Progetto per la realizzazione di un fabbricato da adibire ad abitazione rurale (Cons. Stato n. 686/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 09/02/12
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FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado gli odierni appellanti ******** e Sindacato Nazionale Ingegneri Juniores e Architetti Juniores avevano esposto che ************* aveva presentato un progetto al Comune di Stilo e al Servizio Sismico della Regione Calabria e che con nota del 16 dicembre 2008 la Regione aveva sospeso il procedimento e aveva acquisito i pareri del Comitato Giuridico Consultivo e dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Reggio Calabria.

Con nota prot. 8484 in data 6 ottobre 2009 la Regione aveva quindi comunicato all’interessato il provvedimento della Regione n. 19561/2009 in data 28 settembre 2009, con cui, in conformità a quanto ritenuto dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel parere prot. n. 126/09 del 24 luglio 2009, si era ritenuto che la progettazione in zona sismica non rientrasse nella competenza degli ingegneri e architetti juniores.

Essi avevano gravato gli impugnati provvedimenti innanzi al Tribunale amministrativo della Calabria – Sede di Reggio Calabria – deducendo i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto varii profili sintomatici.

Il primo giudice, dichiarata la inammissibilità della impugnazione avversante la nota prot. 8484 resa in data 6 ottobre 2009 della Regione Calabria ed il parere formulato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici prot. n. 126/09 del 24 luglio 2009 (in quanto trattavasi di atti non aventi contenuto provvedimentale) e prescindendo dall’esame delle eccezioni in rito proposte dalla Regione, ha respinto il ricorso, richiamando le prescrizioni contenute negli artt. 16 e 46 del d.P.R. 5 giugno 2011 n. 328, che, nel delineare le competenza degli ingegneri e architetti juniores, fanno riferimento, tra l’altro, alla “progettazione di costruzioni civili semplici con l’uso di metodologie standardizzate”.

Secondo il primo giudice da tali prescrizioni normative si dovrebbe desumere che l’architetto e l’ingegnere juniores non possano mai essere chiamati a risolvere problemi di speciale complessità, nel senso che né l’opera da realizzare, né le metodologie da applicare devono risultare complesse.

Le costruzioni in zona sismica, invece, dovrebbero sempre reputarsi di speciale difficoltà, poiché la loro progettazione presupporrebbe l’applicazione di metodologie e normative complesse e richiederebbe una conoscenza avanzata dell’ingegneria strutturale e geotecnica (nulla rilevando che, per la soluzione dei problemi di speciale complessità legati alla progettazione in zona sismica, esistano tecniche di costruzione consolidate dall’esperienza, poiché tale circostanza non inficerebbe il fatto che la costruzione in zona sismica implica pur sempre la soluzione di un complesso problema progettuale e normativo).

Ciò varrebbe non solo per quanto atterrebbe alle prescrizioni di cui al d.m. in data 14 gennaio 2008, ma anche in relazione alla normativa previgente, dal che, concludeva il primo giudice, doveva discendere la reiezione del ricorso.

Avverso la sentenza in epigrafe gli originari ricorrenti hanno proposto un articolato appello, evidenziando che la motivazione della impugnata decisione sarebbe apodittica ed errata.

Essi hanno in primo luogo censurato la statuizione di parziale improcedibilità del mezzo di primo grado, evidenziando che la impugnata nota n. 8484 del 6 ottobre 2009 aveva natura di atto definitorio del procedimento, mentre il parere prot. n. 126/09 del 24 luglio 2009 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici era autonomamente lesivo.

Nel merito, hanno sostenuto che la reiezione del ricorso da essi proposto si fondava sulla arbitraria equiparazione tra progettazione in zona sismica e progettazione “complessa”.

La sentenza, quindi, estendeva immotivatamente l’ambito delle preclusioni oggettive di natura professionale fissate ex lege nei confronti degli ingegneri e degli architetti juniores; non teneva conto della concreta natura del progetto demandato all’ingegnere odierno appellante e relativo ad un immobile di estensione inferiore a 5000 mc (pari a 4100 mc, per la precisione), avente due elevazioni fuori terra ed insistente in zona agricola, né aveva approfondito la circostanza che nel caso di specie era stata utilizzata una metodologia di calcolo “standardizzata”.

