Professioni: l’avvocato non può impugnare innanzi al CNF l’atto di apertura di un procedimento disciplinare a suo carico (Cass. n. 10140/2012)

Redazione 20/06/12
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Svolgimento del processo

Con delibera del 12 maggio 2010, il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Bolzano (da ora: *****) ha disposto l’apertura del procedimento disciplinare n. 4/10 a carico dell’avv. H. R., comunicando i fatti per i quali il procedimento era stato avviato (R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 47, comma 1), consistiti nell’avere rilasciato una intervista radiofonica in data 16.04.2009, nella quale ha descritto la magistratura di Bolzano come soggetta al potere politico ed economico locale. Contro l’atto di iniziativa del procedimento disciplinare, l’avv. H. ha proposto ricorso al Consiglio nazionale forense (da ora C.N.F.), dichiarato inammissibile con la decisione di cui in epigrafe, perchè non previsto dalla legge.

Nel ricorso al C.N.F. l’avv. H. aveva dedotto che l’atto di avvio del disciplinare rientra tra le “decisioni” del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 50, convertito nella L. 22 gennaio 1934, n. 36 (da ora: legge professionale), come già affermato da S.U. 15 dicembre 2008 n. 29294, che ha riconosciuto detta impugnabilità, in applicazione estensiva di quanto previsto nella stessa legge con gli analoghi ricorsi previsti in materia di ricusazione e astensione e nei conflitti di competenza tra consigli territoriali (R.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 54 e 49). Inoltre, secondo la ricorrente, l’intervista da lei rilasciata quale candidata alle elezioni Europee, era atto politico, come tale insuscettibile di essere oggetto di iniziativa disciplinare, ai sensi dell’art. 39 della legge professionale che vieta il controllo disciplinare per “i discorsi, gli scritti ed in generale gli atti politici”.

L’adito C.N.F. ha ritenuto che la natura amministrativa del procedimento dinanzi al CO.A. è incompatibile con la impugnazione dell’atto di inizio di esso, inidoneo a ledere un interesse legittimo o un diritto soggettivo del suo destinatario e quindi non avente natura di “decisione” ai sensi del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 51, comma 3, ma mero atto endoprocedimentale, tendente a sollecitare l’avvocato cui è comunicato a predisporre le sue difese.

Per la cassazione di tale decisione l’avv. H. propone ricorso notificato il 20-24 gennaio 2012, articolato in due motivi connessi al dubbio di legittimità costituzionale dalla ricorrente sollevato, con riferimento al R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, artt. 47 e 50; nessuno dei soggetti cui il ricorso è stato notificato ha resistito in questa sede.

 

Motivi della decisione

1. Preliminarmente va dichiarato manifestamente infondata la impugnazione nei confronti del Consiglio nazionale forense, che è organo di giurisdizione speciale sulla impugnazione degli atti ricorribili del procedimento disciplinare e non può essere, quindi, legittimato passivo nel ricorso per cassazione.

2.1. Il dubbio di legittimità costituzionale che l’avv. H. solleva ha riferimento al R.D. n. 37 del 1934, artt. 47 e 50 e al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 50, ed è condizionato alla accertamento che gli atti previsti nelle prime due norme non costituiscano “decisioni”, come tali ricorribili al C.N.F. La questione proposta rileva in questa sede in quanto funzionale all’accoglimento di entrambi i motivi di ricorso ai quali è connessa (sul collegamento tra questione di incostituzionalità e ricorso per cassazione cfr., tra altre, Cass. 25 novembre 2008 n. 2805 e 21 febbraio 2007 n. 4066).

Una lettura della legge professionale che neghi la natura di “decisione”, cioè di provvedimento ricorribile, della delibera d’avvio del procedimento, contrasta, secondo l’avv. H., con l’art. 111 Cost., perchè la procedura disciplinare va svolta nel contraddittorio tra le parti che siano in condizioni di parità e davanti a giudice terzo e imparziale.

