Part-time: riduzione dell’orario di lavoro e consenso delle parti (Cass. civ., n. 24476/2011)

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Massima

Nel contratto di lavoro part-time – che ha in comune con il contratto di lavoro a tempo pieno la causa giuridica tipica e se ne differenzia soltanto per la riduzione quantitativa della prestazione lavorativa – il carattere necessariamente bilaterale della volontà in ordine alla riduzione del tempo di lavoro nonché alla collocazione della prestazione lavorativa in un determinato orario, comporta che ogni modifica del tempo e dell’orario di lavoro non possa essere attuata unilateralmente dal datore di lavoro, essendo invece necessario il consenso di entrambe le parti.

 

 

 

1. Premessa

La pronuncia in esame ribadisce un importante principio consolidato in giurisprudenza, ossia nel contratto di lavoro <part-time>, che con il contratto di lavoro a tempo pieno ha in comune la causa giuridica tipica (cioè lo scambio lavoro-retribuzione), differenziandosene soltanto per la riduzione quantitativa della prestazione lavorativa (e, correlativamente, della retribuzione), il carattere necessariamente bilaterale della volontà in ordine a tale riduzione nonché della collocazione della prestazione lavorativa in un determinato orario (reputato dalle parti come il più corrispondente ai propri interessi) comporta che ogni modifica di detto orario non possa essere attuata unilateralmente dal datore di lavoro in forza del suo potere di organizzazione dell’attività aziendale, essendo invece necessario il mutuo consenso di entrambe le parti.

 

2. Part-time e contratto full-time: quale differenza sull’orario di lavoro

Il lavoro “part-time”, che è contraddistinto dagli elementi definitori della volontaria e della regolarità della durata giornaliera, settimanale e mensile della prestazione sensibilmente inferiore alla durata del lavoro normale, è soltanto un modulo, anziché un modello diverso, del contratto di lavoro a tempo pieno.

Di questo, infatti, stante la diversità soltanto quantitativa della prestazione lavorativa, ha in comune la causa giuridica tipica e cioé lo scambio lavoro-retribuzione.

Ma, a parte, anche, la tipicità sociale (migliore ripartizione dell’occupazione; modularizzazione del tempo di lavoro; politica attiva dello impiego) che lo connota e che rimane, tuttavia, soltanto motivo ispiratore dello speciale modulo, non può sfuggire la funzione particolare che assume nell’interno della formazione della regolamentazione contrattuale del rapporto “part-time”, la volontarietà della riduzione quantitativa della prestazione lavorativa (e della retribuzione), volontarietà necessariamente bilaterale in quanto coinvolge l’equilibrato assetto di opposti interessi dei contraenti: del datore di lavoro nel domandare e del lavoratore nell’offrire un particolare periodo della normale possibilità di occupazione nella giornata, nella settimana e-o nel mese.

La concreta soddisfacente individuazione di tale ridotto periodo e la sua collocazione nel programma concordato della prestazione lavorativa vincola necessariamente le parti al rispetto dell’orario prescelto, come il più corrispondente ai propri interessi. Ed ogni modifica di siffatto assetto richiede il mutuo consenso (art. 1372 c.c.)

A tale regola non può sottrarsi il datore di lavoro, in virtù del suo potere organizzatorio dell’attività aziendale, riconosciutogli bensì con riflessi anche sul modo e tempi di utilizzazione della forza lavoro assicuratasi, ma soltanto nel normale contratto di lavoro a tempo pieno (che, in teoria, esaurisce la giornata lavorativa del prestatore) e nei limiti dell’orario massimo consentito. Infatti, i “part-time” assumono il vicolo di disponibilità soltanto nei limiti di quell’orario ridotto ed individuato (necessariamente) nell’arco della normale giornata lavorativa (2).

 

Rocchina Staiano
Docente all’Univ. Teramo in Medicina del lavoro e Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato.

 

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(1) Cass. civ., Sez. lavoro, 21/04/1986, n. 2797.
(2) Cass. civ., Sez. lavoro, 09/11/1991, n. 11966.

Sentenza collegata

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Staiano Rocchina

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