Era stata obliata la circostanza che la Regione Calabria aveva acquisito tre pareri tecnici, ma poi aveva tenuto conto unicamente di quello maggiormente vessatorio per la categoria degli ingegneri e degli architetti junior; la decisione di primo grado, inoltre, aveva frainteso il concetto di “metodologie standardizzate”, equiparandole alla “metodologia semplice” e sostenendo che ne fosse sempre e comunque precluso l’utilizzo per la progettazione in zona sismica.

Il primo giudice, infine, non aveva tenuto conto della circostanza che il progetto era stato presentato durante la vigenza della disciplina transitoria di cui all’art. 14 undevicies del dL 30 giugno 2005 n.115.

Gli appellanti hanno poi, in via devolutiva, riproposto integralmente le doglianze contenute nel mezzo di primo grado.

Con memoria ritualmente depositata gli appellanti hanno puntualizzato e ribadito le proprie doglianze e, con ulteriore memoria di replica, hanno ribadito la propria legittimazione attiva e nuovamente riproposto la tesi secondo cui il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici aveva esuberato rispetto alle competenze allo stesso assegnate dall’art. 127 comma 3 del d.Lgs. 18 aprile 2006 n. 163, esprimendo valutazioni giuridiche e non già (come avrebbe dovuto) meramente tecniche.

L’appellata amministrazione regionale della Calabria ha depositato un controricorso ed una memoria ed ha in via principale riproposto la eccezione di difetto di legittimazione attiva del Sindacato appellant,e in quanto composto da associati i quali non erano (tutti) interessati alle problematiche relative alla ingegneria civile.

Ha poi ribadito la eccezione di tardività del ricorso proposto dall’Ing. M., in quanto destinatario delle note della Regione Calabria in data 7 ottobre 2008 (n.5485) ed in data 16 dicembre 2008 (n. 6552), con le quali era stata disposta (con la seconda di esse in via generale) la sospensione del procedimento di rilascio del certificato di avvenuto deposito del progetto.

Tali note erano rimaste inimpugnate e, pertanto, non potevano essere tardivamente censurate con il mezzo di primo grado.

Nel merito ha chiesto di respingere il ricorso in appello perché infondato.

Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2012 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va accolto, nei termini di cui alla motivazione che segue, con conseguente riforma dell’impugnata decisione ed accoglimento, sempre nei termini di cui alla motivazione, del ricorso di primo grado.

2. Devono essere in via preliminare risolte alcune questioni di natura procedurale (ma anche sostanziale) che assumono un rilievo logicamente pregiudiziale rispetto alla delibazione delle censure di merito.

2.1. A tale proposito si rileva che sono certamente infondate le eccezioni, formulate dall’appellata amministrazione regionale, di carenza di legittimazione attiva del sindacato appellante e di tardività del gravame proposto dall’ingegnere *******.

2.1.1. Quanto alla prima, essa si fonda su un fraintendimento della consolidata affermazione giurisprudenziale secondo cui “la legittimazione a ricorrere delle associazioni di categoria incontra il limite del divieto di tutela degli interessi di singoli associati o di gruppi di associati, perché la categoria verrebbe divisa in posizioni disomogenee; sicché, è da escludere se l’associazione insorge in giudizio per far valere gli interessi solo di una parte dei suoi componenti e trascurando quelli, eventualmente, di segno contrario.” (tra le tante, ancora di recente, Consiglio Stato, sez. VI, 10 marzo 2011, n. 1540).

Come chiarito dalle pronunce che hanno affermato tale principio, la ratio dello stesso non riposa in altro che nella necessità di evitare che l’associazione proponente il ricorso privilegi un interesse (quello della maggioranza degli associati, si presume) contrario a quello di altra parte degli associati, ma non postula affatto che tutti gli associati debbano essere interessati alla specifica questione (nel caso di specie problematiche relative alla ingegneria civile), chè altrimenti la prova della legittimazione riposerebbe sempre e comunque nella sottoscrizione del gravame da parte di tutti gli associati e, per altro verso, sarebbe sufficiente che uno di essi si dichiarasse disinteressato alla questione per precludere alla associazione stessa ogni iniziativa processuale.

Una simile interpretazione svuoterebbe di contenuto, e comunque renderebbe inutile, la legittimazione processuale delle associazioni e di conseguenza essa va certamente respinta.

2.2. Quanto alla seconda eccezione, questa, oltre che inutile, appare infondata, in quanto l’appellante ingegnere non ebbe a gravare in primo grado le note (peraltro soprassessorie e quindi insuscettibili di immediata impugnazione) della Regione Calabria in data 7 ottobre 2008 (n.5485) ed in data 16 dicembre 2008 (n. 6552). Neppure, dal contenuto delle predette, ed avuto riguardo alla natura soprassessoria delle medesime, poteva discendere alcuna preclusione a gravare gli atti impugnati in primo grado.

