Pubblica sicurezza: diniego autorizzazione a svolgere mansioni di guardia particolare giurata e di porto di pistola per difesa personale (Cons. Stato n. 5095/2012)

Redazione 25/09/12
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SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 5935 del 2012, proposto da: L. B., rappresentato e difeso dall’avv. *******************, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Catanzaro 29;

contro

Ministero dell’Interno e ****** – Prefettura di Roma, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA- SEZIONE I TER n. 06005/2012, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione a svolgere mansioni di guardia particolare giurata e di porto di pistola per difesa personale

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno,dell’ ****** – Prefettura di Roma e della Questura di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 31 agosto 2012 il Cons. ************** e uditi per le parti gli avvocati ********** e dello Stato ********;
Visto l’articolo 60 c.p.a.;
Considerato che sussistono i presupposti per definire il giudizio nel merito ai sensi della citata disposizione, della cui applicabilità è stato dato avviso alle parti presenti alla camera di consiglio, fissata per l’esame dell’istanza incidentale di sospensione nella sentenza impugnata, formulata dall’appellante.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Fatto e diritto

1. Il Questore di Roma, con decreto cat. 16/B-6G in data 15 marzo 2012, ha denegato al signor L. B. il rilascio del decreto di nomina a guardia particolare giurata per conto dell’Istituto di vigilanza privata “ICTS Italia s.r.l.” e al contempo l’autorizzazione al porto di pistola per difesa personale a tassa fissa ridotta.
A motivo del provvedimento la Questura ha posto la condanna, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., alla pena di mesi 3 di reclusione e alla multa di lire 200.000, con sospensione condizionale, irrogata dal Tribunale di Velletri, con sentenza n.315/2001 irrevocabile il 25 giugno 2001, a seguito di arresto in data 26 aprile 2001 per il reato di cui agli artt.110, 624, 625 e 61 c.p. (furto aggravato in concorso); si richiama altresì l’ordinanza di riabilitazione n. 1750 del 14 maggio 2008, emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma.
Si aggiunge che, come da nota in data 6 marzo 2012 della Stazione dei Carabinieri di Castelgandolfo, l’interessato è stato controllato in data 19 aprile e 3 giugno 2003 con persone pregiudicate.
In conclusione non si ritiene che il signor B. sia in possesso del requisito della “buona condotta”.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Sezione I ter, con sentenza semplificata n. 6005 del 28 giugno 2012 depositata il 2 luglio 2012, ha rigettato, con compensazione delle spese, il ricorso presentato dal signor B., ritenendo che il disposto di cui all’art. 43, c.l., TULPS-R.D. n.773/1931 fosse di per sé ostativo alla concessione della licenza di portar armi per chi avesse riportato una condanna per il reato, fra gli altri, di furto, come nella fattispecie.
Il T.A.R. soggiunge che l’interessato non può giovarsi della intervenuta riabilitazione che, presa in considerazione dall’art.11 citato R.D. per le autorizzazioni di polizia, non è citata invece nel richiamato art. 43.
3. Il signor *******, con atto notificato il 20 luglio 2012 e depositato il 1° agosto 2012, ha interposto appello, con domanda di sospensiva, riproponendo sostanzialmente i motivi dedotti in primo grado e sottolineando, in particolare, che il provvedimento impugnato si fonda esclusivamente su un precedente penale risalente al 2001 quando l’interessato aveva appena 20 anni, a fronte della conseguita riabilitazione nel 2008 e di un comportamento successivo corretto e affatto pericoloso.
4. L’Avvocatura generale dello Stato, per conto del Ministero dell’Interno, dell’****** – Prefettura di Roma e della Questura di Roma, si è costituita con atto depositato il 14 agosto 2012 e in pari data ha depositato la documentata relazione in data 1° agosto 2012 con cui il Ministero ribadisce la legittimità del provvedimento impugnato.
5. Alla camera di consiglio del 31 agosto 2012, presenti i legali delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 60 c.p.a.
6.1. Ciò premesso, l’appello è fondato e va riformata la sentenza impugnata, richiamando al riguardo l’orientamento già espresso in materia con altre precedenti pronunce della Sezione e in particolare con la sentenza n. 4630/2011.