Escludere il ricorso contro l’atto di apertura del procedimento disciplinare viola l’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata in Italia con la L. n. 848 del 1955, per la quale, nei procedimenti da cui possano derivare effetti negativi per un soggetto sulla base di un’accusa, colui che è tenuto a subirli, deve essere posto nella condizione di interloquire sulle contestazioni a lui mosse in contraddittorio con chi lo accusa, sin dall’inizio.

Deduce la ricorrente che nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati, vi è l’anomalia che il consiglio dell’ordine territoriale decide l’iniziativa disciplinare per poi istruirla e concluderla, per cui è palese la necessità di riconoscere il diritto d’impugnare le singole scansioni del procedimento, la prima delle quali è la delibera di inizio dello stesso (in tal senso è richiamata la già citata S.U. n. 29294 del 2008). Nella concreta fattispecie, l’avvio del procedimento, per la ricorrente, viola gli artt. 21, 2 e 49 Cost., dato che la H., in qualità di avvocato, vedrebbe limitati i suoi diritti e le sue libertà fondamentali, in violazione dell’art. 39 della legge professionale del 1933, che vieta il procedimento disciplinare per atti “politici”.

1.2. Il primo motivo di ricorso censura la decisione del C.N.F. del 27 giugno 2011, che ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la delibera di apertura del procedimento disciplinare a carico dell’avv. H., in quanto non previsto dalla legge, per essere tale omessa previsione in contrasto con la Costituzione.

Tale dichiarata preclusione viola l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sul presupposto di una interpretazione errata del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, artt. 38 e 50, negando che costituisca “decisione”, ai sensi di questa ultima norma della legge professionale, l’atto di cui al R.D. n. 37 del 1934, art. 47, avendo invece rilievo, in rapporto allo stesso, il principio di concentrazione e di efficienza, cui è vincolata la P.A. negli atti amministrativi (artt. 97 e 98 Cost.), anche se impedisce in tale fase iniziale il diritto di difesa dell’interessato.

La comunicazione di inizio del procedimento disciplinare modifica la situazione del destinatario di tale atto, anche a negare che anticipi un giudizio di colpevolezza dell’avvocato, e, quindi, per la ricorrente, il provvedimento del C.N.F. viola il R.D. n. 37 del 1934, stesso art. 47, quando afferma la natura “endoprocedimentale” o “prodromico” dell’atto di avvio del procedimento disciplinare a carico dell’avvocato, inidoneo da solo ad arrecare danno al suo destinatario e quindi da ritenere ricorribile solo insieme al provvedimento che lo conclude, cioè con la “decisione” all’esito del procedimento, che il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 50 definisce come impugnabile al C.N.F. Il fatto che nella pendenza del procedimento disciplinare, non può disporsi la cancellazione dall’albo dell’avvocato ad esso soggetto (R.D.L. n. 1678 del 1933, art. 37, comma 7), evidenzia da solo un effetto limitante dei diritti del destinatario dell’atto d’inizio del disciplinare, che ne impone l’impugnabilità immediata per fare venir meno detta conseguenza.

Secondo il ricorso, chiara è la disarmonia costituzionale del procedimento disciplinare degli avvocati, per i poteri concentrati dalla legge professionale nel consiglio dell’ordine territoriale che inizia, prosegue e decide sui fatti indicati come colpe dell’iscritto e sulla loro rilevanza disciplinare, affermando poi eventualmente la responsabilità dell’incolpato e irrogando le relative sanzioni.

La citata sentenza delle S.U. n. 29294 del 2008, ritiene eccessiva la concentrazione dei poteri nei consigli territoriali nella fase che si svolge dinanzi ad essi, e ne fa derivare la conseguenza che è corretto solo formalmente negare la natura di decisione impugnabile dell’atto di apertura del procedimento disciplinare, quale atto lesivo dell’attività professionale dell’avvocato non avente mero rilievo interno al procedimento stesso, e solo funzionale o strumentale al provvedimento decisorio che lo conclude.

