Quando un provvedimento amministrativo è fondato su una pluralità di motivi, è sufficiente che resti dimostrata, all’esito del giudizio, la fondatezza di uno solo di questi perché ne derivi la consolidazione dell’atto (Cons. Stato n. 2409/2013)

Redazione 06/05/13
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FATTO e DIRITTO

1.- E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Calabria 13 febbraio 2009 n. 343 che ha respinto, previa riunione, i ricorsi (RG.n 1396/05 e n. 641/08) proposti dall’odierno appellante avverso il diniego di sanatoria edilizia di un manufatto insistente in parte sul demanio marittimo in località Zolfara di Rossano Calabro e i consequenziali provvedimenti del Comune di Rossano di diffida a demolire e dell’ordine di demolizione dello stesso fabbricato.

L’appellante si duole dell’erroneità della gravata sentenza assumendo la sussistenza di una situazione dominicale incerta riguardo al sedime dell’immobile

Si è costituito il Comune di Rossano Calabro per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.

All’udienza camerale del 27 gennaio 2009 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione dell’ordinanza di demolizione.

All’udienza del 22 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

2.- L’appello, affidato a due soli motivi, è infondato e va respinto.

3.- Con il primo motivo l’appellante si duole del fatto che la gravata sentenza avrebbe omesso di riconnettere rilievo decisivo alla sentenza della Corte d’appello di Catanzaro 19 giugno 2007 n. 1144 che, nell’assolvere l’odierno appellante dal reato di occupazione abusiva di terreni demaniali, avrebbe con ciò sancito la natura non demaniale dell’area e quindi l’illegittimità del provvedimento comunale di diniego di sanatoria fondato, tra l’altro, sul difetto di titolo dominicale in capo all’odierno appellante.

3.1-La censura non è meritevole di accoglimento.

La sentenza qui impugnata ha considerato correttamente la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, che ha mandato assolto l’odierno appellante dal reato di occupazione abusiva di suolo demaniale (art. 1161 Cod. nav.) con la formula “ perché il fatto non costituisce reato”. In effetti, come riconosce lo stesso appellante, la sentenza ha accertato in punto di fatto che soltanto una parte dei terreni da lui occupati non risulta stata al demanio e che, in ogni caso, nell’incertezza circa l’esatta delimitazione dei confini demaniali, ha assolto l’imputato piuttosto che per insussistenza del fatto, per carenza dell’elemento psicologico (tant’è che la formula assolutoria è appunto “ perché il fatto non costituisce reato”). Pertanto nessuna efficacia nel presente giudizio può riverberare il richiamato “giudicato” , proprio in ragione della formula assolutoria e della motivazione, di tenore dubitativo circa l’esatta delimitazione delle aree demaniali e perciò non vincolante in punto di accertamento del fatto.

3.2- Per contro, qui il Collegio ritiene che il giudice di primo grado abbia correttamente ritenuto che una parte del terreno occupato dall’odierno appellante ricade effettivamente in area demaniale: il che rappresenta condizione sufficiente ad escludere la lamentata illegittimità del diniego di sanatoria, posto che una parte di fabbricato incide certamente su area demaniale, il che rende evidente il difetto di titolo in capo al richiedente il condono edilizio.

Infatti, agli atti risulta senza dubbio che una parte del suolo occupato dall’odierno appellante ed adibito in parte (per mq. 160) ai fini della realizzazione della costruzione ed in parte (per mq. 460) a giardino pertinenziale, ricade (per complessivi mq. 580) su una porzione di terreno (censita al foglio 12, particella n.1) appartenente al demanio dello Stato (ora locale) già secondo le stesse risultanze catastali.

La circostanza che il terreno sia indicato nelle mappe catastali come compreso nel demanio marittimo mostra l’avvenuta individuazione, ai sensi dell’art. 32 Cod. nav., della delimitazione della zona di demanio marittimo in cui è compreso, come ha correttamente rilevato il giudice di primo grado. Infatti, secondo l’art. 58 del Regolamento per la navigazione marittima il verbale di delimitazione, debitamente redatto, corredato, sottoscritto e approvato, diviene formalmente vincolante per lo Stato ed è, quindi, inserito di diritto nelle mappe catastali.

3.3 Nel caso in esame, tale delimitazione è avvenuta in esito all’apposito procedimento avviato dalla Commissione composta dal Capo del compartimento marittimo di Crotone e da funzionari dell’UTE e del Genio civile di Cosenza, che ha licenziato il verbale di delimitazione della zona “ Zolfara” in data 4 giugno 1952.

