Provvedimento inoppugnabile: nessun obbligo di risposta all’istanza di riesame (Cons. Stato n. 3634/2013

Redazione 09/07/13
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FATTO e DIRITTO

Premesso che, a norma dell’art. 117, commi 2 e 6-bis, cod. proc. amm., il presente giudizio va definito con sentenza in forma semplificata;
ritenuto che l’impugnata sentenza di rigetto del T.a.r. appare immune dalle dedotte censure, in quanto:
le singole particelle immobiliari sottoposte a vincolo storico-artistico [ex art. 10, comma 3 lett. a), d.lgs. n. 42 del 2004] con il decreto n. 436 del 22 dicembre 2008, non impugnato in sede giurisdizionale, sono diverse da quelle oggetto dei decreti di vincolo n. 532 del 21 maggio 2009 e n. 773 del 31 maggio 2010, annullati dal T.a.r. per la Campania con la sentenza n. 707/2012, passata in giudicato;
– i tre decreti di vincolo, in ragione della loro diversità oggettuale, sono tra di loro autonomi e sprigionano un’autonoma valenza lesiva in relazione ai diversi beni incisi (da individuare nelle singole particelle immobiliari), sicché ciascuno dei tre decreti doveva essere impugnato entro il rispettivo termine di decadenza, a pena d’inoppugnabilità;
– secondo consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato, da cui non v’è ragione di discostarsi, i provvedimenti di autotutela sono manifestazione dell’esercizio di un potere tipicamente discrezionale che l’Amministrazione non ha alcun obbligo di attivare e, qualora intenda farlo, deve valutare la sussistenza o meno di un interesse pubblico che giustifichi la rimozione dell’atto, valutazione della quale essa sola è titolare e che non può ritenersi dovuta nel caso di una situazione già definita con provvedimento inoppugnabile, con la conseguenza che, una volta che il privato, o per aver esaurito i mezzi di impugnazione che l’ordinamento gli garantisce, o – come nel caso di specie – per aver lasciato trascorrere senza attivarsi il termine previsto a pena di decadenza, si trovi di fronte ad un provvedimento inoppugnabile, a fronte del quale può solo sollecitare l’esercizio del potere da parte dell’Amministrazione, che non ha alcun obbligo di rispondere all’istanza di riesame;
– non sussiste pertanto la possibilità di fare ricorso alla procedura del silenzio-rifiuto allo scopo di provocare il ricorso dell’Amministrazione all’autotutela, poiché tale divieto trova il proprio fondamento nell’esigenza di evitare il superamento della regola della necessaria impugnazione dell’atto amministrativo nel termine di decadenza, e la richiesta dei privati, rivolta all’Amministrazione, di esercizio dell’autotutela, costituisce una mera denuncia con funzione sollecitatoria, ma non fa sorgere in capo all’Amministrazione stessa alcun obbligo di provvedere (su tali principi giurisprudenziali v., ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 355; Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2549);
– in particolare, l’amministrazione preposta alla tutela di un vincolo non ha l’obbligo di esaminare l’istanza volta ad ottenere la revoca di un precedente atto – divenuto inoppugnabile – di imposizione del medesimo vincolo (Sez. VI, 27 novembre 2012, n. 5989);
– il T.a.r. ha, dunque, correttamente dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 117 cod. proc. amm., proposto contro il silenzio serbato dall’Amministrazione resistente sull’istanza dell’11 ottobre 2012, notificata il 18 ottobre 2012, con cui l’Istituto istante ha chiesto l’annullamento in autotutela del decreto di vincolo n. 436 del 22 dicembre 2008;
rilevato che, per le esposte ragioni, s’impone il rigetto dell’appello;
ritenuto che le spese del presente grado di giudizio debbano essere regolate secondo il criterio della soccombenza;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 3027 del 2013), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere all’Amministrazione appellata le spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 1.500,00, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013

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