Pertanto, ad avviso della ricorrente, erroneamente l’art. 111 Cost. si è ritenuto inapplicabile all’atto di apertura del procedimento pur se, con la sua immediata impugnabilità anche nel merito, si può far valere subito l’innocenza del destinatario di tale delibera, evitando l’inutile procedimento disciplinare. La facoltà di ricorrere contro la delibera di apertura di cui sopra si fonda su una lettura estensiva delle norme sulla impugnazione della legge professionale, necessaria per tutelare diritti costituzionali del professionista assoggettato al procedimento disciplinare.

1.3. Il secondo motivo di ricorso censura la lettura restrittiva della facoltà di ricorrere contro l’atto di avvio del procedimento disciplinare, limitandola alla mera carenza dei presupposti di legittimità di esso (così S.U. 12 luglio 2010 n. 16283), non consentendosi quindi il ricorso per motivi di merito avverso la delibera di apertura del detto procedimento. Viene dedotta la illogicità di tale scelta ermeneutica, ogni volta che manchi una condotta disciplinarmente rilevante nella contestazione di cui all’atto di inizio e quando, come nella concreta fattispecie, risulti subito che il procedimento viola l’art. 39 della legge professionale, perseguendo atti “politici” dell’incolpato come erano nel caso le affermazioni della ricorrente candidata in una tornata elettorale.

Il C.N.F., ad avviso della ricorrente, nel sistema e in una lettura costituzionalmente orientata della procedura, ha il potere d’impedire o annullare l’apertura del procedimento amministrativo disciplinare, intervenendo nella fase preparatoria o preliminare di questo, su ricorso dell’interessato ai sensi dell’art. 50 della legge professionale, se i fatti contestati non possano in astratto costituire illeciti disciplinari o evidenzino la esistenza di esimenti o scriminanti per l’incolpato.

2.1. Prima di procedere all’esame delle questioni di legittimità costituzionale che precedono e dei motivi di ricorso ad esse strettamente connessi, ritiene il collegio necessaria una premessa sulla sequenza procedimentale che si svolge dinanzi al C.O.A. e inizia con la delibera di apertura del procedimento. Regola generale del procedimento amministrativo è che l’atto che lo avvia determina la prima delle condizioni procedimentali previste dalla legge per l’esercizio del potere cui il procedimento stesso è preordinato.

L’immediata impugnabilità di tale atto è quindi esclusa dal fatto stesso che l’effetto derivante dall’esercizio di quel potere successivamente all’atto di avvio è determinato solo dal provvedimento che lo conclude che ha natura decisoria ed è ovviamente ricorribile al C.N.F..

Come in ogni procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241, modificata dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15), è necessaria la comunicazione di avvio di esso (art. 7 leggi da ultimo citate), anche nel procedimento per cui è causa, essendo la stessa necessaria a sollecitare l’esercizio del diritto di difesa del destinatario per garantirgli un giusto processo dinanzi all’organo giurisdizionale speciale che è il C.N.F., ai sensi dell’art. 111 Cost. e dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Come accade anche in altri casi, anche nella concreta fattispecie, all’atto di inizio del procedimento, possono essere ricollegati effetti specificamente rilevanti per lo svolgimento del successivo procedimento fino alla sua conclusione.

Tali effetti sono conservativi della situazione giuridica in atto o permissivi dell’esercizio di poteri cautelari ovvero temporaneamente impeditivi dell’esercizio di alcuni diritti e quindi sono provvisori e non rilevanti in via definitiva.

Può quindi affermarsi che l’atto di inizio del procedimento non incide stabilmente sullo status del professionista o su sue posizioni soggettive sostanziali o procedimentali e deve negarsi abbia natura provvedimentale a contenuto decisorio ai sensi dell’art. 50 della legge professionale.

Non può peraltro dubitarsi che una delibera di apertura del procedimento, in cui si indichi sommariamente come condotta disciplinarmente perseguibile, un comportamento irrilevante come infrazione ovvero scriminato da una causa di giustificazione emergente dalla stessa sommaria esposizione dei fatti contenuta nell’atto di avvio, giustifica certamente una reazione di chi abbia una comunicazione di avvio del tipo di quella ora descritta.