2.2. Del pari inammissibile, prima ancora che infondata, è la pretesa appellatoria volta a censurare il capo dell’impugnata decisione che ha ritenuto inammissibile il mezzo di primo grado laddove diretto ad avversare la nota n. 8484 del 6 ottobre 2009 ed il parere prot. n. 126/09 del 24 luglio 2009 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

Da un canto, infatti, è certo che detti atti non rivestivano natura provvedimentale (la prima era addirittura una nota di comunicazione); secondariamente, il primo giudice ha preso in esame funditus le argomentazioni contenute nel citato parere e costituenti il nucleo centrale della motivazione dell’avversato provvedimento di diniego, di guisa che gli appellanti non hanno alcun interesse a gravare quel capo di sentenza.

2.3. In ultimo, e conseguentemente a quanto si è dianzi affermato, sono palesemente inammissibili per carenza di interesse tutte le doglianze proposte dagli appellanti, incentrate sul disposto di cui all’art. 127 del d.Lvo 12 aprile 2006 n. 163 e volte a censurare il presunto “straripamento di competenze” in cui sarebbe incorso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

Ciò perché, in disparte ogni questione in ordine alla competenza – o meno- di tale Organo a rispondere al quesito postogli dall’amministrazione appellata, la Regione Calabria ne ha fatto propri i contenuti e le motivazioni.

Ciò comporta che gli appellanti (si rammenta che non trattavasi di parere obbligatorio, e men che meno vincolante) non hanno nessun interesse a sollevare in giudizio questione relative alla competenza del detto organo, posto che comunque le deduzioni contenute nel parere si oggettivano nella nota reiettiva (questa sì oggetto di impugnazione) e prescindono (se non sotto il profilo della considerazione ed autorevolezza dell’Organo che le ha rese) dal soggetto cui sono ascrivibili.

La censura, semmai, avrebbe potuto essere supportata da un rilevante interesse laddove l’amministrazione appellata si fosse immotivatamente discostata dal responso contenuto in un parere previamente richiesto: non certo nel caso di specie, laddove ne ha fatto proprie le conclusioni.

3. Ciò premesso, e venendo al merito delle censure proposte, non appare inopportuno al Collegio in via preliminare ricostruire sinteticamente il quadro normativo sotteso alla controversia.

3.1. Il punto di partenza dal quale occorre muovere riposa nella convinta adesione del Collegio alla tesi di recente affermata dalla giurisprudenza di questa Sezione del Consiglio di Stato, secondo la quale “non è in contrasto né con la normativa comunitaria specificamente riguardante la professione di architetto (Direttiva 85/384/Cee), né con la l. 14 gennaio 1999 n. 4 l’istituzione negli albi professionali, ad opera del d.P.R. 5 giugno 2001 n. 328, di due distinte Sezioni (A e B), rispettivamente riservate ai laureati di primo e di secondo livello (cioè in possesso di laurea specialistica o di laurea c.d. breve), atteso che la riforma attuata con la cit. l. n. 4 del 1999 sul valore e la durata dei corsi universitari comportava obiettivamente l’esigenza di ridefinire i requisiti per l’accesso alle c.d. professioni protette, per il cui esercizio sia necessaria l’iscrizione ad un albo o ad un ordine professionale, collegando i nuovi titoli accademici, una volta unici per tutte le università, con l’ordinamento vigente delle professioni.”(Consiglio Stato , sez. IV, 12 maggio 2008 , n. 2178).

Le disposizioni di cui agli artt. 16 e 46 del d.P.R. 5 giugno 2001 n. 328, e delle quali si riporta il testo per intero, individuano le competenze degli iscritti alle Sezioni A e B degli architetti e degli ingegneri.

In particolare, l’art. 16 del predetto decreto, così dispone:

“Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione A – settore “architettura”, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1, comma 2, restando immutate le riserve e attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, le attività già stabilite dalle disposizioni vigenti nazionali ed europee per la professione di architetto, ed in particolare quelle che implicano l’uso di metodologie avanzate, innovative o sperimentali.

Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione A – settore “pianificazione territoriale”:

a) la pianificazione del territorio, del paesaggio, dell’ambiente e della città;

b) lo svolgimento e il coordinamento di analisi complesse e specialistiche delle strutture urbane, territoriali, paesaggistiche e ambientali, il coordinamento e la gestione di attività di valutazione ambientale e di fattibilità dei piani e dei progetti urbani e territoriali;

c) strategie, politiche e progetti di trasformazione urbana e territoriale.

Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione A – settore “paesaggistica”:

a) la progettazione e la direzione relative a giardini e parchi;

b) la redazione di piani paesistici;

c) il restauro di parchi e giardini storici, contemplati dalla legge 20 giugno 1909, n. 364, ad esclusione delle loro componenti edilizie.

Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione A – settore “conservazione dei beni architettonici ed ambientali”:

a) la diagnosi dei processi di degrado e dissesto dei beni architettonici e ambientali e la individuazione degli interventi e delle tecniche miranti alla loro conservazione.

Formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti nella sezione B, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1, comma 2, restando immutate le riserve e attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa:

a) per il settore “architettura”:

1) le attività basate sull’applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie, comprese le opere pubbliche;

2) la progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la misura, la contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate;

3) i rilievi diretti e strumentali sull’edilizia attuale e storica.

b) per il settore “pianificazione”:

1) le attività basate sull’applicazione delle scienze volte al concorso e alla collaborazione alle attività di pianificazione;

2) la costruzione e gestione di sistemi informativi per l’analisi e la gestione della città e del territorio;

3) l’analisi, il monitoraggio e la valutazione territoriale ed ambientale;

4) procedure di gestione e di valutazione di atti di pianificazione territoriale e relativi programmi complessi. ”

L’art. 46, invece, disciplina le competenze della figura professionale dell’ingegnere e così prevede: “Le attività professionali che formano oggetto della professione di ingegnere sono così ripartite tra i settori di cui all’articolo 45, comma 1:

a) per il settore “ingegneria civile e ambientale”: la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione, di opere geotecniche, di sistemi e impianti civili e per l’ambiente e il territorio;

b) per il settore “ingegneria industriale”: la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di macchine, impianti industriali, di impianti per la produzione, trasformazione e la distribuzione dell’energia, di sistemi e processi industriali e tecnologici, di apparati e di strumentazioni per la diagnostica e per la terapia medico-chirurgica;

c) per il settore “ingegneria dell’informazione”: la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo e la gestione di impianti e sistemi elettronici, di automazione e di generazione, trasmissione ed elaborazione delle informazioni.

Ferme restando le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa e oltre alle attività indicate nel comma 3, formano in particolare oggetto dell’attività professionale degli iscritti alla sezione A, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1, comma 2, le attività, ripartite tra i tre settori come previsto dal comma 1, che implicano l’uso di metodologie avanzate, innovative o sperimentali nella progettazione, direzione lavori, stima e collaudo di strutture, sistemi e processi complessi o innovativi.

Restando immutate le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, formano oggetto dell’attività professionale degli iscritti alla sezione B, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1, comma 2:

a) per il settore “ingegneria civile e ambientale”:

1) le attività basate sull’applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie comprese le opere pubbliche;

2) la progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate;

3) i rilievi diretti e strumentali sull’edilizia attuale e storica e i rilievi geometrici di qualunque natura;

b) per il settore “ingegneria industriale”:

1) le attività basate sull’applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione lavori, stima e collaudo di macchine e impianti, comprese le opere pubbliche;

2) i rilievi diretti e strumentali di parametri tecnici afferenti macchine e impianti;

3) le attività che implicano l’uso di metodologie standardizzate, quali la progettazione, direzione lavori e collaudo di singoli organi o di singoli componenti di macchine, di impianti e di sistemi, nonché di sistemi e processi di tipologia semplice o ripetitiva;

c) per il settore “ingegneria dell’informazione”:

1) le attività basate sull’applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione lavori, stima e collaudo di impianti e di sistemi elettronici, di automazioni e di generazione, trasmissione ed elaborazione delle informazioni;

2) i rilievi diretti e strumentali di parametri tecnici afferenti impianti e sistemi elettronici;

3) le attività che implicano l’uso di metodologie standardizzate, quali la progettazione, direzione lavori e collaudo di singoli organi o componenti di impianti e di sistemi elettronici, di automazione e di generazione, trasmissione ed elaborazione delle informazioni, nonché di sistemi e processi di tipologia semplice o ripetitiva.”.