Non risulta che l’interessato abbia mai promosso un giudizioper contestare le risultanze di tale delimitazione del demanio marittimo.

3.4 Pertanto, fermo restando che questo tipo di demanialità dipende da fatti naturali e che la delimitazione è solo un procedimento amministrativo di ricognizione in contraddittorio, quando in seguito al suddetto procedimento un terreno sia stato accertato come demaniale, finché la situazione di fatto rimane inalterata e non si verificano modificazioni fisiche del terreno o fenomeni di spostamento della linea della battigia per cause naturali, la natura demaniale del terreno, come verificata e registrata, rimane definitivamente accertata.

4.- Con il secondo motivo l’appellante lamenta che il giudice di primo grado non avrebbe attribuito rilevanza alla censura di erroneo riferimento, nel diniego di sanatoria, alla (carenza di) autorizzazione paesaggistica propedeutica al rilascio del titolo in sanatoria. Ritiene l’appellante che trattandosi di costruzione realizzata prima del 1967 e che la domanda di condono risulta proposta nel 1986, ai sensi degli artt. 31 e segg. della legge 28 febbraio 1985, n. 47, avrebbe dovuto considerarsi la situazione esistente alla data della realizzazione del fabbricato, senza avere riguardo, ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, ai vincoli paesaggistici sopravvenuti (come quelli introdotti con il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).

In tale prospettiva, secondo l’appellante, il procedimento di sanatoria non avrebbe potuto dirsi carente di un parere che, per queste stesse ragioni, non avrebbe dovuto essere reso.

4.1 Il Collegio rileva che l’esame della censura risulta sovrabbondante ai fini decisori, in quanto secondo la consolidata giurisprudenza (Cons. Stato , VI, 17 luglio 2008, n. 3609; V, 6 giugno 2011, n. 3382; V, 21 ottobre 2011, n. 5683; IV, 6 luglio 2012, n. 3970), quando un provvedimento amministrativo negativo è fondato su una pluralità di motivi, è sufficiente che resti dimostrata, all’esito del giudizio, la fondatezza di uno solo di questi perché ne derivi la consolidazione dell’atto, stante l’impossibilità di disporne l’annullamento giurisdizionale.

Nel caso in esame la conclamata carenza di un idoneo titolo di proprietà in capo all’odierno appellante è motivo di per sé sufficiente a suffragare la determinazione comunale negativa sulla istanza di condono edilizio prodotta dall’interessato.

4.2 In ogni caso, anche se fosse possibile giungere all’esame del merito della censura, la stessa risulterebbe destituita di giuridico fondamento e andrebbe pertanto disattesa.

L’art. 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) dispone che “sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino: a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modificazioni, e dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell’articolo 35; b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III; c) in contrasto con le norme del D.M. 1° aprile 1968, n. 1404, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con gli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190, e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico. 3. Qualora non si verifichino le condizioni di cui al comma 2, si applicano le disposizioni dell’articolo 33”.

4.3 -Ai sensi dell’art. 33, “le opere di cui all’articolo 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse: a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici; b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali; c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna; d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree”.

4.4 -Nel caso in esame, il vincolo gravante sulle aree oggetto dell’intervento edilizio è quello proprio dei territori costieri, implicante un regime di inedificabilità assoluta, ai sensi del precitato art. 33. Il vincolo paesistico sui territori costieri compresi in una fascia di 300 metri dalla linea di battigia, in relazione all’intero territorio nazionale, è stato per la prima volta imposto, come è noto, con d.m. 21 settembre 1984 (recante Dichiarazione di notevole interesse pubblico dei territori costieri, dei territori contermini ai laghi, dei fiumi, dei torrenti, dei corsi d’acqua, delle montagne, dei ghiacciai, dei circhi glaciali, dei parchi, delle riserve, dei boschi, delle foreste, delle aree assegnate alle Università agrarie e delle zone gravate da usi civici), poi seguito dalle norme primarie di cui alla l. 8 agosto 1985, n. 431, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, assorbito poi dal d.lgs. 29 ottobre 1999, n, 490.

Già in base a tale considerazione non appare pertinente il rilievo dell’appellante secondo cui l’Amministrazione comunale avrebbe fatto riferimento a una disciplina vincolistica sopravvenuta, in quanto introdotta soltanto con il d.lgs. 22 gennaio 2004 n.42, atteso che riguardo al vincolo sui territori costieri l’ art. 142 d.lgs. cit. (recante l’elenco delle aree tutelate per legge) è riproduttivo – in continuità della fattispecie sostanziale – di quel regime vincolistico ex lege, ben più risalente nel tempo.

