del diritto di usufrutto.
3.3. – Infonclato è l’ultimo motivo di ricorso, con il quale si sostiene che nel caso di specie non vi sarebbe un profitto attuale derivante dal reato, sul rilievo che la fattispecie di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 è una fattispecie di puro pericolo.
Deve premettersi che, neanche con riferimento a tale profilo, la ricorrente muove rilievi in ordine ai gravi indizi di colpevolezza del reato contestato, limitandosi a censure di puro diritto. Deve altresì premettersi che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sez. 3, 27 ottobre 2010, n. 40481, sez. 3, 5 maggio 2011, n. 23986), l’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 deve essere interpretato nel senso che la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte si consuma nel momento e nel luogo in cui venga posto in essere qualsiasi atto che possa mettere in pericolo l’adempimento di un’obbligazione tributaria, con la conseguenza che non è necessario per la sussistenza del reato che la pretesa tributaria sia vanificata, essendo sufficiente l’idoneità della condotta a raggiungere il fine illecito che il contribuente si prefigura. In altri termini, il legislatore ha anticipato la tutela penale del bene protetto, limitandola all’effettiva riscossione dei tributi, ma ricomprendendovi la conservazione delle garanzie patrimoniali ad essa connesse. Questa stessa Corte ha, inoltre, precisato che, in tema di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, il profitto confiscabile, anche nella forma per equivalente, è costituito da qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione dell’illecito (sez. 5, 14 dicembre 2011, n. 3238/2012, rv. 251525).
Tali principi sono stati correttamente applicati nel caso in esame, perché il Tribunale e il Gip hanno fatto riferimento non ad un profitto teorico e potenziale ma ad un profitto puntualmente indicato e, consistente nell’intero ammontare delle imposte evase, la cui riscossione è divenuta impossibile proprio grazie alle fraudolente operazioni di sottrazione della garanzia patrimoniale posta in essere dagli indagati.
4. – Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente ai pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.

Redazione