Prova testimoniale: rischia la decadenza la parte che non cita i testi nella fase preliminare al dibattimento (Cass. pen. n. 37555/2013)

Redazione 13/09/13
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Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 14.1.2013, confermava la sentenza del Tribunale di Sanremo, sez. dist. di Ventimiglia, resa il 28.3.2011, con la quale F.C., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, era stato condannato alla pena (sospesa alle condizioni di legge) di mesi 2 di arresto ed Euro 21.000,00 di ammenda per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 e art. 44, lett. c) (capo a) e D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 142, 146 e 181, unificati sotto il vincolo della continuazione.

Rilevava la Corte territoriale, rigettando l’eccezione difensiva, che correttamente la difesa era stata dichiarata decaduta dalla prova per testi, non essendo stati questi citati per l’udienza, appositamente fissata dopo vari rinvii, e che l’imputato non era stato esaminato in quanto non era presente in udienza.

I reati, poi, non erano prescritti, dovendosi tener conto delle sospensioni disposte nel corso del giudizio.

2. Ricorre per cassazione F.C., a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la mancanza di motivazione in relazione al primo motivo di appello e la mancata assunzione di una prova decisiva.

Con l’impugnazione era stata specificamente censurata la sentenza di primo grado e l’ordinanza dibattimentale del 28.3.2011.

Era stato dedotto che il Tribunale, dopo aver ammesso i testi, con successiva ordinanza aveva dichiarato la difesa decaduta dalla prova per testi per non aver provveduto alla citazione dei medesimi.

Si evidenziava altresì che tale ordinanza, adottata senza neppure sentire le parti, era illegittima, non essendovi alcuna norma che lo prevede; peraltro il Tribunale non aveva ritenuto la prova per testi superflua, nè aveva provveduto ad assumere l’esame dell’imputato presente.

La Corte territoriale ha completamente ignorato tali censure, avendo esaminato soltanto il secondo motivo di appello.

Denuncia poi la mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine alla omessa declaratoria di prescrizione dei reati. La Corte territoriale ha, invero, fatto riferimento a rinvii del processo che non giustificavano la sospensione della prescrizione medesima (trattandosi di opere non condonabili, la sospensione disposta era tamquam non esset).

Motivi della decisione

1. L’art. 468 c.p.p. sanziona con la inammissibilità la mancata presentazione della lista testi in cancelleria (e ciò per una evidente funzione di discovery ad evitare l’introduzione di prove a sorpresa). La citazione dei testi nella fase degli atti preliminari al dibattimento costituisce, invece, soltanto una facoltà delle parti.

Nella fase preliminare quindi le parti hanno una mera facoltà di citare, previa autorizzazione, i loro testi o di presentarli direttamente in dibattimento; tant’è che il mancato esercizio di tale facoltà non produce alcun effetto (l’art. 468 sanziona con la inammissibilità soltanto il mancato deposito della lista).

Come già, condivisibilmente, affermato da questa Corte (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 32343 del 13.6.2007), il mancato esercizio della facoltà di citare i testi o di presentarli direttamente in udienza (pur prima della loro ammissione) costituisce, però, un “rischio” (non potendo la parte chiedere il rinvio del dibattimento per l’escussione degli stessi – così anche Cass. n. 30889 del 2005) ove il giudice ritenga di poter espletare l’istruttoria dibattimentale nella prima udienza.

Laddove, invece, (come accade nella maggior parte dei casi per i processi più impegnativi) si proceda prima all’ammissione delle prove e poi, in altra udienza, all’assunzione delle medesime, incombe sulla parte, pur nel silenzio normativo, un vero e proprio onere di citazione.

La mancata citazione dei testi ammessi determinerebbe, invero, la paralisi del processo, non essendo previsto da alcuna norma che, alle inadempienze delle parti, si debba supplire dall’ufficio (con aggravio delle incombenze di cancelleria).

La parte è, quindi, tenuta ad attivarsi per la citazione dei propri testi ammessi ed a dimostrare, in caso di mancata comparizione, di aver provveduto alla loro citazione. Anche per consentire al giudice di disporre tutti gli opportuni accertamenti in caso di omessa citazione ovvero l’accompagnamento coattivo (l’art. 133 c.p.p. subordina l’emissione dell’ordine di accompagnamento alla regolarità della citazione ed alla mancata comparizione senza un legittimo impedimento).

1.1.La Corte territoriale, sia pure con motivazione stringata, e dopo aver richiamato la sentenza di questa Corte n. 13507 del 18.2.2010 (secondo cui “la mancata citazione del teste per l’udienza non comporta la decadenza della parte richiedente della prova, salvo che quest’ultima sia superflua o la nuova autorizzazione alla citazione per l’udienza successiva comporti il ritardo della citazione”; contra, però, Cass. sez. 5 n. 5603 del 28.3.2000) ha evidenziato che l’udienza del 28.3.2011 era stata fissata a cinque anni dall’inizio del dibattimento proprio per l’assunzione delle prove, per cui la mancata (e non giustificata) citazione dei testi da parte della difesa avrebbe ritardato ulteriormente la decisione. Quanto all’interrogatorio, ha ricordato che alla medesima udienza del 28.3.2011 l’imputato non era presente.

2. In relazione al secondo motivo non c’è dubbio che, in pendenza dei termini per la presentazione dell’istanza di condono o in pendenza dei termini per la definizione amministrativa, rimanga sospeso il procedimento penale (e quindi il corso della prescrizione). Tale sospensione richiede, però, la previa verifica da parte del giudice della sussistenza dei requisiti astrattamente previsti dalla legge per l’applicabilità del condono (cfr. ex multis Cass. sez. 3 n. 32218 del 7.6.2007; Cass. sez. 3 n. 3350 del 29.1.2004; Cass. sez. 3 n. 35084 del 26.8.20043).

Nel caso di opere non condonabili la giurisprudenza prevalente di questa Corte ritiene che la sospensione non possa essere disposta, “sicchè dell’eventuale periodo di sospensione, ciononostante intervenuto, deve comunque tenersi conto ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato” (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 9670 del 26.1.2011; Cass. Sez. 3 n. 563 del 17.11.2005; contra, però, Cass. Sez. 3 n. 29253 del 4.6.2005).

3. La non manifesta infondatezza del ricorso (si è visto come in relazione alle questioni dedotte la giurisprudenza di questa Corte non sia univoca) consente, comunque, di rilevare la prescrizione anche se maturata dopo l’emissione della sentenza impugnata.

Secondo gli stessi calcoli effettuati alla Corte territoriale, nella peggiore (per l’imputato) delle ipotesi la prescrizione è maturata, essendo stati i reati commessi il (omissis), in data 27.3.2013 (al termine massimo di prescrizione di anni 4 e mesi 6, secondo la disposizione più favorevole del previgente art. 157 c.p., vanno aggiunti, secondo la Corte di merito, anni 4, mesi 7 e giorni 21 di sospensione).

4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio per essere i reati estinti per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.

Redazione