Puo’ esistere un errore scusabile anche nell’interpretazione delle norme (Cons. di stato N. 02102/2011)

Lazzini Sonia 03/12/11
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La colpa nella e della pa non e’ solo mera “inosservanza di leggi regolamenti, ordini o discipline” (secondo la formula dell’art. 43 Cod. pen.), ma va ricercata nell’ulteriore elemento della violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero a negligenza, omissioni o anche errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili

Quanto agli elementi che in concreto possono fondare un titolo sostanziale al risarcimento dei danni – e tenuto conto del principio generale, secondo cui ignorantia legis non excusat – si può ammettere che l’errore sull’interpretazione delle norme sia, eccezionalmente, scusabile solo in presenza di oggettiva oscurità, sovrabbondanza o repentino mutamento delle norme stesse, ovvero di verificata sussistenza di contrasti interpretativi

In tema di domanda risarcitoria per lesione di interessi legittimi (ritenuta senz’altro ammissibile, dopo la sentenza della Corte di Cassazione, SS.UU., 22 luglio 1999, n. 500 e rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a norma dell’art. 35, comma 1, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall’art. 7 l. 21 luglio 2000, n. 205 – cfr. anche Cass., SS.UU. 9 marzo 2005, ord. n. 5078), l’interesse attuale coincide con i presupposti, che le norme e la giurisprudenza hanno definito in materia: sussistenza del danno, nesso di causalità fra tale danno ed un atto illegittimo dell’Amministrazione e colpa di quest’ultima, da ricondurre – sia secondo la citata sentenza n. 500 del 1999, sia in base alla giurisprudenza successiva – non a mera “inosservanza di leggi regolamenti, ordini o discipline” (secondo la formula dell’art. 43 Cod. pen.), ma all’ulteriore elemento della violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero a negligenza, omissioni o anche errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili. Tali principi risultano applicabili per ravvisare, sotto il profilo residuale anzidetto, la procedibilità del presente giudizio, anche in rapporto ad atti non più efficaci.

Circa la prova della colpa dell’Amministrazione –che, in base ai parametri indicati, non si può ritenere in re ipsa, ma va dimostrata in riferimento alla condotta amministrativa in relazione ai suoi parametri generali – va considerata la particolare dimensione della responsabilità dell’Amministrazione per lesione di interessi legittimi: una responsabilità non del tutto coincidente con quella di cui all’art. 2043 Cod. civ.,, poichè implicante anche profili (di rilievo, in particolare, sul piano probatorio) assimilabili a quelli della responsabilità contrattuale; quanto sopra in ragione dell’interesse, giuridicamente protetto, al giusto procedimento amministrativo, quale interesse che sussiste nell’ambito del rapporto fra Amministrazione e amministrati e che implica, per l’Amministrazione stessa, uno specifico dovere di comportamento ispirato al rispetto dei principi generali di affidamento, non aggravamento, economicità ed efficacia (cfr. art. 1 l. 7 agosto 1990, n. 241), che sono parametri normativi dell’azione amministrativa (si è parlato, a tale riguardo, di “contatto sociale qualificato” o di “responsabilità da contatto”, implicante il corretto sviluppo dell’iter procedimentale e – salvo errore scusabile, nei termini qui esposti – corretta emanazione del provvedimento finale: cfr., in tal senso, Cons.Stato, V, 2 settembre 2005, n. 4461).

Quando pertanto, come nel caso di specie, la domanda di annullamento sia sorretta dall’interesse residuale al risarcimento del danno (essendo pacifica la sopravvenuta inefficacia della procedura espropriativa contestata), le censure prospettate a fondamento della domanda stessa debbono trovare disamina conforme all’interesse in questione, con riferimento ai vizi che giustificherebbero il soddisfacimento della pretesa risarcitoria nei confronti dell’Amministrazione.

Sentenza collegata

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Lazzini Sonia

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