Trattamenti economici per retribuzioni oltre i 90mila euro e riduzione percentuale: questione di legittimità costituzionale (Corte cost. n. 125/2013)

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Massima

E’ manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 2, d.l. 31 maggio 2010 n. 78, conv. L. 122/2010, sollevata in riferimento agli articoli 3, 36, 53, 101 e 104 Cost., nella parte in cui dispone che a decorrere dal primo gennaio 2011 e fino alla data del 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti – anche con qualifica dirigenziale – previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, superiori ad €. 90mila siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino ad €. 150mila, nonché del 10% per la parte eccedente €. 150mila.

 

1.     Premessa

Nella decisione in commento del 5 giugno 2013 n. 125 i giudici della Corte Costituzionale hanno dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (1), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 36, 53, 101, 104 Cost.  nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (2), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro. Ciò è giustificato dal fatto che la norma in esame è già stata dichiarata incostituzionale nella sentenza della Corte Cost., n. 223 del 2012.

 

1.1. La fattispecie

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con ordinanza del 28 luglio 2012, aveva sollevato, in riferimento agli articoli 3, 36, 53, 101 e 104 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e che il rimettente era investito di ricorsi proposti da magistrati ordinari e censura l’art. 9, comma 2, il quale, piuttosto che caratterizzarsi come una riduzione stipendiale (melius, come una riduzione dei trattamenti economici), avrebbe natura tributaria, ricorrendone i due elementi fondamentali dell’imposizione di un sacrificio economico individuale realizzata attraverso un atto autoritativo di carattere ablatorio, nonché della destinazione del gettito scaturente da tale ablazione ad integrare la finanza pubblica, si rimettevano gli atti alla Corte Costituzionale per la decisione sulla questione di legittimità costituzionale.

 

2. Conclusioni

I giudici della Corte hanno  dichiarato, quindi, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 36, 53, 101, 104 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Nella decisione in commento i giudici precisano che la Corte Costituzionale, già con la la sentenza n. 223 del 2012, successiva alla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione, ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro; che, dunque, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile, essendo divenuta priva di oggetto.

 

  

Manuela Rinaldi   
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti.

 

 

________ 

(1) Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.

(2) Legge di contabilità e finanza pubblica.

Sentenza collegata

39722-1.pdf 98kB

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