Punta un coltello alla gola: niente accusa di tentato omicidio perché l’agente pur potendo non ha portato a termine il suo proposito (Cass. pen. n. 1218/2013)

Redazione 10/01/13
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Ritenuto in fatto

Il Tribunale del riesame di Roma ha annullato l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cassino ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di ****** per il delitto di tentato omicidio in danno di T.P. e ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con quella del divieto di dimora per i reati di lesioni volontarie e violazione di domicilio aggravata, anch’essi commessi in danno di T.P.
T.P., dopo essere intervenuto per porre fine ad una colluttazione tra lo I. e tale T., fu raggiunto nella sua abitazione dallo I. e lì aggredito con un coltello da cucina, di quelli utilizzati per tagliare il pane. Lo I. lo afferrò per la gola e lo bloccò contro il tavolo, ma poi intervennero T. e tale C. e lo disarmarono. Poi quando giunsero i Carabinieri sui luoghi dell’accaduto, lo I. mostrò ancora particolare ostilità nei confronti del P. , riuscendo persino a colpirlo con un pugno e a minacciarlo di morte.
Il Tribunale del riesame, in base a questa ricostruzione, ha escluso la configurabilità del tentativo di omicidio, non solo in ragione del fatto che il P. riportò lesioni lievi, ma anche perché lo I. ben avrebbe potuto portare a termine l’azione aggressiva se solo avesse voluto: T. e C. intervennero solo dopo aver sentito il forte rumore provocato dal calcio che I. diede alla porta d’ingresso dell’abitazione del P. , sicché lo I. avrebbe avuto il tempo per portare a compimento il suo proposito. Il Tribunale ha quindi ritenuto che lo I. fu animato più che altro da un intento intimidatorio.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cassino, deducendo:
– il Tribunale del riesame ha errato sia nel ritenere che non siano sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di tentato omicidio che nel sostituire la misura della custodia in carcere con quella del divieto di dimora per i reati di lesioni volontarie e violazione di domicilio. Si dissente dall’affermazione che lo I. non volesse uccidere il P. , ma solo intimorirlo: se lo I. non riuscì ad uccidere fu per la pronta reazione della vittima e non già per l’intervento degli amici. Ancora, il Tribunale del riesame non ha considerato che l’arma utilizzata aveva capacità offensiva e non ha attribuito rilievo alcuno al comportamento successivo dello I. che, nonostante l’intervento della polizia giudiziaria, colpì con un pugno P., continuando a minacciarlo di morte, il che fa emergere il suo proposito e la forte aggressività.

 

Considerato in diritto

Il motivo di ricorso prospetta, con genericità, doglianze di mero fatto, e non evidenzia vizi nel ragionamento indiziario svolto dal giudice del merito cautelare. L’ordinanza impugnata ha spiegato con adeguatezza e logicità di argomenti le ragioni che hanno determinato la decisione di escludere la gravità indiziaria in riferimento all’addebito di tentato omicidio, mettendo in evidenza che l’azione aggressiva fu interrotta per volontà del ricorrente che, ove avesse inteso uccidere, avrebbe potuto portare a compimento il suo proposito. Nessuna lacuna o incompletezza motivazionale è pertanto riscontrabile nel provvedimento impugnato che, peraltro, è stato fatto oggetto di critiche, meramente enunciate e per nulla svolte, in ordine alla sostituzione della misura della custodia in carcere con quella del divieto di dimora. Anche per questa parte, pertanto, il motivo di ricorso si rivela generico.
Il ricorso è dunque inammissibile.

 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Redazione