R.C.A.: l’assicurazione deve risarcire anche se il premio non è stato pagato (Cass. n. 11295/2012)

Redazione 05/07/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.

“Il relatore, cons. ***************** esaminati gli atti.

osserva:

1. Con citazione notificata il 18 marzo 2003 T.M.F. convenne innanzi al Giudice di Pace di Gallipoli P.M.R. e Milano Assicurazioni s.p.a., per ivi sentirli condannare al risarcimento dei danni che l’autovettura di sua proprietà aveva riportato in un incidente stradale verificatosi il (omissis).

Nella contumacia della P. , la società assicuratrice, costituitasi in giudizio, dedusse l’insussistenza del rapporto di garanzia.

2. Con sentenza non definitiva del 7 aprile 2004 il giudice adito rigettò l’eccezione.

Esaurita la fase istruttoria, il decidente accolse la domanda, per l’effetto condannando M.R..P. e Milano Assicurazioni s.p.a., in solido tra loro, al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 2.415,08, oltre rivalutazione e interessi.

3. Su appello della società, il Tribunale di Lecce – sez. dist. di Gallipoli – in data 28 giugno 2010, in parziale riforma della impugnata sentenza, ha invece dichiarato il difetto di legittimazione passiva di Milano Ass.ni s.p.a..

In motivazione ha osservato il decidente che dall’istruttoria espletata era emerso in maniera inconfutabile che l’autovettura della P. non era assicurata al momento del sinistro; che la documentazione esibita ai Carabinieri, intervenuti dopo l’incidente, era inappropriata o falsa, tanto che successivamente fu elevato nei confronti della D.P. verbale di contestazione per guida senza assicurazione; che di ciò la danneggiata venne avvertita, prima dell’inizio dell’azione giudiziaria.

4. Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte T.M.F. , formulando quattro motivi e notificando l’atto a Milano Ass.ni s.p.a. e a M.R..P..

Gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva.

5. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c. per esservi, per quanto di ragione, accolto.

Le censure svolte nei primi due mezzi, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro intrinseca connessione, sono infondate.

Con essi l’impugnante lamenta violazione dell’art. 342 c.p.c. (primo motivo), dell’art. 340 c.p.c. (secondo motivo), nonché vizi motivazionali, con riferimento alla ritenuta ammissibilità dell’appello di Milano Ass.ni s.p.a., laddove questo, per mancanza del requisito della specificità dei motivi e per mancanza di una espressa impugnazione della sentenza parziale emessa dal Giudice di Pace, doveva invece essere dichiarato inammissibile.

6. A confutazione di tali critiche è sufficiente evidenziare che, mentre è pacifico in causa che Milano Ass.ni fece espressa riserva di impugnazione avverso la sentenza non definitiva che aveva rigettato la sua eccezione di difetto di legittimazione passiva, dalla stessa lettura dei motivi di appello riportati dall’impugnante, si evince chiaramente che la società contestò in sede di gravame proprio la ritenuta operatività del rapporto assicurativo, denunciando il malgoverno del materiale probatorio acquisito da parte del giudice di prime cure che l’aveva condannata a risarcire i danni alla T. .

In tale contesto, mentre appare privo di qualsivoglia consistenza l’assunto che le doglianze svolte avverso la sentenza del Giudice di Pace difettavano della specificità raccomandata dall’art. 342 c.p.c. – avendo la giurisprudenza di questa Corte segnatamente evidenziato che è tal fine necessaria e sufficiente l’esposizione di censure alla decisione impugnata che mettano il giudice del gravame nella condizione di percepire con esattezza le ragioni del dissenso dalle statuizioni adottate dal primo decidente (confr. Cass. civ. 17 dicembre 2010, n. 25588; Cass. civ. 25 novembre 2008, n. 28057) – neppure è troppo chiaro il senso della contestazioni volte a far valere la mancata impugnazione della sentenza non definitiva che aveva rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva. Considerato invero che la linea difensiva di Milano Ass.ni era attestata esclusivamente sulla negazione della sussistenza del rapporto assicurativo, non si vede quali espressioni avrebbe dovuto, in tesi, adoperare l’impugnante per denunciare l’errore in cui era incorso il primo giudice, andando, sul punto, di contrario avviso.

7. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 115 c.p.c., 2697 c.c., 5 della legge n. 2248 del 1865, ***. E, 201 C.d.S., nonché vizi motivazionali, per avere il giudice di merito negato la sussistenza del rapporto assicurativo sull’errato presupposto dell’esistenza di un verbale dei Carabinieri – di accertamento della relativa infrazione – che invece non era in atti e che, in ogni caso, essendo illegittimo, avrebbe dovuto essere disapplicato.

Con il quarto lamenta violazione dell’art. 127 d.lgs. n. 209 del 2005. Assume che detta norma, per consolidata interpretazione del giudice di legittimità, obbliga l’impresa assicuratrice a risarcire i danni subiti dal terzo perciò solo che l’operatività della copertura emerga dai documenti esibiti dal danneggiarne al momento del sinistro.

8. Le censure svolte nell’ultimo mezzo, che sono logicamente preliminare alle doglianze formulate nel terzo, sono fondate nei sensi che qui di seguito si vanno a precisare.

Nella giurisprudenza di questa Corte è praticamente costante l’affermazione che, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli, il contrassegno e il certificato di assicurazione operano nell’interesse e a tutela dell’infortunato, in quanto assolvono alla funzione di comunicare ai terzi (segnatamente i danneggiati e gli organi accertatori del traffico), la copertura assicurativa del veicolo; che conseguentemente il danneggiato che inoltri la sua richiesta di risarcimento per r.c.a. all’assicuratore e che proponga contro il medesimo azione diretta, nel ragionevole affidamento della veridicità della comunicazione, resta esonerato dall’onere di accertare se il contratto sia ancora vigente o sia stato sciolto; che, in sostanza, il rilascio del contrassegno assicurativo da parte dell’assicuratore della r.c.a. vincola quest’ultimo – in forza del combinato disposto dell’art. 127 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (che ha sostituito l’art. 7 della legge 24 dicembre 1969, n. 990), e dell’art. 1901 c.c. – a risarcire i danni causati dalla circolazione del veicolo, quand’anche il premio assicurativo non sia stato pagato, ovvero il contratto di assicurazione non sia efficace, giacché, nei confronti del danneggiato, quel che rileva, ai fini della promovibilità dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile è l’autenticità del contrassegno, non la validità del rapporto assicurativo.

Non è superfluo aggiungere, nell’ottica di una tutela particolarmente pregnante dell’affidamento del danneggiato, è stato anzi precisato che la menzionata disciplina copre anche l’ipotesi dell’apparenza del diritto di talché, per escludere la responsabilità dell’assicuratore in ipotesi di contrassegno contraffatto o falsificato, occorre che questi provi l’insussistenza di un proprio comportamento colposo, tale da ingenerare l’affidamento erroneo del danneggiato stesso (confr. Cass. civ. 13 dicembre 2010, n. 25130; Cass. civ. 1 luglio 2002, n. 9554; Cass. civ. 24 aprile 2001, n. 6026).

9. Ora, a giudizio del relatore, la scelta decisoria del giudice di merito non si è confrontata con il diritto vivente qui sinteticamente esposto. L’insufficiente approccio del Tribunale emerge a sol considerare che la documentazioni esibita dalla P. al momento del sinistro viene definita nella sentenza impugnata inappropriata o falsa, senza che sia dato comprendere in che senso essa lo fosse, e come avesse potuto ingenerare, non solo nella danneggiata, ma anche nei militi, la convinzione della esistenza di una copertura assicurativa, che invece, a quanto sembra, mancava del tutto.

Nell’accoglimento del quarto motivo di ricorso resterà assorbito l’esame del terzo”. Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione. Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio anche per le spese del giudizio di cassazione al Tribunale di Lecce in diversa composizione.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione al Tribunale di Lecce, in diversa composizione.

Redazione