Appare altresì rilevante riportare il testo dell’art. 1 del decreto citato, il cui comma 2 dispone nei seguenti termini: “Il presente regolamento modifica e integra la disciplina dell’ordinamento, dei connessi albi, ordini o collegi, nonché dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove, delle professioni di: dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo. Le norme contenute nel presente regolamento non modificano l’ambito stabilito dalla normativa vigente in ordine alle attività attribuite o riservate, in via esclusiva o meno, a ciascuna professione”.

A tal riguardo, e stante l’espresso richiamo del citato comma 2 dell’art. 1 alle disposizioni vigenti in tema di attività riservate a ciascuna delle citate professioni, si rammenta che gli artt. 51 e 52 del Regio Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 così dispongono:

(Art. 51) “Sono di spettanza della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo.” ;

(Art. 52) “Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno 1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere.”.

Proprio con riferimento al sopra riportato comma 2 dell’art. 1 del d.P.R. 5 giugno 2001 n. 328, si segnala che questo Consiglio di Stato, con la condivisibile decisione n. 1473/2009 (richiamata per speculari ragioni da tutte le parti dell’odierno procedimento e sul cui contenuto di seguito ci si soffermerà nuovamente) ha affermato il principio – riferito alla professione di ingegnere ma la cui ratio è ovviamente traslabile a quella di architetto- per cui “l’elencazione, compiuta all’art. 46 del decreto, delle attività attribuite agli iscritti ai diversi settori delle sezioni “A” e “B” dell’albo dell’Ordine degli ingegneri, ha il solo scopo di procedere ad una siffatta ripartizione, individuando quelle maggiormente caratterizzanti la professione, restando immutato il quadro complessivo delle attività esercitabili nell’àmbito della professione stessa come già normativamente definito.”.

Tale affermazione si salda con quella contenuta nel precedente capo della citata sentenza, che costituisce utile spunto ermeneutico per la interpretazione della ratio complessiva del testo normativo in parola, secondo cui: “anzitutto, quanto alla prevista istituzione, negli Albi professionali, di due sezioni (A e B), riservate rispettivamente ai laureati di primo e secondo livello, premesso che la riforma attuata con la legge n. 4 del 1999 sul valore e la durata dei corsi universitarii comportava indubbiamente l’esigenza di ridefinire i requisiti per l’accesso alle cosiddette professioni protette ( per le quali sia necessaria l’iscrizione ad un albo o ad un ordine professionale), del tutto in sintonia con quanto rilevato dalla Sezione Consultiva per gli Atti Normativi con il parere n. 118/2001 reso nell’adunanza del 21 maggio 2001, va, in proposito, precisato che la finalità del regolamento è quella di collegare i nuovi titoli accademici (una volta unici per tutte le Università) con l’ordinamento delle professioni vigenti, che, precedentemente alla emanazione del contestato D.P.R., era ancora quello anteriore precedente alla riforma universitaria e che, a tal fine, non sembra violare la norma di delega la suddivisione, in sezioni e settori, degli ordini preesistenti, attribuendo – onde evitare confusioni – denominazioni diverse ai singoli settori, in attesa di una riforma anche della materia degli ordini professionali.

Dette denominazioni dei settori, in cui vengono ad essere ripartite le nuove sezioni “A” e “B” degli Albi professionali, così come l’effettiva individuazione per ciascuna sezione delle attività maggiormente caratterizzanti la professione, non innovano, a parere del Collegio ( né potevano assolutamente innovare, alla stregua della “delega” ed in particolare del criterio di cui alla lettera a), che prevedeva la sola “determinazione dell’ambito consentito di attività professionale ai titolari di diploma universitario e ai possessori dei titoli istituiti in applicazione dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni” ) la materia delle attività riservate o consentite alla professione de qua (in via esclusiva od unitamente ad altre), attuandone invece correttamente una mera ripartizione, previa individuazione di un criterio di carattere generale, facente riferimento alle professionalità conseguite a compimento dei diversi percorsi formativi di accesso, relativi, rispettivamente, alle lauree ed alle lauree specialistiche.”.

3.2. Così ricostruito il tessuto normativo sotteso alla controversia, si rammenta che, con il secondo motivo di censura (il primo dell’appello dedicato alle questioni di merito), gli appellanti si dolgono della circostanza che il primo giudice abbia ritenuto che le costruzioni in zona sismica siano connotate sempre e comunque dalla necessità di “risolvere problemi di rilevante complessità” e sia stata obliata una valutazione in concreto del progetto presentato dall’Ing *******.