6.2. La sentenza appellata in particolare e sostanzialmente anche il citato decreto del Questore di Roma si fondano soprattutto sul dato testuale dell’art. 43 del R.D. n. 773/1931 che, quale norma speciale rispetto all’art. 11, contiene in effetti l’esplicito divieto di concedere la licenza per portare armi a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi commessi, fra gli altri, per furto, per cui il diniego di rilascio o il rinnovo costituisce atto dovuto e vincolato e senza margini di discrezionalità anche se la condanna è stata seguita dalla estinzione del reato e/o dalla riabilitazione.
Orbene è indubbio che il contenzioso all’esame rientri nella previsione della norma richiamata, per cui la condanna non viene estinta dalla riabilitazione e rappresenta un fatto storico insopprimibile, di per sé non giustificativo del rilascio o del rinnovo del porto d’arma, così confermando il complessivo rigore del quadro normativo che, in relazione ai provvedimenti di pubblica sicurezza, è finalizzato al possesso del requisito “della buona condotta politica e morale” ex. art. 138 del T.U.L.P.S. e della affidabilità nell’uso delle armi, come indicato nel provvedimento impugnato.
Purtuttavia si è evidenziato altro orientamento giurisprudenziale (cf. anche Cons. Stato – VI n. 4667 e 4853/2010), che, pur nel rispetto dell’art. 43, si è determinato per la disamina caso per caso della situazione personale dei soggetti interessati e che, in talune circostanziate ipotesi (anche relative al furto aggravato), ha ritenuto non sussistessero le condizioni per ricorrere sic et simpliciter a detto automatismo.
Si è richiamata anche la pronuncia della Corte Costituzionale n.331 del 1996 che, sia pure relativa al requisito della buona condotta, ha peraltro indotto a ritenere che non potesse più ammettersi alcun carattere immediatamente ostativo, ai fini del rilascio o del rinnovo delle licenze di p.s., al fatto di aver riportato una condanna in sede penale.
Si ribadisce così, sul piano generale, l’onere dell’Amministrazione di motivare specificatamente i fatti che si ritengono ancora espressivi della pericolosità e dell’ inaffidabilità della persona, tenendo conto, quindi, della non equivalenza, per la diversa funzione, della sentenza di patteggiamento alla sentenza di condanna, per cui un accertamento di consapevolezza non può essere fatto valere in via esclusiva ed automatica in sede amministrativa; della necessità di procedere ad una concreta prognosi che tenga conto della risalenza della condanna, della condotta tenuta successivamente al fatto di reato e di elementi eventualmente sintomatici dell’ “ attualità” della pericolosità sociale anche in relazione a motivate valutazioni circa fatti pregressi; dell’intervenuta riabilitazione; di eventuali aspettative costituitesi nel tempo anche ai fini lavorativi.
6.3. Ciò stante, la Sezione è dell’avviso che la fattispecie all’esame sia connotata da elementi che avrebbero dovuto indurre la Questura di Roma a integrare la motivazione di diniego di porto d’arma, impugnato in primo grado, pur concordandosi sulla non automatica estensione della riabilitazione nei casi di specie e sul rigoroso contesto normativo che disciplina il rilascio e il rinnovo delle licenze di p.s., data la delicatezza e la rilevanza sull’ordine e la sicurezza pubblica.
La Questura in effetti, a supporto del diniego del porto d’armi, non ha fornito specifici elementi di valutazione in ordine alle circostanze dianzi esposte, e cioè al reato e alla condanna risalenti nel tempo, all’intervenuta riabilitazione nel 2008 nonché al comportamento e alla posizione complessiva dell’istante, ai fini della permanenza del giudizio prognostico di pericolosità e inaffidabilità anche in relazione alle peculiari mansioni connesse all’incarico da svolgere. Né a tale scopo può sovvenire la mera indicazione dei “controlli” effettuati anch’essi anni addietro (nel 2003).
In conclusione, il decreto del Questore di cui trattasi risulta viziato da una motivazione carente e pertanto, salvi eventuali ulteriori provvedimenti di competenza dell’Amministrazione, va annullato nei sensi di cui alle suesposte argomentazioni.
7. Ne consegue che l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado con il conseguente annullamento del provvedimento ivi impugnato.
Si ritiene di disporre la compensazione delle spese, data la particolarità del caso di specie.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’ appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma alla sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato in quella sede.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 31 agosto 2012

Redazione