4.5 Inoltre, vale al riguardo rammentare che, in base alle conclusioni raggiunte dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato 22 luglio 1999. n. 20 circa la disciplina del condono edilizio della legge n. 47 del 1985 e delle connesse questioni (poste dall’art. 33) relative ai procedimenti di condono riguardanti territori con vincoli di inedificabilità relativa, si deve avere riguardo al regime vincolistico sussistente alla data di esame della domanda di sanatoria, secondo il principio tempus regit actum.

Inoltre, quanto ai vincoli di in edificabilità assoluta, questo Consiglio di Stato ha più volte chiarito che se è vero che alla stregua dell’art. 33 l. n. 47 del 1985 il vincolo di inedificabilità assoluta non può operare in modo retroattivo, tuttavia non si può considerare inesistente per il solo fatto che sia sopravvenuto all’edificazione (ciò che paradossalmente porterebbe a ritenere senz’altro sanabili gli interventi, i quali pertanto fruirebbero di un regime più favorevole di quello riservato agli abusi interessati da vincoli sopravvenuti di inedificabilità relativa). Pertanto, se il vincolo di inedificabilità assoluto sopravvenuto non può considerarsi sic et simpliciter inesistente, ne discende che gli va applicato lo stesso regime della previsione generale dell’art. 32, comma 1, della stessa legge n. 47 del 1985, che subordina il rilascio della concessione in sanatoria per opere su aree sottoposte a vincolo al parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2003, nr. 5918; sez. IV, 14 febbraio 2012 n.731).

Dato che nel caso di specie questa domanda fu proposta nel 1986 – ed esaminata dal Comune di Rossano molti anni dopo – consegue che la stessa, riguardando un immobile realizzato su un’area vincolata già all’epoca della domanda, avrebbe dovuto comportare, come bene evidenziato dal Comune di Rossano, l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica.

4.6- Il Collegio ritiene, in definitiva, che in applicazione di tale condivisibile principio al caso di specie, in cui è in predicato la sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, trattandosi di un territorio costiero, correttamente l’Amministrazione comunale di Rossano Calabro ha rilevato, quale ulteriore motivo ostativo al rilascio del titolo edilizio in sanatoria, la mancanza di autorizzazione paesaggistica.

5.- Per completezza, vale osservare che il ricorrente (ovvero il suo dante causa) non avrebbe potuto, in ogni caso, realizzare il fabbricato sul terreno posto in aderenza al demanio marittimo in difetto dell’autorizzazione, richiesta dall’art. 55 del codice della navigazione, del capo del dipartimento marittimo competente.

6.- Da ultimo va evidenziato che il Collegio ritiene di non accedere all’ulteriore richiesta, proposta dall’odierno appellante, di rinvio della trattazione del ricorso in attesa della definizione del giudizio civile instaurato (dall’odierno appellante stesso) contro la signora Mandatoriccio per sentir dichiarare l’intervenuta usucapione in suo favore del terreno (censito in catasto al foglio 12, particella 8), tenuto conto della irrilevanza della questione controversa in sede civile ai fini della presente decisione.

E’ sufficiente al proposito osservare che: a) la particella intestata al demanio marittimo è la n. 1 del foglio 12 e quindi non corrisponde a quella rivendicata dal ricorrente dinanzi al giudice civile; b) la natura parzialmente demaniale del bene occupato rende da un lato di per sé legittimo il diniego di condono e, dall’altro, assolutamente ininfluente la decisione riguardo alla titolarità del bene privato, essendo il demanio marittimo per definizione non suscettibile di acquisto per usucapione ed evincendosi dalla stessa pendenza del giudizio civile che, all’epoca della domanda di sanatoria, l’attuale appellante non aveva un titolo dominicale idoneo per proporre tale domanda, neppure in relazione alla parte di terreno di proprietà privata (o comunque non risultante in capo al demanio).

7.- In definitiva, l’appello va respinto, risultando condivisibili le ulteriori statuizioni del primo giudice – peraltro non attinte da specifiche censure – in ordine al carattere vincolato dei provvedimenti comunali contenenti la diffida a demolire e la successiva ordinanza di demolizione del manufatto oggetto del diniego di condono.

Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, in considerazione della particolarità della vicenda trattata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n. 3777/2009), come in epigrafe proposto, lo respinge

Spese del presente grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2013

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