E’ ovvio che il potere di sollecitare i poteri decisori del consiglio territoriale nell’ambito dello stesso procedimento che deve seguire all’atto di inizio, consente, di regola, l’esercizio immediato del diritto di difesa dell’incolpato che dovrà sollecitare la chiusura o archiviazione del procedimento, con decisione del CO.A., ovviamente impugnabile dal P.M. al C.N.F. Quando l’atto di inizio del procedimento è revocato ovvero il procedimento è archiviato, il provvedimento del consiglio dell’ordine territoriale che decide in tali sensi, chiude la procedura ed, essendo per tale profilo di natura decisoria è impugnabile dal P.M. (S.U. 28 novembre 2007 n. 24662). Ove il procedimento prosegua si pone anche il problema del divieto di cancellazione dall’albo dell’incolpato nella pendenza del procedimento disciplinare di cui all’art. 37, penultimo comma della legge professionale, che con l’impedire l’esercizio del diritto di cancellarsi dall’albo all’incolpato tende a conservare a la situazione giuridica in atto, onde pervenire ad un provvedimento conclusivo effettivo ed efficace sulla posizione dell’incolpato con il suo stato professionale, che, ove potesse liberamente modificarsi, potrebbe anche precludere ogni decisione disciplinare per sopravvenuta cessazione della professione presupposto del procedimento del CO.A. e soprattutto del C.N.F. La rinuncia all’iscrizione all’albo del professionista nei cui confronti è avviato il procedimento, dovrebbe comunque essere consentita.

Il divieto di cancellazione di cui all’art. 37, penultimo comma della legge professionale, potrebbe dar luogo a dubbi di legittimità costituzionale della norma, per violazione degli artt. 21, 2 e 29 Cost., se la cancellazione stessa fosse stata inutilmente chiesta dalla ricorrente, come invece non è dedotto nel ricorso stesso.

Può peraltro darsi anche una interpretazione costituzionalmente orientata del predetto art. 37, con l’ammissione di due distinti procedimenti paralleli dinanzi al CO.A., quello disciplinare e quello sulla richiesta di cancellazione; in tale contesto potrebbe riconoscersi anche un potere di cancellazione in via provvisoria o cautelare dall’albo, destinata ad essere sostituita da una decisione definitiva sulla questione per effetto del proscioglimento o dell’applicazione della misura disciplinare. In conclusione l’atto di avvio del procedimento disciplinare non ha effetti diretti lesivi dell’incolpato e può limitare alcuni diritti dell’incolpato, che può comunque difendersi anche senza ricorrere al C.N.F. dagli effetti della delibera di apertura del procedimento immediatamente nella stessa sede amministrativa e solo all’esito del provvedimento che lo conclude, impugnandolo anche denunciando l’eventuale abuso della iniziativa del CO.A. 3.1. I dubbi di costituzionalità delle norme della legge professionale prospettati in ricorso chiedono a questa Corte a sezioni unite di sollecitare il giudice della legge ad emettere una sentenza integrativa del contenuto delle stesse, per la parte in cui non prevedono la ricorribilità dell’atto di apertura del procedimento disciplinare, come il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 54, n. 1, che impone anzi nel caso la tipicità dei ricorsi, nei limiti di quanto previsto dalla legge professionale. La questione di legittimità costituzionale chiede di superare la tipicità dei ricorsi contro le “decisioni” e di rilevare anzi la illegittimità della legge per la parte in cui non è previsto il ricorso contro l’atto d’iniziativa della procedura. Tale dubbio è manifestamente infondato in rapporto al denunciato contrasto del complesso normativo di cui all’ordinamento professionale degli avvocati con l’art. 111 Cost., non essendo riscontrabile nell’omessa previsione della impugnabilità ad un giudice terzo della delibera d’inizio del procedimento, regolata dal R.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 38 e 47 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37.

Tale atto d’inizio del procedimento disciplinare è, secondo la prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte, un atto dovuto del consiglio dell’ordine territoriale di natura amministrativa, per poter procedere al successivo procedimento nei confronti dell’incolpato.

Esso introduce il procedimento, che può chiudersi, immediatamente e di ufficio, come già detto, con la revoca dell’atto d’avvio o con l’archiviazione della incolpazione con conseguente inammissibilità in tale ipotesi del dubbio sollevato, che peraltro è invece infondato, in rapporto all’art. 111 Cost., tendendo l’atto di avvio a sollecitare l’esercizio del diritto di difesa dell’incolpato in ordine alla sommaria incolpazione a lui contestata nella delibera di apertura del procedimento. La non ricorribilità dell’iniziativa disciplinare non contrasta neppure con l’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, che, al terzo comma, lett. a, impone che ogni accusato e quindi anche l’incolpato di infrazione disciplinare, debba “essere informato nel più breve tempo possibile…della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico”.

L’atto di inizio del procedimento, ai sensi del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 38, è comunicato all’incolpato del R.D. n. 37 del 1934, ex art. 47, con la “enunciazione sommaria dei fatti a suo carico”, per porre quindi il suo destinatario nelle condizioni di predisporre la sua difesa, in applicazione di quanto previsto dal 3comma dell’art. 111 Cost. con riferimento al processo penale, che, in una condivisibile lettura estensiva di tale norma, trova applicazione in questa sede, così come accade per l’art. 6, comma 3, lett. a, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. La comunicazione dell’inizio del procedimento, sempre revocabile, anteriormente o successivamente alla citazione di cui al R.D. n. 37 del 1934, art. 48, non incide sulla posizione professionale dell’avvocato che può di regola continuare l’esercizio della professione.

Effetto limitativo temporaneo dei diritti dell’incolpato, come già chiarito, è quello per il quale, con la instaurazione del procedimento, ai sensi del penultimo comma, art. 37 della legge professionale, è vietato disporre la cancellazione dall’albo dell’incolpato, finchè sia in corso il procedimento. Il ricorso al C.N.F., “per il suo effetto sospensivo”, può determinare la sospensione del diritto di cancellarsi dall’albo, con le conseguenze sopra accennate per la limitazione di uno dei diritti fondamentali dell’incolpato che, peraltro, non risulta abbia chiesto detta cancellazione, con irrilevanza conseguente del dubbio di costituzionalità, che la detta limitazione può determinare a seguito dell’atto di avvio.

L’altra conseguenza del divieto di cancellazione,che può derivare dalla ammissione del ricorso dell’atto di avvio e dal suo effetto sospensivo di tale divieto, è la facoltà del destinatario di esso che lo avesse impugnato di esercitare la sua “rinuncia alla iscrizione” (R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 37, n. 6) e la conseguente eventuale della cancellazione con improcedibilità dell’attività disciplinare, per il venir meno della qualifica dell’incolpato che la giustifica; anche per tale profilo appare opportuno negare il ricorso contro la delibera di apertura del disciplinare e il suo effetto sospensivo degli effetti dell’atto impugnato.

La comunicazione all’iscritto della delibera di apertura del procedimento disciplinare, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 47, da attuazione all’art. Ili Cost. e non lo disapplica nè contrasta con tale norma, in rapporto al carattere sanzionatorio del procedimento di cui tale comunicazione informa il destinatario, sollecitandolo a predisporre la difesa da sviluppare dopo la citazione notificatagli con la “menzione circostanziata degli addebiti” (art. 48, n. 2, del r.d. ora citato). Nessun rilievo ha sulla delibera di inizio del procedimento la disarmonia che, nella successiva fase del procedimento si ha per essere unico l’organo che emette tale atto, poi istruisce la accusa e accerta i fatti contestati, decidendo infine su essi. L’atto oggetto del ricorso dell’ H. al C.N.F. certamente non ha inciso sui diritti e sulle posizioni soggettive della ricorrente, che ha diritto a proseguire la sua attività professionale e a partecipare nello stesso procedimento, dopo la citazione, alla assunzione dei mezzi di prova in contraddittorio, spettando al presidente dell’ordine territoriale di fissare la seduta per la comparizione dell’incolpata dinanzi al consiglio per essere sentita a sua discolpa (R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 45), entro il termine di almeno dieci giorni dalla notifica della citazione.

La citazione è notificata anche al P.M. perchè, nel contraddittorio tra questo e l’incolpato, si proceda all’accertamento dei fatti contestati al professionista con adeguata istruttoria, per giungere rapidamente e in via amministrativa alla decisione.

Va comunque rilevato che al solo C.N.F., organo speciale di giurisdizione, spetta, secondo l’art. 38, u.c., della legge professionale, “il potere disciplinare in confronto dell’avvocato”, esercitato quindi in via non definitiva dal consiglio territoriale il cui provvedimento conclusivo può essere oggetto di impugnazione eventualmente anche con la delibera che ne decide l’apertura non immediatamente ricorribile. Peraltro anche il procedimento dinanzi al consiglio dell’ordine territoriale di natura amministrativa in quanto può determinare sanzioni disciplinari per l’avvocato, deve svolgersi secondo i principi del giusto processo e nel contraddittorio tra incolpato e eventualmente il P.M., essendo preceduto dall’atto di apertura che attua i principi costituzionali e, in specie, dell’art. 111 Cost., certamente non contrastanti con la previsione della comunicazione della delibera di apertura del procedimento. La impugnabilità al C.N.F. della delibera di avvio avrebbe invece l’effetto di anticipare il giudizio di merito sulla incolpazione, prima di qualsiasi istruzione sui fatti in esso enunciati, ostacolando e ritardando quindi lo svolgimento della fase destinata ad accertarli, con lesione degli interessi stessi del destinatario della comunicazione di essa.

Nessuna violazione dell’art. 111 della Cost. vi è nell’art. 54, n. 1, R.D.L. n. 1578 del 1933, che limita i ricorsi al C.N.F. solo a quelli “proposti a norma di questa legge”, non per un formale rispetto del principio di legalità nella impugnazione degli atti amministrativi, ma per il carattere non provvedimentale ma di atto dovuto ed endoprocedimentale della delibera di inizio o di avvio del procedimento disciplinare. Per tale profilo, la questione di legittimità costituzionale del R.D. n. 37 del 1934, artt. 47 e 50 per violazione dell’art. 111 Cost., è manifestamente infondata.

3.2. Manifestamente inammissibile è invece il dubbio di incostituzionalità dell’omessa previsione del ricorso contro l’atto di avvio del disciplinare, per contrasto degli artt. 21, 2 e 29 Cost., norme che attengono al merito dei fatti di cui deve rispondere in sede disciplinare la ricorrente. E’ nella logica del sistema che, nel corso del procedimento disciplinare possa accertarsi, con la adeguata istruzione, il contrasto della c.d. “accusa” con i principi costituzionali e se essa sia stata violativa dei diritti fondamentali dell’avv. H., essendo una qualificazione giuridica la c.d. natura “politica” dell’atto del professionista oggetto della pronuncia del C.N.F., il quale per tale profilo potrà escludere eventualmente la perseguibilità disciplinare della condotta della professionista.

In rapporto agli artt. 21, 2 e 29 Cost., il dubbio di legittimità costituzionale è inammissibile, dovendosi negare la rilevanza di esso prima di ogni accertamento sui fatti di cui al capo di incolpazione, nel corso del procedimento disciplinare e potendosi solo in tale fase accertare la esistenza della esimente di cui all’art. 39 della legge professionale.

4. In relazione a quanto affermato sulla irrilevanza o sulla infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, i due motivi del ricorso devono dichiararsi manifestamente infondati in base all’art. 360 bis c.p.c., n. 1, perchè non forniscono elementi per “confermare o mutare l’orientamento” della sentenza di queste Sezioni unite del 22 dicembre 2011 n. 28335, che ha enunciato il seguente principio di diritto già prevalente in sede di legittimità :”L’atto di apertura del procedimento disciplinare disposto dal consiglio dell’ordine territoriale a carico di un avvocato, comunicato all’incolpato e al P.M., ai sensi del R.D. n. 31 del 1934, art. 41, comma 1, non costituisce una “decisione” ai sensi dell’ordinamento professionale forense, bensì un mero atto amministrativo endoprocedimentale, che non incide in maniera definitiva sul relativo “status” professionale e non decide su questioni pregiudiziali a garanzia del corretto svolgimento della procedura. Ne consegue che avendo l’atto di apertura del procedimento il solo scopo di segnarne l’avvio con l’indicazione di massima dei capi di incolpazione, esso non è autonomamente impugnabile dinanzi al C.N.F. nè a diversa conclusione può giungersi alla luce dell’art. 111 Cost., perchè l’immediato intervento del giudice terzo si traduce in un mero aggravio dei tempi del procedimento amministrativo davanti al consiglio dell’ordine territoriale con lesione dei principi di cui all’art. 91 Cost., avendo il solo rilievo di strumento per sollecitare la preparazione della difesa del destinatario dell’atto, in caso di successivo procedimento disciplinare”.

I due motivi di ricorso denegano, in contrasto con i principi enunciati nella sentenza che precede, il carattere non definitivo e privo di decisorietà degli atti d’inizio della procedura disciplinare che non sono qualificabili quindi come provvedimenti e censurano la decisione del C.N.F. che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione della delibera di avvio del disciplinare a carico dell’avv. H., decidendo sul ricorso in conformità alla prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte sopra citata.

Il ricorso non offre elementi che consentano di mutare detto orientamento che preclude l’indicato ricorso, così come si era di regola deciso prima della sentenza del 2008 (cfr., tra altre, S.U. 25 ottobre 1979 n. 5573 e 27 ottobre 1976 n. 2897).

Come accade per ogni altro atto non decisorio o non costituente provvedimento nella sequenza procedimentale che si concluderà solo con il proscioglimento o la irrogazione della sanzione, persino in sede giudiziaria (sulla questione cfr. Cass. ord. 11 settembre 2009 n. 19722 e 23 luglio 2009 n. 17266), fino al provvedimento che conclude il procedimento, cioè, nella fattispecie, alla “decisione” del R.D. n. 37 del 1934, art. 51, deliberata dal consiglio e redatta dal relatore, nessun ricorso può proporsi, contro ciascuno degli atti che precedono questa e sono funzionali ad essa, se non nei casi di espressa previsione dalla legge di tale impugnazione relativa comunque a decisioni o provvedimenti del CO.A., come già chiarito.

Non sussistendo principi costituzionali che impongano di ritenere ricorribile la comunicazione dell’atto di apertura del procedimento che non ha natura provvedimentale o decisoria, nè una ragione logica per estendere il principio di tipicità delle impugnazioni dei singoli atti del procedimento disciplinare dinanzi al CO.A. di cui alla legge professionale e mancando ogni appiglio normativo per ampliare gli spazi di difesa degli incolpati sin dalla delibera di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., non vi sono elementi per superare e modificare il principio di diritto enunciato a dicembre 2011. Il ricorso per cassazione dell’avv. H., pertanto, è da dichiarare “manifestamente infondato” ai sensi del n.ro 1 della norma del codice di rito da ultimo citata (così S.U. ord. 6 settembre 2010 n. 19051), anche per le impugnazioni di sola legittimità contro la delibera di apertura del procedimento, di cui al secondo motivo di ricorso anche esso palesemente non fondato (in tal senso la già citata S.U. 2010/22624).

4.1. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi manifestamente infondato e nulla si deve disporre sulle spese, non avendo resistito in questa sede gli intimati.

 

P.Q.M.

 

La Corte di cassazione a sezioni unite dichiara manifestamente infondato il ricorso.

Redazione