Sanzione disciplinare della censura all’avvocato: quali ipotesi? (Cass. n. 23020/2011)

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Massima

Il danno patrimoniale da perdita di chance è un danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione “ex ante” da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale.

 

 

1. Premessa

La pronuncia in esame ribadisce che, nei procedimenti disciplinari a carico di avvocati, la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare, definite dalla legge mediante una clausola generale (mancanze nell’esercizio della professione o comunque fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale), è rimessa alla valutazione dell’Ordine professionale ed il controllo di legittimità sull’applicazione di tali valutazioni non consente alla Corte di Cassazione di sostituirsi al Consiglio nazionale forense nell’enunciazione di ipotesi di illecito, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza” (1).

Infatti, va rilevato che nell’ambito del procedimento disciplinare, il Consiglio dell’Ordine è tenuto a porre in essere una verifica sulla sussistenza del requisito della condotta specchiatissima ed illibata” tanto che “ove il Consiglio dell’Ordine (lo) ritenga insussistente  non potrà procedere all’applicazione di una sanzione “lieve” (quale l’ammonimento o la censura) ma dovrà procedere alla cancellazione dall’albo per sopravvenuto venir meno di un requisito di iscrizione.

 

 

2. Ipotesi di comportamenti censurabili dell’avvocato e consiglio nazionale forense

L’avvocato che presenti tardivamente un ricorso di opposizione a sanzione amministrativa e tenti di convincere il cliente a presentare ricorso in cassazione per sopperire alla sua negligenza pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo dei canoni di correttezza e lealtà che costituiscono il cardine dell’attività forense e impongono al professionista di tenere i rapporti con il cliente in modo chiaro leale e senza artifìci tali da incriminare il rapporto fiduciario che li lega. (Nella specie è stata confermata la sanzione della censura: Cons. Naz. Forense, 01/10/2002, n. 167).

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che nella sua qualità di difensore d’ufficio non compaia nell’udienza dibattimentale di due procedimenti e si renda irreperibile il giorno in cui era indicato di turno. (Nella specie è stata confermata la sanzione della censura: Cons. Naz. Forense, 25/09/2002, n. 146).

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che, in violazione di quanto prescritto dall’art. 14 c.d.f., effettui dichiarazioni false in udienza per indurre il magistrato a un provvedimento vantaggioso per il proprio assistito. (Nella specie l’avvocato dichiarava falsamente che il tribunale della libertà, nei confronti di un coindagato, aveva assunto una misura cautelare più lieve di quella che il magistrato d’udienza avrebbe voluto disporre nei confronti del proprio assistito. È stata confermata la sanzione della censura: Cons. Naz. Forense, 06/09/2002, n. 123).

un giudizio civile, faccia rilevare l’esistenza di un esposto presentato nei confronti dell’organo giudicante, ove la circostanza risulti veritiera e documentata e non vi siano elementi tali da indurre a ritenere fondatamente che l’iniziativa si ponesse lo scopo di influenzare negativamente il giudice o di porlo in condizioni di non svolgere serenamente la propria attività. (Nella specie è stato assolto il professionista a cui era stata inflitta la sanzione della censura: Cons. Naz. Forense, 30/08/2002, n. 116).

Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante, e contrario agli obblighi di lealtà e correttezza propri della professione forense, l’avvocato che registri un colloquio con un magistrato all’insaputa di quest’ultimo e che successivamente si adoperi per la pubblica diffusione di tale registrazione. (Nella specie è stata confermata la sanzione disciplinare della censura: Cons. Naz. Forense, 04/11/2000, n. 139).

Costituisce illecito disciplinare l’uso abusivo del titolo di avvocato e l’esercizio dell’attività professionale al di fuori del distretto, da parte di un procuratore legale effettuato antecedentemente alla l. n. 27 del 1997; infatti tale disposizione normativa, che ha sostituito il titolo di avvocato a quello di procuratore, non costituisce certamente “ius superveniens” rilevante ai fini del giudizio disciplinare in corso, e non ha neppure efficacia retroattiva, nè effetto sanante per l’infrazione precedentemente commessa. (Nella specie è stata inflitta la sanzione della censura: Cons. Naz. Forense, 07/10/2000, n. 100).

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che usi abusivamente il titolo di avvocato a nulla rilevando che il termine di “avvocato” sia stato correntemente attribuito all’esercente l’attività forense, e che il termine “procuratore legale” sia stato sostituito con quello di avvocato, essendo tale sostituzione successiva all’infrazione commessa. (Nella specie la sanzione della sospensione per mesi due è stata sostituita con la sanzione della censura: Cons. Naz. Forense, 10/03/1999, n. 14).

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che rappresenti in giudizio una parte nei confronti della quale il proprio coniuge abbia formulato richieste di condanna (tanto più in quanto questi svolga l’attività professionale nell’ambito dello stesso studio), ed altresì, sostituisca in udienza il collega rappresentante di altra parte processuale, anche se questa abbia assunto una linea difensiva di piena adesione alla tesi della propria assistita. (Nella specie è stata confermata la sanzione della censura: Cons. Naz. Forense, 29/09/1998, n. 123).

Pone in essere un comportamento deontologicamente scorretto l’avvocato che si faccia intestare una quietanza ed il relativo assegno in modo da poter poi auto – liquidare il proprio compenso. (Nella specie la sanzione della sospensione per mesi due è stata sostituita con la sanzione della censura: Cons. Naz. Forense, 16/12/1997).

Pone in essere un comportamento rilevante deontologicamente l’avvocato che condizioni la prosecuzione dell’assistenza legale al versamento di somme particolarmente elevate ed addebiti al cliente, dopo la rinuncia al mandato, una ingente spesa per attività non richiesta svolta da società fiduciaria avente sede presso il proprio studio. (Nella specie è stata confermata la sanzione della censura: Cons. Naz. Forense, 11/12/1997).

 

Rocchina Staiano
Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato

 

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(1) Cass. civ., Sez. Un., n. 20024 del 2004.

Sentenza collegata

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Staiano Rocchina

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