Pubblico impiego: periodo di prova (Cons. Stato n. 1821/2013)

Redazione 27/03/13
Scarica PDF Stampa

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Reggio Calabria, con la sentenza n. 118 del 16 febbraio 2002, ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante per l’annullamento della Deliberazione della Giunta Municipale n. 371 del 28 novembre 1997, contenente parere negativo sul periodo di prova e risoluzione del rapporto di lavoro.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che, quanto all’ipotizzata violazione dell’art. 7 della legge n.241-90, nella fattispecie si trattava di una risoluzione anticipata del rapporto di lavoro senza obbligo di preavviso, adottata in via di urgenza anche in relazione alla già intervenuta adozione di un provvedimento disciplinare.

In ordine alla violazione della normativa sul periodo di prova, il TAR ha ritenuto che non avessero pregnanza le considerazioni circa i periodi di assenza ed il mancato decorso del periodo di sei mesi, in quanto il provvedimento oggetto di gravame, dopo la premessa dell’insufficiente rendimento, del mancato possesso delle capacità e delle attitudini necessarie per lo svolgimento in maniera proficua del posto da ricoprire, nonché del mancato soddisfacimento delle legittime esigenze dell’Amministrazione, dispone la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 14-bis del CCNL.

Peraltro, osserva infine il TAR, non è possibile ignorare la natura essenzialmente discrezionale dell’apprezzamento nel quale si risolve la valutazione complessiva della qualità del servizio, con riferimento al preminente interesse pubblico volto a stabilire il possesso o meno dei requisiti e delle attitudini indispensabili allo svolgimento delle mansioni proprie della qualifica.

L’appellante contestava la sentenza del TAR sotto vari profili (Erronea applicazione degli artt. 14 e 14-bis del C.C.N.L. per il Personale degli Enti Locali del 6 luglio 1995 e dell’art. 2096 cc.; Erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 14-bis del CCNL ed erronea ed insufficiente motivazione della sentenza, non corrispondenza con la motivazione dell’atto impugnato; Eccesso di potere per violazione delle norme e dei principi che regolano l’espletamento della prova e contraddittoria motivazione dell’atto impugnato), chiedendo l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituiva l’Amministrazione appellata eccependo l’infondatezza dei motivi di appello.

All’udienza pubblica del 26 febbraio 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che l’appello sia infondato.

Preliminarmente deve osservarsi che il Titolo III del CCNL in esame (rapporto di lavoro), al Capo I (costituzione del rapporto di lavoro) specifica nell’art. 14 (contratto individuale di lavoro) che “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato è costituito e regolato da contratti individuali, secondo le disposizioni di legge, della normativa comunitaria e del presente contratto. Nel contratto di lavoro individuale, per il quale è richiesta la forma scritta, sono comunque indicati: (…) e) durata del periodo di prova”.

Il successivo art. 14-bis (Periodo di prova) stabilisce che “Il dipendente assunto in servizio a tempo indeterminato è soggetto ad un periodo di prova” e che “possono essere esonerati dal periodo di prova i dipendenti che lo abbiano già superato nella medesima qualifica e profilo professionale presso altra amministrazione pubblica”.

Da tali norme si evince che il periodo di prova nelle Amministrazioni pubbliche è obbligatorio e le assunzioni sono assoggettate all’esito positivo dello stesso.

Come ha chiarito la giurisprudenza, infatti, il rapporto di lavoro alle dipendenze di Pubbliche Amministrazioni (oggi regolato dal d.lgs. n. 165 del 2001) è disciplinato da una lex specialis, che deroga, rendendolo inapplicabile, l’art. 2096 c.c. ed i principi elaborati dalla giurisprudenza sulla base di detta norma (cfr. Corte di Cassazione, sezione lavoro, 13 agosto 2008, n. 21586, nonché Corte Costituzionale nn. 313-1996, 309-1997, 89-2003 e 199-2003).

In altre parole, mentre nell’impiego privato è pacifico ritenere che il patto di prova debba essere predisposto in forma scritta a pena di nullità, con la conseguenza che, in mancanza di detta formalità lo stesso deve considerarsi nullo e l’assunzione del lavoratore va considerata definitiva, nel pubblico impiego il periodo di prova scaturisce direttamente per effetto ex lege e non per effetto di un patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale.

Nel caso di specie, l’esito completamente e radicalmente negativo del periodo di prova è stato ampiamente e motivatamente dimostrato dall’Amministrazione, potendosi così prescindere da ogni questione del tutto formale circa la complessiva valutazione del servizio prestato, vista l’entità e il contenuto di tale giudizio negativo che indubbiamente esprimono un mancato superamento della prova, a prescindere dal fatto che lo stesso fosse o meno compiuto e che la valutazione avesse riguardo al servizio effettivamente prestato a titolo di prova, trattandosi di un giudizio di idoneità dell’appellante a rivestire il ruolo per il quale avrebbe dovuto essere assunto.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2013

Redazione