Si postula, in sostanza, la necessità di una valutazione caso per caso e non affidata a definizioni categoriali preclusive. Il motivo di ricorso è strettamente legato alla terza censura (incentrata sulla circostanza che le norme di legge invocate non si occupino minimamente, e men che meno introducendo disposizioni preclusive della questione relativa alla progettazione in area sismica) ed alla quarta doglianza (che si duole della equiparazione della “metodologia standardizzata”alla “metodologia semplice” contenuta nella decisione di primo grado).

3.2..1 Stante la loro intima connessione le predette doglianze possono essere esaminate congiuntamente.

3.3. Premette il Collegio che, a differenza di quanto sostenuto dall’appellata amministrazione, non si ritiene che possa militare in senso decisivo per la reiezione del ricorso l’affermazione che di seguito si riporta contenuta nella citata decisione n. 1473/2009, sebbene condivisa dal Collegio (“nemmeno, poi, sussiste la denunciata “ulteriore confusione, addirittura, tra ingegneri ed ingegneri iunior” in relazione alla “competenza dell’ingegnere iunior per le costruzioni civili semplici”, dal momento che l’individuazione dell’oggetto dell’attività professionale degli iscritti alla sezione “B” dell’albo degli ingegneri per il settore “ingegneria civile e ambientale”, lungi dal far mero riferimento, come pretende l’appellante, all’uso di metodologie standardizzate- che assume invece un rilievo fondamentale nei settori della “ingegneria industriale” e della “ingegneria dell’informazione”-, è basata sui chiari concetti di “concorso” e “collaborazione alle attività”, che ben valgono a distinguere la nuova figura professionale creata, in stretta correlazione con il diverso percorso formativo seguito dagli iscritti in tale sezione.”)..

 

Ciò perché la constatazione che le disposizioni in parola ( sia l’art. 16 che l’art. 46) contengano il richiamo al concetto di concorso e collaborazione non elide la circostanza che vi sono attività che le categorie juniores sono abilitate a compiere “in proprio” senza collaborare o concorrere con alcuno.

3.4. Se così è, l’attenzione dell’interprete deve appuntarsi sulle espressioni letterali contenute nelle citate disposizioni.

Ivi si fa riferimento al concetto di “costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate” .

Un primo dato, che deve necessariamente essere posto in risalto, è quello rappresentato dalla assoluta assenza, nelle disposizioni in esame, di qualsivoglia richiamo, in senso preclusivo, alle costruzioni insistenti in area sismica.

Ne discende all’evidenza l’esattezza della deduzione contenuta nell’appello, secondo cui nessun dato preclusivo si rinviene espressamente nella legge all’esercizio di attività da parte degli ingegneri e degli architetti juniores, con riferimento ad opere da progettarsi e costruirsi in dette aree.

3.4.1. Tale deduzione, seppure degna di considerazione sotto il profilo interpretativo (è ben lecito affermare che se il Legislatore avesse voluto precludere del tutto ogni attività per opere da erigersi in area sismica alle categorie degli ingegneri e degli architetti juniores avrebbe potuto e dovuto affermarlo espressamente), non è tuttavia decisiva, non potendo escludersi che, per via ermeneutica, si pervenga ad un risultato identico, riconducendo la progettazione ed esecuzione di opere in aree sismiche, sempre e comunque al di fuori del perimetro concettuale dell’espressione “costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate” .

3.4.2. Ciò è proprio quello che ha ritenuto il primo giudice nella impugnata decisione.

3.5. Il Collegio, tuttavia, non aderisce a siffatta prospettazione.

3.5.1. Si rammenta che in passato questo Consiglio di Stato, ma anche la Suprema Corte di Cassazione hanno più volte chiarito la particolarità e specificità dell’attività di progettazione direzione di lavori, etc, con riferimento ad opere da erigersi in zona sismica.

Si è così pervenuti ad una serie di affermazioni, tutte tra loro legate da un comune filo conduttore, volto a valorizzare la specificità di tale attività.

Si è pertanto condivisibilmente affermato che:

“il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta – e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell’art. 16, lett. m, r.d. 11 febbraio 1929 n. 274 – consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione «non modesta» essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 2 febbraio 1974 n. 64, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri. – nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato nullo, ex art. 2231 c.c., il contratto d’opera stipulato da un geometra, ed avente ad oggetto la trasformazione di un fabbricato artigianale fatiscente in un complesso residenziale-.”

(Cassazione civile, sez. II, 08 aprile 2009, n. 8543);

“la realizzazione di una struttura in cemento armato dalle notevoli dimensioni (tre piani con fondamenta del tutto nuove), per di più localizzata in una zona sismica, non può farsi rientrare nella nozione di “modeste costruzioni civili”, per le quali sono abilitati alla progettazione i geometri a tenore dell’art. 16 r.d. 11 febbraio 1929 n. 274.” (Consiglio Stato, sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6747);

“l’acquisizione della relazione geologica non può essere soggetta a valutazioni discrezionali da parte della p.a., essendo essa obbligatoriamente prevista in ciascuna delle fasi della progettazione in zona sismica.” (Consiglio Stato, sez. VI, 23 settembre 2009, n. 5666).

Escluso quindi che una costruzione in zona sismica possa considerarsi “modesta”, ed escluso quindi che i geometri siano abilitati alla progettazione in dette aree, non pare al Collegio di potere stabilire (siccome sostanzialmente avvenuto nella decisione di primo grado) una equivalenza tra la qualificazione di “non modestia” affermata dalla giurisprudenza e quella di “semplice” individuata ex lege.

Ciò, a tacere d’altro, giungerebbe alla illogica conclusione di sovrapporre la preclusione vigente per i geometri a quella asseritamente attingente le categorie juniores, di fatto equiparando queste ultime a quella dei geometri.

Ciò appare conseguenza non voluta dalla legge, tanto più laddove si consideri che, che, a seguito del Decreto del Ministero delle Infrastrutture 14 gennaio 2008 n. 29581 (recante Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni), sostanzialmente non esistono più aree del territorio italiano non classificate quali “zone sismiche”, ma soltanto zone a basso rischio sismico.

Se così è, una affermazione “categoriale” assoluta, quale quella formulata dal primo giudice, appare non aderente al dato normativo, finendo con l’introdurre un divieto non espressamente previsto ex lege ed al di fuori da un quadro legislativo e regolamentare (ma anche giurisprudenziale) che autorizzi una simile drastica conclusione.

Tanto più che è rimasta incontestata la deduzione degli appellanti secondo cui anche per le costruzioni in area sismica può farsi riferimento a metodologie di calcolo standardizzate.

3.5.2. Traendo le conclusioni da quanto sinora rappresentato, ritiene il Collegio che, non sottacendosi la specificità della progettazione in area sismica, la ricorrenza del criterio legittimante previsto ex lege – “costruzioni civili semplici, con l’uso di metodologie standardizzate” – non possa essere aprioristicamente escluso sempre e comunque, allorché si verta nel campo della progettazione e direzione dei lavori in dette aree, e necessiti di una valutazione caso per caso, che tenga conto in concreto dell’opera prevista, delle metodologie di calcolo utilizzate, e che potrà essere tanto più rigida e “preclusiva”, allorché l’area sia classificata con un maggiore rischio sismico.

3.6. Tale valutazione deve specificamente riferirsi, di volta in volta, al singolo progetto presentato, con motivazione che, ancorchè sintetica, abbia portata “individualizzante” (sia in ipotesi di favorevole delibazione, ovviamente, che in ipotesi di riscontrata preclusione).

3.7. Nel caso di specie tale valutazione è del tutto mancata, avendo fatto riferimento l’appellata amministrazione ad una riscontrata preclusione astraente dalla concreta natura del progetto presentato dall’appellante; e pertanto il diniego appare viziato e deve essere annullato, pertenendo all’Amministrazione, in sede di riedizione del potere, motivare in ordine al proprio convincimento sul progetto presentato alla stregua delle indicazioni fornite dal Collegio.

4.Conclusivamente, l’appello deve essere accolto nei termini di cui alla motivazione che precede -assorbite nella stessa le ulteriori censure- e, in riforma dell’appellata decisione, deve essere accolto il ricorso di primo grado; e l’avversato diniego deve essere annullato per difetto di motivazione con onere dell’Amministrazione di ripronunciarsi sul progetto.

5. La natura della controversia e la complessità delle questioni esaminate impongono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio sostenute.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello numero di registro generale 1619 del 2011 come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui alla motivazione che precede e, per l’effetto, in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla i provvedimenti impugnati, salve le successive determinazioni dell’Amministrazione.

Spese processuali compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione