Promozione a ispettore capo del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato (Cons. Stato n. 196/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 19/01/12
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FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso di primo grado il sig. **********, odierno appellante, ha impugnato il decreto del Capo della Polizia – direttore generale della p.s. 21 giugno 2004 con cui è stato promosso alla qualifica di ispettore capo a decorrere dal 1° gennaio 2003 e ha chiesto l’accertamento del proprio diritto alla promozione a decorrere dal 1° settembre 2000 o in subordine dal 1° settembre 2002.
2. In punto di fatto giova ricordare che il ricorrente ha riportato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un mese a decorrere dal 4 maggio 2000 e questo ha comportato il ritardo nella promozione; infatti il ricorrente è stato escluso dagli scrutini per la promozione a ispettore capo con provvedimento 1 agosto 2001 e con provvedimento 16 agosto 2002.
3. Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto con la sentenza n. 1244/2006 ha:
– dichiarato parzialmente inammissibile il ricorso nella parte in cui sindaca la decorrenza dell’inquadramento senza impugnazione dei provvedimenti precedenti di esclusione dallo scrutinio 1° agosto 2001 e 16 agosto 2002;
– dichiarato inammissibile l’azione di accertamento di un preteso diritto all’inquadramento con decorrenza diversa da quella stabilita dal provvedimento 21 giugno 2004;
– statuito che le previsioni dell’art. 6, comma 2, d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737e 61, comma 2, d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335si interpretano nel senso che la sanzione disciplinare superiore alla deplorazione, che comporta esclusione dallo scrutinio per i tre anni successivi alla irrogazione, comporta anche ritardo nella decorrenza della promozione; l’effetto del ritardo nello scrutinio non può che comportare un corrispondente ritardo nella decorrenza della promozione;
– statuito che l’art. 61 d.P.R. n. 335 del 1982 quale norma successiva prevale ratione temporis sull’art. 6, comma 2, d.P.R. n. 737 del 1981.
4. Con l’atto di appello si lamenta che:
– non c’è inammissibilità parziale del ricorso di primo grado perché l’interesse a contestare la decorrenza dell’inquadramento è sorto solo a seguito dell’adozione del decreto 21 giugno 2004;
– il ritardo nello scrutinio non comporta un ritardo anche nella decorrenza dell’inquadramento;
– l’art. 6, comma 2, d.P.R. n. 737 del 1981 è norma speciale, come tale non derogata ratione temporis dall’art. 61 d.P.R. n. 335 del 1982; L’art. 6 citato prevederebbe sanzioni accessorie tra loro alternative, per cui non potrebbe nel caso di specie essere irrogato il ritardo nella decorrenza della promozione;
– la promozione doveva decorrere quanto meno dal 1° settembre 2002, non trovando applicazione l’art. 40, d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077.
5. L’appello è infondato.
5.1. L’art. 6, comma 2, d.P.R. n. 737 del 1981 prevede effetti accessori che conseguono ex lege all’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e che consistono nel ritardo di due anni nella promozione alla qualifica superiore, o nell’aumento periodico di stipendio o nell’attribuzione di una classe superiore di stipendio.
Siccome si tratta di effetti ex lege, la formulazione alternativa va intesa nel senso che si applica quello, dei tre effetti previsti, che si verifica cronologicamente prima avuto riguardo alla situazione concreta del sanzionato.
Tanto si evince con chiarezza dal combinato disposto dell’art. 6, comma 2, citato, con il precedente art. 5, comma 2, espressamente richiamato.
Dispone infatti testualmente il citato art. 6, comma 2, a proposito degli effetti ex lege della sanzione della sospensione dal servizio: “Comporta la deduzione dal computo della anzianità di un periodo pari a quello trascorso dal punito in sospensione dal servizio nonché il ritardo di due anni nella promozione o nell’aumento periodico dello stipendio o nell’attribuzione di una classe superiore di stipendio con la decorrenza di cui al precedente art. 5”.
A sua volta l’art. 5, comma 2, richiamato, a proposito della deplorazione dispone che: “Essa comporta il ritardo di un anno nell’aumento periodico dello stipendio o nell’attribuzione della classe di stipendio superiore, a decorrere dal giorno in cui verrebbe a maturare il primo beneficio successivo alla data nella quale la mancanza è stata rilevata”.
5.2. Così intesa la disposizione, essa non è in contrasto né è superata dall’art. 61, d.P.R. n. 335 del 1982 a tenore del quale “non è ammesso a scrutinio il personale di cui al presente decreto legislativo che nei tre anni precedenti lo scrutinio stesso abbia riportato sanzioni disciplinari più gravi della deplorazione”.
Invero la prima disposizione concerne gli effetti accessori ex lege di una sanzione disciplinare specifica; la seconda, con riguardo a qualsivoglia sanzione disciplinare più grave della deplorazione, impedisce di scrutinare il personale che nei tre anni anteriori allo scrutinio abbia riportato sanzioni più gravi della deplorazione.
La seconda disposizione introduce pertanto in termini generali una specifica conseguenza della sanzione disciplinare, che si aggiunge alle conseguenze prevista dalla norma disciplinare.
5.3. Da nessuna disposizione si evince, poi, che lo scrutinio ritardato non dovrebbe comportare un corrispondente ritardo nella decorrenza della promozione, atteso che:
– da un lato, non avrebbe alcun senso logico l’effetto ex lege del differimento dello scrutinio, se fosse poi possibile darvi efficacia retroattiva;
– dall’altro lato la decorrenza retroattiva di una promozione non è la regola, ma l’eccezione, e come tale avrebbe dovuto essere espressamente prevista.
5.4. Non ha pregio l’ulteriore censura secondo cui il ricorrente avrebbe dovuto essere promosso con decorrenza 1 settembre 2002, ossia decorsi due anni esatti di ritardo rispetto al giorno della maturazione del primo beneficio successivo alla data nella quale la mancanza è stata rilevata, non potendo trovare applicazione l’art. 40, bensì dovendo trovarla l’art. 39 d.P.R. n. 1077 del 1970.
Anzitutto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i cinque anni di anzianità nella qualifica di ispettore, necessari per essere scrutinato per la qualifica di ispettore capo, non maturavano il 1° settembre 2000, bensì il 1° ottobre 2000, dovendosi considerare che l’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un mese ha anche prodotto l’effetto ex lege della “deduzione dal computo della anzianità di un periodo pari a quello trascorso dal punito in sospensione dal servizio”.
Applicandosi il ritardo di due anni, il requisito maturava il 1° ottobre 2002.
Inoltre, ai sensi dell’art. 40 d.P.R. n. 1077 del 1970, “gli scrutini per le promozioni sono tenuti due volte all’anno, entro il 30 giugno ed entro il 31 dicembre.
Salvo quanto disposto dall’ultimo comma dell’art. 15, le promozioni sono conferite seguendo l’ordine di graduatoria, con effetto, rispettivamente, dal 1° luglio e dal 1° gennaio successivi.
É ammesso agli scrutini il personale che matura la prescritta anzianità, rispettivamente, entro le predette date del 30 giugno e del 31 dicembre”.
Sicché, avendo il ricorrente maturato il requisito solo al 1° ottobre 2002, correttamente la promozione ha avuto decorrenza 1° gennaio 2003.
Sul punto, non è condivisibile la tesi che alle promozioni per merito assoluto si applichei solo l’art. 39 d.P.R. n. 1077 del 1970 e non anche l’art. 40, che sarebbe richiamato dall’art. 61 d.P.R. n. 335 del 1982 solo per le promozioni per merito comparativo.
Tanto non si evince né dal citato art. 61 d.P.R. n. 335 del 1982, che pur richiamando l’art. 39 d.P.R. n. 1077 del 1970 per gli scrutini per merito assoluto, non circoscrive affatto il richiamo dell’art. 40, medesimo decreto presidenziale, ai soli scrutini per merito comparativo.
Inoltre l’art. 40 in commento è a sua volta previsione di carattere generale che non riguarda il solo scrutinio per merito comparativo, come preteso dal ricorrente: l’art. 40 è infatti collocato dopo l’art. 38 che riguarda lo scrutinio per merito comparativo, e l’art. 39, che riguarda lo scrutinio per merito assoluto, e si applica ad entrambi.
6. In conclusione, l’appello va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in euro mille.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite nella misura di euro mille.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione