Stato di malattia del lavoratore: contraffazione del certificato medico e rilevanza penale (Cass. pen. n. 38385/2012)

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Massima

Il prestatore di lavoro che abbia contraffatto la prognosi contenuta in una certificazione medica può incorrere nella responsabilità per il reato di cui agli articoli 477 e 482 del codice penale.

 

 

1.     Premessa

Nella decisione in commento del 3 ottobre 2012 n. 38385 i giudici della Suprema Corte, nella sezione III penale, hanno precisato, ricordando precedenti giurisprudenziali sul tema (1),  che è punito penalmente colui che alteri il certificato medico.

Ciò in quanto lo stesso, redatto da un sanitario, è un atto pubblico, che fa fede fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha, appunto, redatto, nonché dei fatti che nello stesso il sanitario attesti di aver compiuto o che siano accaduti in sua presenza.

I due articoli di riferimento in tal senso sono il 477 e il 482 del codice penale.

Secondo quanto previsto dal primo articolo  “Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

Secondo il successivo articolo 482, concernente Falsità materiale commessa dal privato, “ Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell’esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo”.

 

1.1.   Il certificato medico

Il certificato medico rappresenta una testimonianza scritta su alcuni fatti e/o comportamenti tecnicamente apprezzabili e valutabili, la cui dimostrazione può produrre affermazione di particolari diritti soggettivi previsti dalla legge, ovvero determinare particolari conseguenze a carico dell’individuo e della società, aventi rilevanza giuridica e/o amministrativa.

Vi è, altresì, da aggiungere che il certificato medico può assumere natura giuridica diversa a seconda dei contenuti e del ruolo esercitato dal medico certificante; da ciò ne discendono differenti responsabilità.

Per quanto concerne la natura giuridica del certificato la stessa può essere di:

–         atto pubblico redatto mediante certificazione obbligatoria;

–         certificato amministrativo rilasciato nell’esercizio delle funzioni pubbliche (2);

–         scrittura privata rilasciata in regime libero – professionale; in tal caso il medico non svolge funzioni pubbliche.

La giurisprudenza consolidata ritiene che il certificato medico attestante lo stato di malattia del dipendente può essere contestato dal datore di lavoro, che abbia motivo di ritenere insussistente la denunciata malattia del lavoratore (3).

 


2. Conclusioni

Con la decisione in commento la corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto, condannato per aver falsificato il certificato di malattia allungando, nel caso di specie, la data della prognosi.

A propria discolpa il soggetto aveva eccepito la mancanza di interesse all’alterazione del certificato stesso, in quanto risultava effettivamente in stato di malattia, come accertato dalla commissione medica che lo aveva, tra l’altro, giudicato permanentemente non idoneo al servizio.

Durante il processo il medico, autore della certificazione dello stato di malattia, aveva dichiarato di non aver effettuato alcuna correzione e che vi era, inoltre, un interesse del ricorrente al prolungamento dello stato di malattia.

Infatti, aveva, il ricorrente, l’esigenza di giustificare, senza soluzione di continuità, la propria assenza dal posto di lavoro.

Poiché il prestatore di lavoro non è abilitato alla certificazione della malattia, vi era stata, senza ombra di dubbio, una alterazione del certificato stesso (artt. 477 e 482 c.p.) anche se l’imputato, in concreto, era malato.

Un simile atteggiamento è, ovviamente, secondo la Corte, penalmente rilevante e punito nel nostro ordinamento.

Pertanto e di conseguenza, la Corte provvede alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.  

 


3. Rassegna giurisprudenziale

La falsificazione di un certificato medico da parte di un dipendente per giustificare uno o più giorni di astensione dallo svolgimento della prestazione lavorativa costituisce causa di licenziamento legittimo.

E’ legittimo un licenziamento intimato da un’azienda nei confronti di un suo dipendente, colpevole di aver falsificato il certificato medico rilasciato da un dottore allo scopo di allungare il periodo di malattia.

(Cass. civ. 7 settembre 2012 n. 14998).

 

ll comportamento di una lavoratrice che falsifica un certificato medico retrodatandolo di due giorni, al fine di coprire i primi due giorni di una propria assenza per malattia, costituisce colpa di gravità sufficiente a giustificare il licenziamento disciplinare in tronco.

È scarsamente attendibile un certificato con il quale il medico curante giustifichi un’astensione dal lavoro, a ridosso di due giorni di festa, con la diagnosi di tachicardia e ipertensione, prescrivendo un tranquillante e non un farmaco ipotensivo.”

(Corte Appello Milano, sez. lav. 27 settembre 2007).

 

Il lavoratore è tenuto al rispetto del dovere fondamentale di buona fede nel rapporto di lavoro: ne consegue che è legittimo il licenziamento irrogato alla lavorazione la quale abbia protratto la propria assenza per un lungo lasso di tempo, laddove il suo comportamento durante il periodo di assenza consenta di presumere che l’assenza medesima non corrisponda a un impedimento effettivo (nel caso specifico, la lavoratrice era rimasta assente dal lavoro per quattro anni mediante un “collage” di motivi di impedimento diversi, spostando addirittura la propria residenza in un luogo lontanissimo da quello di lavoro).

(Trib. Milano, sez. lav., 22 gennaio 2007).

 

 

Manuela Rinaldi 
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor dal 2011 di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti

 

 

_________
(1) Trib. Milano, Sez. VI, 18 aprile 2011.

(2) La distinzione tra atto pubblico (art. 2699 c.c.) e certificazione amministrativa è stata precisata dalla sentenza n. 257 del 3 luglio 1989 della Cassazione Penale sez. V ed è rilevante per la maggiore severità con cui vengono puniti gli illeciti nella redazione degli atti pubblici.

(3) Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 10 maggio 2000, n. 6010, in Notiz. Giur. Lav., 2000; Trib. Milano, 16 settembre 1998, in Orient. Giur. Lav., 1998, I, 648.

Sentenza collegata

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